12 dicembre 1970: assassinio di Saverio Saltarelli. Il katanga perde il pelo ma non il vizio, della calunnia

12 dicembre 1970: assassinio di Saverio Saltarelli
Il katanga perde il pelo ma non il vizio, della calunnia

Nei primi anni Settanta, i katanga erano il servizio d’ordine dell’Università statale di Milano. Quasi tutti figli di papà, nostalgici di Giuseppe Stalin, i katanga si distinsero nel tacitare a suon di spranghe ogni voce di dissenso politico sulla piazza di Milano. Implicitamente (ma non tanto), erano al servizio della sinistra parlamentare (il fu Partito comunista italiano) e della Camera del Lavoro milanese. In poche parole, dell’establishment milanese.

Oltre agli operai che contestavano i sindacati confederali, le loro spranghe colpivano i militanti delle formazioni radicali (in particolare anarchici, internazionalisti, Lotta Comunista, Potere operaio, Collettivo politico metropolitano…).

Il clou della loro servile infamia, i katanga lo toccarono il 12 dicembre 1970, primo anniversario della strage di piazza Fontana. Quel giorno, a Milano, si respirava una pesante tensione. Erano previste alcune iniziative. Per primi, gli anarchici avevano indetto un corteo in centro per denunciare l’assassinio di Pino Pinelli e reclamare la liberazione di Pietro Valpreda e degli altri anarchici arrestati, in quanto accusati di essere «bombardieri». Strumentalmente, il Comitato permanente per la difesa dell’ordine costituzionale (Pci, Psiup, Dc, Anpi, sindacati, Acli ecc. ecc.) escogitò un’iniziativa anti franchista – pretesto, il processo di Burgos a militanti dell’Eta (baschi): breve corteo e comizio in piazza del Duomo. Questa fu l’unica manifestazione autorizzata.

A latere, i fascisti si riunirono in piazza San Babila con l’intenzione di marciare verso piazza Fontana. Contro questa presunta marcia (che non ci fu), i katanga si accordarono con la questura, per presidiare la zona circostante l’Università Statale. Un misero orticello.

Nonostante il divieto, gli anarchici decisero di manifestare, percorrendo le vie del centro. Il corteo vide la partecipazione degli internazionalisti di Rivoluzione comunista (organizzazione in cui militava Saverio Saltarelli), il Comitato politico metropolitano e quanti avevano sangue proletario nelle vene. Alcune migliaia. In via Torino, il corteo fu violentemente attaccato dalla polizia. Si disperse nelle vie laterali, dove si ebbero scontri. Alcuni manifestanti furono spinti verso l’Università dove, ad attenderli, c’erano i katanga. Si trovarono così tra due fuochi: davanti le spranghe dei katanga, dietro i carabinieri che sparavano lacrimogeni ad altezza d’uomo. Fu un lacrimogeno a spezzare il cuore di Saverio.

Il connivente ruolo dei katanga/statalini nell’assassinio fu subito denunciato, non solo da Rivoluzione comunista, ma da tutte le formazioni radicali.

Per pararsi il culo, gli statalini misero una lapide in via Bergamini (angolo via Larga), dove Saverio era stato colpito. Una lapide che travisa completamente la figura politica di Saverio. Infamia nell’infamia.

Lo scorso 12 dicembre, in previsione del cinquantenario dell’assassinio di Saverio, compagne e compagni a lui legati, vollero sostituire la vecchia lapide, con una che, finalmente, gli rende la meritata dignità politica (vedi allegato). La sostituzione avvenne la mattina, alla presenza di un centinaio di persone (vedi allegato). Poi, la sera, la figura di Saverio e le circostanze del suo assassinio furono ricordate nel corso di una corteo che sfilò in via Larga.

Mai e poi mai ci saremmo immaginati che vecchi katanga (o comunque statalini) avessero qualche cosa da ridire. Costoro, oggi, si godono tutti fior di pensioni o rendite, frutto delle brillanti carriere professionali che la loro privilegiata condizione sociale gli garantiva

Invece, all’improvviso, eccoli resuscitati e, con una gran faccia di tolla, seminano nuove menzogne. In allegato, il loro comunicato, per chi c’ha stomaco per leggerlo. È un parto di gente mal informata o in mala fede. In un caso o nell’altro, costoro non hanno alcuna giustificazione: antifascisti da operetta!

– Da parte mia, in occasione della collocazione della nuova lapide (12 dicembre 2019), avevo diffuso un opuscolo che descrive il clima in cui avvenne la strage di piazza Fontana e le conseguenze che ne derivarono per il movimento proletario italiano: Tra golpe nero e golpe bianco. Mille sfumature di grigio. Contestazione, Autunno caldo, Bombe, svolta moderata, Crisi (Pdf disponibile a richiesta).

– Più recentemente, Maurizio Ferrari (Mau) evoca con precisione le circostanze in cui avvenne l’assassinio di Saverio, vedi: Quelli erano i tempi. Ricordi e considerazioni di un brigatista rosso, Colibrì, Paderno Dugnano (Milano), giugno 2020, p. 24.

Il 22 ottobre, i vecchi katanga potranno mettere la «loro» lapide farlocca solo grazie alle istituzioni, di cui sono zelanti servitori. Ma non basterà tutta l’acqua degli oceani a lavare il marchio infame che li segna.

Dino Erba, Milano, 15 ottobre 2020.

Allegato: Rimettiamo al suo posto la lapide storica dedicata a Saverio Saltarelli.

[Ricevuto via e-mail].