(it-en) Lecce, Italia: Interruzioni (marzo 2020)

https://roundrobin.info/wp-content/uploads/2020/03/Interruzioni.jpgLecce, Italia: Interruzioni (marzo 2020)

Che la vita sociale si svolga a distanza, in fondo, non è una novità. Ormai da tempo le persone vengono persuase che il modo migliore per comunicare e avere relazioni sia quello che utilizza un dispositivo. Protesi dell’essere umano, lo smartphone e i suoi affini, hanno trasformato i modi di stare assieme, di informarsi, imparare, comunicare, scrivere, leggere. Il passo successivo è una robotizzazione del vivente, la tecnica che pervade ogni luogo, ogni aspetto della vita quotidiana. Un superamento della natura e del naturale a favore di esseri e luoghi artificiali. Uno scenario simile non ha bisogno di vita sociale, non ha bisogno di relazioni, emozioni, pensieri, ha bisogno solo di ordine, disciplina, regolamentazione, macchine. Forse ora il Dominio prova a fare un passo in avanti e utilizza un problema sanitario, la diffusione di un virus, per arrivare quanto meno ad un’irreggimentazione generalizzata, il resto poi andrà da sé.

Viene in mente la fantascienza, ma gli Stati hanno strumenti ormai lontani secoli a cui attingere senza dover ricorrere all’ignoto. Il distanziamento sociale imposto per legge che prevede il divieto di baci e abbracci e la soppressione della gran parte delle attività sociali, ricorda gli stati d’emergenza, in cui si impongono regole di vita sociale da rispettare per non incappare in denunce e arresti. E in effetti la istituzione di zone rosse e di postazioni di controllo, la limitazione della libertà di circolazione, l’obbligo dell’isolamento domiciliare per chi provenga da zone considerate infette con possibilità di controllo da parte delle forze dell’ordine, ma soprattutto il divieto di assembramenti, cioè di riunioni pubbliche, è la gestione poliziesca di una problematica sanitaria. Non a caso nelle dieci regole consigliate dallo Stato italiano per evitare la diffusione del virus, si prevede che in caso di febbre si debbano contattare prima i carabinieri. Ma gli stati d’emergenza sono le misure previste anche in situazioni di conflitto o insurrezionali, come accaduto di recente in Cile. Lo Stato decreta per legge che i cittadini sono sua proprietà e può disporne come meglio crede. Non è per questioni sanitarie, né di benessere della popolazione che si impongono gli stati d’emergenza, ma per far introiettare regole, infondere disciplina. E in effetti, per ottenere obbedienza, il modo più sicuro è quello di spargere terrore, diffondere paura. Creare ansia e panico, divulgare continuamente dati, rendere tutto sensazionalistico ed eccezionale. Incutere paura è una pratica di guerra e di tortura, nonché di governo e anche in questo gli Stati sono specializzati. E la guerra è ritornata prepotentemente in auge dopo essere stata allontanata e cancellata per lunghi anni. Oggi la guerra è qui, anzi ovunque. I capi di Stato si dichiarano in guerra contro un nemico alquanto singolare, un virus, ma non è lui il loro avversario né il loro obiettivo, ma i loro stessi sudditi.

Per tale motivo la questione in gioco, forse più importante, è quella di tenere vivo il pensiero critico, senza minimizzare nulla. Dopo aver, a braccetto con l’Economia, industrializzato e devastato la natura, desertificato il pensiero, ora si annullano le emozioni. Niente baci, niente abbracci. Tuttavia, se il Dominio ci vuole totalmente dipendenti da sé, se lo Stato cancella la vita sociale e in parte anche economica, ciò significa che non abbiamo bisogno dello Stato. Che possiamo autorganizzare le nostre iniziative, le nostre forme di educazione, le nostre economie, i nostri svaghi. E anche in questo caso non abbiamo bisogno di ricorrere alla fantascienza ma all’esperienza, alla memoria, alla volontà e al coraggio.

Uno dei modi ce lo stanno suggerendo i detenuti in lotta nelle carceri italiane che questo stato d’emergenza vorrebbe sepolti vivi. E che la normalità sia interrotta si, ma dalla rivolta.

Biblioteca Anarchica Disordine, via delle Anime 2/b, Lecce
e-mail: disordine at riseup.net

[Ricevuto via e-mail, immagine tratta da roundrobin.info].

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Lecce, Italy: Interruptions (March 2020)

There is nothing new about social life taking place at a distance. For a long time now people have been persuaded that the best way to communicate and relate is through the use of a device. Prostheses of the human being, the smartphone and its like, have transformed the way of being together, of being informed, learning, communicating, writing and reading. The next step is the robotization of living, technique pervading every place, every aspect of daily life. An overcoming of nature and the natural in favour of artificial beings and places. Such a scenario needs no social life, it does not need relationships, feelings, thoughts, it only needs order, discipline, regulation, machines. Maybe Dominion is trying to take a step forward and use a health problem, the spread of a virus, to reach generalized regimentation at least, the rest will then take care of itself.

Science fiction comes to mind, but States have centuries old instruments to draw on without having to resort to the unknown. The social distancing imposed by laws prohibiting kisses and hugs and the suppression of most social activities, recalls states of emergency in which the rules of social life are imposed and must be obeyed so as not to run up against getting charged or being arrested. And indeed the establishment of red zones and checkpoints, limitation of freedom of circulation, obligation of home isolation for those coming from areas considered infected controlled by police, but above all the ban on gatherings, i.e. public meetings, is the police management of a health problem. Not surprisingly it is foreseen in the ten rules recommended by the Italian State to avoid the spread of the virus that in case of fever the carabinieri must the first to be contacted. But states of emergency are also the measures provided for in situations of conflict or insurrection, as happened recently in Chile. The State decrees by law that citizens are its property and it can dispose of them as it sees fit. States of emergency are not imposed for health reasons or the population’s welfare, but to make rules become introjected, to instill discipline. And indeed, the surest way to obtain obedience is to spread terror, fear. Create anxiety and panic, continually divulging data, making everything sensationalistic and exceptional. Frightening is a practice of war and torture as well as of government, and States are specialized in this too. And war has forcefully come back into vogue after being removed and cancelled out for many years. Today the war is here, indeed everywhere. Heads of State are declaring themselves at war against a somewhat singular enemy, a virus, but their real adversary or target is not that, it is their very subjects.

For this reason the issue at stake, perhaps the most important, is to keep critical thinking alive without downplaying anything. Having, arm in arm with the Economy, industrialized and devastated nature and desertified thought, now feelings are being cancelled out. No kisses, no hugs. However, if Dominion wants us totally dependent on it, if the State cancels social and in part also economic life, that means that we don’t need the State. That we can self-organize our initiatives, our forms of education, our economies, our leisure. And also in this case we don’t need to resort to science fiction but to experience, memory, our will and courage.

The prisoners fighting in the Italian prisons that this state of emergency would like to see buried alive are showing a way. That normality be interrupted, yes, but by revolt.

Biblioteca Anarchica Disordine, via delle Anime 2/b, Lecce
e-mail: disordine at riseup.net

[Translaton taken from actforfree.nostate.net].