Author Archives: insuscettibilediravvedimento

(it-en) Italia: Condanne per il processo “Scripta manent”

https://anarhija.info/library/i-u-italija-uvijek-visoko-uzdignute-glave-poziv-na-1.jpgCondanne per il processo “Scripta manent”

E’ stata emessa la sentenza di primo grado nel processo iniziato a giugno 2017 riguardante l’operazione “Scripta manent”, che il 6 settembre 2016 comportò l’arresto di cinque compagni anarchici e la notifica della custodia cautelare in carcere ad altri due compagni già prigionieri (Alfredo e Nicola). Le richieste di condanna proposte dal pubblico ministero R. Sparagna per 22 compagni anarchici imputati superavano i 200 anni.

Il 24 aprile, come riportato in Croce Nera Anarchica, sono state emesse le condanne:

Condannati i compagni anarchici Alfredo Cospito ad anni 20, Anna Beniamino ad anni 17, Nicola Gai ad anni 9, Alessandro Mercogliano e Marco Bisesti ad anni 5. Assolti gli altri imputati.

LA SALUTE E’ IN VOI! Continue reading

(es) Kalinov Most, n. 4 – Publicación Anarquista Internacional / Abril 2019

Índice:

*Editorial

*Sobre la necesidad de continuar la lucha dentro de la cárcel: Prisiones, opciones y trayectoria subversiva en la región chilena.

*Estrategias y particularidades del control al interior de las cárceles en el Estado Español.

*Autoatentados, montajes y sospechas: Cuando la teoria del Estado entra en nuestras cabezas.

*La peste de la cripto-democracia (o cómo lo autoritario se nos colo a base de falsas oposiciones y errados conceptos.

(Aportes externos)

*Breve reporte informativo del Estado del tiempo.

*Pólvora y tinta. Reflexiones sueltas…Sin separar teoría-acción, contra toda especialización.

e-mail: kalinovmost[at]riseup.net
www.kalinovmost.wordpress.com

(it-en-fr) Italia: “Lo spirito continua” – Incendiato un ripetitore nei pressi di Rovereto

Tratto da roundrobin.info:

“Lo spirito continua” – Incendiato un ripetitore nei pressi di Rovereto

Apprendiamo dai media locali che nella notte fra il 15 e il 16 aprile a Terragnolo, vicino a Rovereto, ignoti hanno incendiato un ripetitore della RAI e della telefonia mobile. Lasciate le scritte: “Solidarietà con anarchici in galera”, “Contro videoconferenza e blocco posta”, “Lo spirito continua”.

Qui il link ad uno degli articoli dei media di regime.

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From 325.nostate.net:

Trentino, Italy: TV & Mobile Phone Tower Torched in Solidarity with Anarchist Prisoners

Local newspapers have reported that a TV and mobile phone tower was set on fire in Terragnolo, in the Potrich (Trentino) area on April 16th at around 10PM. Painted slogans reading “Solidarity With Anarchist Prisoners”, “Stop Video Conferencing” (which replaces prisoner transfers to court hearings), “Stop Blocking Mail” and “The Spirit Continues” were found at the site.

Of the four incendiary bottles used to start the fire, only one managed to ignite the cables, the other three that were located inside the electrical transformers failed to ignite due to ‘lack of oxygen’ according to the carabiniers [paramilitary police] in charge of the investigation. A person who lived nearby spotted the flames from the street and notified the fire brigade, however they arrived to late to prevent many of the cables from burning. This location is also part of a region that has been selected to experience the 5G network in the near future.

Technicians were able to restore TV service during the night, however mobile phone reception is still not properly restored.

Freedom For All,
Fire To The Prisons

Source and some good photos:

https://sansattendre.noblogs.org/post/2019/04/19/terragnolo-trentin-italie-incendie-dune-antenne-relais-en-solidarite-avec-les-anarchistes-incarceres-16-avril-2019/

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Depuis sansattendre.noblogs.org:

Terragnolo (Trentin), Italie : Incendie d’une antenne relais en solidarité avec les anarchistes incarcérés – 16 avril 2019

On apprend par les journaux locaux qu’un relais de téléphonie et de télévision a été incendié à Terragnolo, dans la zone de Potrich (Trentin) le 16 avril vers 22h. Les tags « Solidaires avec les anarchistes en prison, contre la visioconférence (qui remplace les transferts aux audiences) et le blocage du courrier » et « l’esprit continue » ont été retrouvés sur place.

Sur les quatre bouteilles incendiaires utilisées, une seule aurait pris contre les câbles, les trois autres situées à l’intérieur des transformateurs électriques ayant fait long feu, « faute d’oxygène » selon les carabiniers chargés de l’enquête. C’est un voisin apercevant les flammes depuis la route qui a prévenu les pompiers, arrivés trop tard pour empêcher de nombreux câbles de se consumer. Cet emplacement fait par ailleurs partie de ceux retenus pour expérimenter la 5G dans le coin.

Les techniciens ont réussi à remettre la télévision au cours de la nuit, mais la téléphonie mobile restait, elle, très perturbée.

Liberté pour toutes et tous,
feu aux prisons !

(it-en) Incontro Internazionale di Liberazione Animale – Roma, 26-28 Luglio 2019

Incontro Internazionale di Liberazione Animale 2019
Roma, 26-28 luglio 2019

Un momento in cui incontrarci, condividere analisi e conoscenze, discutere di pratiche e strategie per la lotta contro l’oppressione degli animali e la distruzione dei loro habitat. Una lotta che per noi è parte di una tensione più ampia contro ogni forma di sfruttamento, oppressione e autorità, per la liberazione totale.

Questo incontro ha l’intento di connettere individui e piccoli gruppi di affinità che lottano per la liberazione animale in una direzione che è differente da quella intrapresa dalla maggior parte dei gruppi animalisti odierni. I gruppi di attivisti animalisti che non hanno sviluppato un’analisi politica più ampia, a volte per semplice qualunquismo a volte per scelte ben ragionate, stanno attraendo sempre più persone che sostengono o semplicemente accettano politiche razziste, sessiste, nazionaliste e patriarcali. Dall’altro lato, in parte del movimento di liberazione si è diffuso l’approccio riformista che fa affidamento sui mass media, su pratiche capitaliste di marketing e sul dialogo con lo Stato. Parleremo della situazione nei nostri paesi e di come ricostruire un movimento radicale.

Ci piacerebbe che l’incontro si focalizzasse in particolare sulle proposte pratiche e strategiche di azione oltre che sulle discussioni filosofiche e teoriche. Vorremmo che fosse un luogo dove condividere le nostre esperienze, dove trovare ispirazione e dove valutare quello che sta funzionando o meno nei nostri territori rispetto ai nostri sforzi di riaccendere una lotta di liberazione animale che sia anarchica e intersezionale. Questo incontro si pone in continuità con l’Incontro Europeo per la Liberazione Animale che si è svolto a Bilbao dall’1 al 3 giugno 2018 e quelli degli anni precedenti a Bristol e Marsiglia [1].

La lotta anarchica per liberazione da ogni forma di autorità e potere è il quadro entro cui intendiamo la lotta per la liberazione animale. Molte persone possono non definirsi anarchiche ma opporsi comunque alla gerarchia e all’addomesticamento, e vorremmo che queste persone prendessero parte all’incontro.

Vogliamo costruire una rete in cui lavorare collettivamente per costruire legami di solidarietà e resistere alla repressione dello Stato. La lotta di liberazione animale è per noi strettamente connessa ad altre lotte di liberazione (contro il patriarcato, l’omo/transfobia, il razzismo, il colonialismo, la distruzione ecologica ecc.) e ha bisogno di ascoltare ed entrare in connessione con le persone più colpite da queste oppressioni e con le loro lotte, per costruire un movimento inclusivo che non riproduca le gerarchie dominanti. Altri aspetti importanti di cui vogliamo parlare sono il supporto all’azione diretta e il supporto ai/le prigionierx.

Vogliamo che questo incontro sia completamente auto-organizzato. Proporremo un paio di discussioni ma vogliamo lasciare lo spazio a chiunque di proporre un dibattito. Incoraggiamo in particolare compagnx e attivistx a partecipare e condividere le esperienze di lotte di liberazione animale nei propri territori o le proprie conoscenze pratiche. Se vuoi proporre una presentazione contattaci con una breve descrizione alla email

e-mail: animalgathering2019[at]riseup.net
sito internet: https://animalgathering2019.noblogs.org/
Note: [1] Bilbao 2018: https://animalliberationgathering.wordpress.com/
Bristol 2017: https://bristolliberationgathering.wordpress.com/
Marseille: ratattack[at]riseup.net
[Tratto da quaglia.noblogs.org].
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International Animal Liberation Gathering 2019 – Rome (Italy)
Rome, 26th-28th July 2019
An occasion to meet each other, to share analyses and skills and to discuss experiences and strategies in the fight against the oppression of animals and the destruction of their habitats. A fight that for us is part of the wider fight against every form of exploitation, oppression and authority, for total liberation.
This gathering wishes to connect individuals and small groups of like minded people working for animal liberation in a way that is radically different from that undertaken by the majority of animal right groups nowadays. Animal activist groups that lack wider politics, be it for political apathy or for well thought out choices, are becoming increasingly appealing to people with fascist, nationalist, sexist and racist views.
On the other side, in the last years a reformist approach that relies on mass media, on market capitalism and dialogue with the State spread in part of the animal rights movement. We will be talking about the situation in our countries and about how to rebuild a radical movement.
We would like the gathering to have a special focus on strategy and practical proposals in addition to the philosophical and theoretical discussions. We want it to be a place where to share our experiences, to find inspiration and see what is working or not in our territories concerning our efforts to incite once again an animal liberation struggle that is anarchist and intersectional. This gathering is in continuity with the European Animal Liberation Gathering which took place in Bilbao from 1 to 3 June 2018 and the previous ones in Bristol and Marseille [1].
The anarchist struggle for liberation from any form of authority and power is the frame into which we conceive the struggle for animal liberation. Many people would not define themselves as anarchist but are still opposed to hierarchy and domestication, we would love for these people to be part of the gathering.
We want to build a network where we can work collectively to build solidarity bonds and resist repression. The animal liberation struggle is for us strongly interconnected to other struggles for liberation (against patriarchy, homo/transphobia, racism, colonization, environmental destruction and so on) and needs to listen and connect with the people most affected by these oppressions and their struggle to build a inclusive movement that doesn’t reproduce the dominant hierarchies. Other important aspects that we want to talk about are the support for direct action and prisoners support.
We want this gathering to be completely self-organized. We will propose a couple of discussions but we want to leave the space for everybody to propose a debate. We especially encourage comrades and activists to participate and share their experiences of animal liberation struggles in their territory or their practical skills. If you want to propose a presentation please contact us with a short description of it.
e-mail: animalgathering2019[at]riseup.net
website: https://animalgathering2019.noblogs.org/
Notes:
[1] Bilbao 2018: https://animalliberationgathering.wordpress.com/
Bristol 2017: https://bristolliberationgathering.wordpress.com/
Marseille: ratattack[at]riseup.net
[From 325.nostate.net].

(it) Italia: Presidi alle carceri di Ferrara, Tolmezzo e L’Aquila (28/04/2019)

Domenica 28 aprile 2019
Presidi alle carceri di Ferrara, Tolmezzo e L’Aquila
In solidarietà agli anarchici e alle anarchiche prigionieri/e

Carcere di Tolmezzo (via Paluzza 77): Ore 14.00.
Carcere di Ferrara (via Arginone 327): Ore 13.00.
Carcere de L’Aquila (via Amiternina 3, località Costarelle di Preturo): Ore 13.00.

[Tratto da paginecontrolatortura.noblogs.org: qui e qui].

(en-it) Athens, Greece, 22.03.19: Grenade Attack Against the Russian Consulate by FAI / FRI Revenge Cell “Mikhail Zhlobitsky”

From 325.nostate.net and mpalothia.net:

Athens, Greece: Grenade Attack Against the Russian Consulate by FAI / FRI Revenge Cell “Mikhail Zhlobitsky”.

We assume responsibility for the grenade assault on the Russian Consulate on Tzavella Street in Chalandri [suburb in Northern Athens] on March 22.

Each state seeks continuity, which is of particular importance both for its existence and for the preservation and expansion of its vital space. We define the vital space of a state structure as a concept that raises every economic and spatial interest. Applying this policy to us is what we commonly call imperialism. This policy is not a strategic choice of a state, but it is indistinguishable from its very existence. Automatically, each state applies or follows the imperialist policy of an alliance in that country. This position comes to overthrow the rhetoric of the holy fellowship of the smaller ones in dynamic states towards the more powerful ones, which the left has been trying to make for years and parts of the anarchist space embraces. Over the years, many alliances have been built up and, as a result, many skirmishes, depending on the interests at stake. Under the veil of these inter-axiomatic contrasts in combination with the economic and political conjuncture, discrepancies in the dynamics of each state are created or adjusted. Relationships between states have always been a dynamic condition that is modified on the subject rather than a static situation.

On the basis of the above parameters, since the middle of the last century, there are two states that have predominantly dominated the world chessboard, the US state and the state of Russia (up to 1991 as the USSR). A common mistake we find in leftist approaches is that these two states are two poles of continual conflict, deliberately disregarding the synthetic (geo) political strategies they have drawn over the years from the division of political influence zones into the Yalta conference in February 1945, as well as political support for military interventions inside Syria. A piece of the same narrative carries a highly unilateral critique of so-called “American imperialism,” while turning a blind eye to Russia’s expansive politics by burying many of the war crimes it has committed. We do not make any distinction between these two states, as we consider our policies equally hostile.

Recalling the ghosts of the past

Bourgeois democracy in Russia was established in 1991 after the fall of the communist regime. For so many years, we have perceived a pervasive nostalgia for the political management of the Soviet Union, which seems totally stupid to us because, with the justification of any political changes to the regimes, some seem to consciously ignore the same power of authority that governs the existence of the state itself. These nostalgists also ignore and often defend the USSR’s expansive aspirations by flushing this strategic choice of a state-friendly country, since they consider it a “red” war to enforce the socialist regime. They have attempted to break the criminal policy of the 1979 military intervention in Afghanistan, the long-suffering repression of the 1956 rebellion of Hungary, the violent interference and enforcement of Czechoslovakia (1968), and especially the invasion of Poland 1939, where millions of people were massacred in collaboration with Nazi Germany. Somewhere here we want to point out that when we talk about military tactics and military interventions, we mean the constant strategy of terrorizing and murdering the civilized people for the more effective enforcement of the occupying army. It is obvious to us that an army invading another country, apart from the direct frontal confrontation with the rival troops, has the political choice to diffuse the feeling of fear and insecurity in the civilian population. This is achieved through multiple bombings in various parts of the public domain (often in schools and hospitals), while at the same time destroying production structures with the ultimate goal of physically depriving citizens. It seems ridiculous and hypocritical to read tearful analyzes of the bombing of the US state, while ignoring Russian crimes.

Another tangible example of the practices of this troubled state was the management of relations with Ukraine’s anarchist black army of Nestor Machno. The then Communist leadership took advantage of the dynamics and the fighting skills of this army by doing joint ventures against the White Army Nationalists. Then, when it felt that it had nothing more to gain from this partnership, it realized that the ideological and political interests of the two sides were in conflict, since the anarchists of Ukraine did not support the communist model, and the Bolsheviks decided to exterminate them politically, of course. The Communists did not want to allow the existence of an anarchist structure in such a near-spatial field, as they had to deal with their own internal political opponents. The regime itself had mobilized, for the domestic repression of political opponents of every political origin, the Cheka (an identical organization of the Greek Communist Party’s GUN), which initially assassinated nationalists and defenders of the Tsarist regime and later anarchists, Trotskyists, and even Stalinists who chose to disagree with any decisions of the central political line in the name of sociopolitical uniformity and totalitarianism.

Power is “regenerated”, rot is perpetuated

Russia, after the restoration of the free market system in the country and the fall of communist totalitarianism, has evolved into a new type of autocracy with a democratic mantle. To rebuild its economic and political prestige, as expected, it has continued and continues to date geopolitical demands and defending its interests in transnational skirmishes. At the top of the political leadership, the same president, who is faithful to the tradition of Russia, has been steadfastly committed to creating for himself a profile as a leader who is something of a glorious tsar and a robust general secretary. At the top of the economic elite, there is a powerful class of wealthy oligarchs, which is a new version of the aristocracy. Orthodoxy, conservatism and old traditions have remained unchanged in time, despite the change of regimes and are the pillars of the new seemingly reborn Russia. These pillars have been well established since socialist times and have been preserved in a suffocating environment of very intense governmental autarchism. The above concepts compose the puzzles of an incomparable social ethics, resulting in the disciplining, apathy and inactivation of the most deprived social groups to date. While nationalism and chauvinism dominate the social sphere of Russia; at the same time, every sign of opposition to the dominant norms, every radical expression, every kind of activism, any aggressive mood for power is mercilessly hit by a powerful state mechanism that retains the reflexes of socialist repression. In particular, in February 2018, several anarchists were arrested, tortured and jailed for hanging banners saying “The FSB is the main terrorist” and for participation in Narodnaya Samooborona. A few months earlier, FSB arrested and tortured 8 anarchists to confess that they were part of the Network. The craze of state repression to eliminate anarchist action did not stop there. Last February, 10 comrades were put in state hostage, during which they were beaten and electric shocked to confess their guilt and “give up” their companions. Azat Miftahov, who is accused of building explosives and joining Narodnaya Samooborona, remained in the hands of the state in opposition to his comrades, who were eventually tortured and released.

On Oct. 31, 17-year-old anarchist Mikhail Zhlobitsky invaded the offices of the FSB (Federal Security Office and successor to the KGB) in Arkhangelsk, triggering an explosive device, causing serious damage to the building, injuring three officials and losing his own life. When the news came to our ears, there was a feeling of deep sorrow in the death of our brother who we may never have known, but we feel we’ve known for years because our choices are common to the same hateful enemies. Our feelings about Mikhail made these words, words that are not just hollow and wooden, words that are soaked and charged with rage, words that when spilled on the paper flew sparks and triggered our desire to pull the fork from the grenade and send it to the Russian Consulate’s office, giving shape to our most rabid need for revenge. The nightmare that the comrade gave birth to FSB federal cops, will be revived every time we or some other comrade decides to attack. Mikhail, like any comrade who gave his life for Anarchy, will again take flesh and bones through retaliatory actions and sow terror into the pathetic journalists and the worried cops and judges. As a minimum sign of respect for our deceased partner, we chose to give his name to the attack we made.

Strength and solidarity to the anarchists Yuliy Boyarshinov, Vasiliy Kuksov, Dmitriy Pchelintsev, Arman Sagynbaev, Andrey Chernov, Ilya Shakurskiy, Igor Shishkin, Viktor Filinkov, those arrested on February 1, 2019 and Azat Miftahov.

Do you hear the noise coming from far away? They are desperate screams from torture rooms. The harsh blows of the bullets in body. The creepy sound made by the body when the current passes through it during the electric shock. They are nearby, asking for their lost comrades and wondering if they are still alive or if they are in a secret detention center. It is mourning, angry, but also numb for the little one who took revenge by giving his own life. They are our comrades and they suffer. Listen carefully…

FAI / FRI Revenge Cell ‘Mikhail Zhlobitsky’

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Tratto da roundrobin.info:

Atene, Grecia, 22.03.2019: Attacco contro il consolato russo

Nei vostri incubi, i nostri morti vengono per primi

Ci assumiamo la responsabilità dell’attacco con una granata al consolato russo in Via Tzavella a Halandri (nord di Atene) il 22 marzo.

Ogni stato cerca la continuità, che è di particolare importanza sia per la sua esistenza che per la conservazione e l’espansione del suo spazio vitale. Definiamo lo spazio vitale di una struttura statale come un concetto che riunisce ogni interesse economico e spaziale. L’attuazione di questa politica è per noi ciò che comunemente chiamiamo imperialismo. Questa politica non è una scelta strategica di uno stato, ma è inseparabile dalla sua stessa esistenza. Ogni stato attua o segue automaticamente la politica imperialista di un paese alleato in quel paese. Questa posizione viene a mettere da parte la retorica di santificare gli stati più piccoli contro gli stati più forti, che la sinistra cerca di vendere da anni ed è abbracciata da frammenti del movimento anarchico. Nel corso degli anni sono state costruite molte alleanze e, di conseguenza, sono state combattute molte battaglie, a seconda degli interessi in gioco. Sotto il velo di questi contrasti interautoritari, combinati con il contesto economico-politico, si creano o si aggiustano divergenze nelle dinamiche di ogni stato. Le relazioni tra gli stati membri sono sempre state una condizione dinamica che si è modificata su queste basi e non una situazione statica.

Sulla base dei parametri sopra riportati, dalla metà del secolo scorso, ci sono due stati che hanno dominato in maniera predominante la scacchiera mondiale, lo stato degli Stati Uniti e lo stato della Russia (fino al 1991 come URSS). Un errore comune che troviamo negli approcci di sinistra è che questi due stati sono i due poli di un conflitto continuo, ignorando deliberatamente le strategie (geo)politiche sintetiche che sono state portate avanti negli anni, dalla divisione delle zone di influenza politica nella conferenza di Yalta nel febbraio del 1945, fino al supporto politico agli interventi militari in Siria. Parte della stessa narrazione porta avanti una critica fortemente unilaterale al cosiddetto “imperialismo americano”, chiudendo un occhio sulla politica espansionista della Russia e seppellendo molti dei crimini di guerra che ha commesso. Non facciamo alcuna distinzione tra questi due stati, in quanto consideriamo le loro politiche altrettanto ostili.

Ricordare i fantasmi del passato

La democrazia borghese in Russia è stata fondata nel 1991 dopo la caduta del regime comunista. Per molti anni, abbiamo visto una nostalgia pervasiva per la gestione politica dell’Unione Sovietica, che riteniamo totalmente stupida perché, con la giustificazione di qualsiasi cambiamento politico dei regimi, alcuni sembrano ignorare consapevolmente la stessa continuità autoritaria che governa l’esistenza di ciascuno stato.
Questi nostalgici, inoltre, ignorano e molte volte difendono le ambizioni espansioniste dell’URSS riproponendo la scelta strategica di uno stato amico, poiché le considerano una guerra “rossa” per l’imposizione del regime socialista.

Hanno tentato di salvare la politica criminale dell’intervento militare in Afghanistan nel 1979, la repressione omicida della rivolta in Ungheria (1956), la violenta interferenza e implicazione negli affari interni della Cecoslovacchia (1968) e, soprattutto, l’invasione della Polonia nel 1939, dove milioni di persone sono state massacrate in collaborazione con la Germania nazista. Da qualche parte qui vogliamo sottolineare che quando parliamo di tattiche di guerra e di interventi militari, intendiamo la costante strategia di terrorizzare ed uccidere la popolazione civile per un più efficace rafforzamento dell’esercito di occupazione. Va da sé che un esercito che invade un altro paese, oltre a confrontarsi direttamente con le truppe avversarie, fa la scelta politica di diffondere paura e insicurezza tra la popolazione civile.

Ciò si ottiene attraverso numerosi bombardamenti in vari luoghi pubblici (molte volte scuole e ospedali), mentre si distruggono le strutture produttive con l’obiettivo ultimo di un impoverimento fisico dei cittadini. A noi sembra ridicolo e ipocrita leggere comunicati strappalacrime a seguito dei bombardamenti degli Stati Uniti, mentre si ignorano i corrispondenti crimini della Russia.

Un altro esempio eclatante delle pratiche di questo stato disgustoso è stata la gestione dei rapporti con l’armata nera anarchica ucraina di Nestor Mahno. L’allora leadership comunista ha approfittato delle capacità dinamiche e militari di questo esercito organizzando operazioni congiunte contro i nazionalisti dell’”Esercito bianco”. In seguito, quando valutò che non poteva ottenere nulla di più da questa alleanza, si rese conto che gli interessi ideologici e politici delle due parti erano in conflitto, siccome gli anarchici dell’Ucraina non supportavano il modello comunista, e i Bolscevichi decisero di distruggerli politicamente e fisicamente. I comunisti non volevano permettere l’esistenza di una struttura anarchica in un’area così vicina dal punto di vista spaziale, siccome dovevano gestire i loro oppositori politici interni.

Il regime stesso aveva mobilitato, per la repressione interna dell’opposizione politica di qualsiasi tipo, la CECA (un’organizzazione identica al GUN del Partito Comunista Greco), che ha assassinato inizialmente nazionalisti e difensori del regime zarista e, successivamente, anarchici, trozkisti ma anche stalinisti che non condividevano tutte le decisioni della linea politica centrale, in nome dell’uniformità socio-politica e del totalitarismo.

Il potere viene “rigenerato”, il marcio perpetuato

La Russia, dopo il ripristino del sistema del libero mercato nel paese e la caduta del totalitarismo comunista, si è trasformata in un nuovo tipo di autocrazia con un mantello democratico. Per ricostruire il suo prestigio economico e politico, come previsto, ha continuato e continua ancora oggi ad avanzare rivendicazioni geopolitiche e a difendere i suoi interessi nelle scaramucce transnazionali. In cima alla leadership politica rimane saldamente lo stesso presidente, che, fedele alla tradizione della Russia, si è preso cura di crearsi un profilo da leader che ha allo stesso tempo qualcosa di un glorioso zar e di un robusto segretario generale. Al vertice dell’élite economica c’è una potente classe di ricchi oligarchi, che è una nuova versione dell’aristocrazia.

Ortodossia, conservatorismo e vecchie tradizioni sono rimaste intatte nel tempo, nonostante il cambiamento di regimi, e sono i pilastri della Nuova Russia, apparentemente rinata. Questi pilastri sono stati gettati fin dai tempi del socialismo e sono stati preservati in un ambiente soffocante di autarchia statale molto intensa. Questi concetti costituiscono il puzzle di un’etica sociale fittizia, che porta alla repressione, l’apatia e la passivizzazione della maggior parte dei gruppi sociali più disagiati fino ad oggi. Mentre il nazionalismo e lo sciovinismo dominano la sfera sociale della Russia, allo stesso tempo ogni segno di opposizione alle norme dominanti, ogni espressione radicale, ogni tipo di attivismo, ogni atteggiamento aggressivo verso l’autorità viene colpito senza pietà da un potente apparato statale, che conserva i riflessi della repressione socialista.

Più precisamente, nel febbraio 2018 diversi anarchici sono stati arrestati, torturati e messi in prigione per aver appeso striscioni che dicevano “L’FSB è il principale terrorista” e per aver fatto parte dell’organizzazione Narodnaya Samooborona. Pochi mesi prima L’FSB arrestò e torturò 8 anarchici per far loro ammettere che facevano parte dell’organizzazione “Network”. La furia della repressione statale per eliminare l’azione anarchica non si è fermata lì. Lo scorso febbraio, 10 compagni sono stati presi in ostaggio, durante quel tempo hanno ricevuto pestaggi e scosse elettriche per confessare le loro colpe, e per infamare i loro compagni. Azat Miftahov, accusato di costruire esplosivi e di partecipare a Narodnaya Samooborona, è rimasto nelle mani dello stato, a differenza dei suoi compagni, che furono torturati e alla fine rilasciati.

Il 31 ottobre, il 17enne anarchico Mikhail Zhlobitsky entra negli uffici dell’FSB (Agenzia federale di sicurezza e successore del KGB) di Archangelsk, innescando un ordigno esplosivo, causando gravi danni all’edificio, ferendo tre funzionari e perdendo la vita lui stesso. Quando la notizia è arrivata alle nostre orecchie, è nato in noi un sentimento di profondo dolore per la morte di nostro fratello che potremmo non aver mai conosciuto, ma che sentiamo di conoscere da anni, perché facciamo le stesse scelte contro gli stessi odiati nemici. I nostri sentimenti per Mikhail hanno modellato queste parole, parole che non sono solo vuote e di legno, parole che sono impregnate e cariche di rabbia, parole che quando versate sulla carta hanno gettato scintille e acceso il nostro desiderio di estrarre la sicura della granata e lanciarla agli uffici del consolato russo, dando forma al nostro più furioso bisogno di vendetta.

L’incubo che il compagno, con la sua azione, ha fatto nascere nei poliziotti federali dell’FSB tornerà a prendere vita ogni volta che noi o un altro compagno decidiamo di attaccare armati. Mikhail, come ogni compagno che ha dato la sua vita per l’Anarchia, tornerà in carne e ossa attraverso azioni di guerriglia e seminerà terrore tra i patetici giornalisti di news 8 e tra i preoccupati sbirri e giudici. Come minimo segno di rispetto per il nostro compagno morto, abbiamo scelto di dare il suo nome all’attacco che abbiamo effettuato.

Forza e solidarietà agli anarchici Yuliy Boyarshinov, Vasiliy Kuksov, Dmitriy Pchelintsev, Arman Sagynbaev, Andrey Chernov, Ilya Shakurskiy, Igor Shishkin, Viktor Filinkov, ai detenuti del 1 ° febbraio 2019 e Azat Miftahov.

Senti il rumore che arriva da lontano? Sono le urla disperate dalle stanze delle torture. I duri colpi delle pallottole nei corpi. Il suono inquietante che fa il corpo quando la corrente lo attraversa durante l’elettroshock. Sono vicini, chiedendo dove sono i loro compagni scomparsi e domandando se sono ancora vivi o se sono in qualche cella segreta. È lutto, arrabbiato ma anche intorpidito per il ragazzo che si è vendicato dando la propria vita. Sono i nostri compagni e stanno soffrendo. Ascolta attentamente…

Cellula di vendetta FAI / FRI
Nucleo” Mikhail Zhlobitsky”

(it-fr) Firenze, Italia: Processo per l’operazione “Panico” – Resoconto dell’udienza del 18 aprile 2019 ed ennesima nuova calendarizzazione

https://anarhija.info/library/g-p-grecia-per-i-13-anni-di-carcere-a-irianna-14-0-1.jpgResoconto dell’udienza del 18 aprile 2019 ed ennesima nuova calendarizzazione

Oggi è iniziata con l’inghippo iniziale: le trascrizioni peritali delle intercettazioni ambientali, manco complete (cioè mancavano alcune di quelle richieste dai PM perché hanno sbagliato a far le fotocopie delle richieste) erano state depositate settimana scorsa, in particolare quella che per l’accusa è considerata più “incriminante” per Paska. Invece che “gli ho messo un bombone in bocca a casapound” però, il perito ha sentito e trascritto “è venuto a mettere un bombone ecc.” L’accusa si dev’essere risentita, perchè ha insistito affinché il perito riascoltasse l’audio e si avvalesse dell’aiuto di uno studio di registrazione per “pulire” il suono. Dopo queste pressioni, il perito ha infine ritrascritto quest’intercettazione con l’interpretazione dell’accusa, solo che poi l’ha depositata solo ieri alle 17:00, e quindi non era stato possibile per la difesa ritirarne copia prima di stamattina.
La difesa ha dunque chiesto il rinvio per l’impossibilità di condurre il controesame sul perito. Il giudice lì per lì ha detto qualcosa tipo “non c’è tempo”, senza rispondere formalmente alla richiesta e ha fatto iniziare l’udienza.
Ha deposto Monti, il perito in questione; su richiesta del giudice si è ascoltato il famoso audio. Non si sentiva granché, voci sovrapposte indistinguibili, sia nell’audio originale, quasi peggio in quello “pulito”. E’ stato ascoltato diverse volte. Al che Monti ha descritto i passaggi detti prima, e quando ha detto la sua conclusione, cioò che riteneva di doversi correggere perché effettivamente aveva detto “ho messo un bombone”, dal pubblico si è levato un sarcastico applauso e delle voci meno sarcastiche, al che il giudice ha fatto sgomberare l’aula dai compagni presenti tra il pubblico, che sono stati poi fermati dalla digos nella zona fumatori, mentre la celere è stata fatta entrare in tribunale ed aspettava poco lontano.
In assenza del suo avvocato, Paska ha deciso di autodifendersi, e in questa circostanza ha preso la parola per dichiarare che riconosce la voce intercettata come sua, ma che le parole che gli vengono attribuite non sono mai state pronunciate.
Sono stati poi nominati dei nuovi periti per le intercettazioni, che però hanno espresso delle perplessità sul riuscire a finire il lavoro in periodo di festività sotto pasqua.
L’udienza è proseguita parlando della macchina della madre di Paska, che la digos, nella sua testimonianza, sostiene di aver notato parcheggiata sotto il Panico il 2 e 3 gennaio, mentre il suo telefono risultava altrove. La difesa ha chiesto che si rinviasse l’argomento a una data in cui fossero presenti i legali di Paska, il giudice ha negato e ha fatto proseguire. Anche qui quindi Paska si è dovuto difendere da solo, e ha dichiarato che lui dal 31 in poi era a festeggiare altrove, assieme al suo telefono, e che la macchina l’aveva con sé e quindi la digos si dev’essere sbagliata.
Ha testimoniato pure un altro digos su un controllo di Ghespe effettuato in strada il 30/12, questo al fine di controbattere l’elemento difensivo della cartella clinica di Ghespe e la radiografia del suo piede fratturato a fine dicembre ’17. Il digos ha ovviamente detto che durante il fermo ghespe stava in piedi, senza gesso e non ha notato alcuna anomalia nella sua andatura. Continue reading

(fr) Deux nouvelles parutions chez les éditions Tumult

JE SAIS QUI A TUÉ LE COMMISSAIRE CALABRESI
(Alfredo M. Bonanno)

À la fin des années 60, l’Italie est traversée par des fortes agitations sociales. C’est dans ce climat de révolte que le 12 décembre 1969, un massacre est commis Piazza Fontana à Milan, provoquant 16 morts et 88 blessés. Au lendemain du massacre, le commissaire Luigi Calabresi se rend au local du groupe anarchiste et demande à Giuseppe Pinelli de venir à la préfecture où se trouvent déjà de nombreux anarchistes raflés. Dans la nuit du 15 au 16 décembre, Pinelli est « défenestré » lors d’un interrogatoire par le commissaire Calabresi. Il décède quelques heures plus tard à l’hôpital.

Le 17 mai 1972 sera un jour funeste pour le « commissaire-fenêtre ». Tout semble devoir se passer comme d’habitude, la routine habituelle du matin : le petit déjeuner, le bonjour à l’épouse enceinte, les deux gamins, l’un âgé de deux ans, l’autre de onze mois, quelle scène familiale.
En ce jour funeste, vers neuf heures du matin plus ou moins, le commissaire Luigi Calabresi descend dans la rue. Son destin l’attend là, à neuf heures et quinze minutes exactement, sous la forme de deux balles, une première, puis une seconde.

Avril 2019 // 80 pages // 12×17 cm
3 euros

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LA JOIE ARMÉE
(Alfredo M. Bonanno)

Dépêche-toi compagnon, tire tout de suite sur le policier, le juge, le patron avant qu’une nouvelle police ne t’en empêche ; dépêche-toi de dire non avant qu’une nouvelle répression te convainque du fait que de dire non est insensé et fou et qu’il est juste que tu acceptes l’hospitalité des hôpitaux psychiatriques. Dépêche-toi d’attaquer le capital avant qu’une nouvelle idéologie ne le rende à nouveau sacré. Dépêche-toi de refuser le travail avant que quelque nouveau sophiste te dise, encore une fois, que « le travail rend libre ». Dépêche-toi de jouer. Dépêche-toi de t’armer.

Ce livre a été écrit en 1977 au moment où des luttes révolutionnaires se déroulaient en Italie, il faut avoir à l’esprit la situation de l’époque pour le lire aujourd’hui. Le mouvement révolutionnaire, y compris les anarchistes, étaient dans une phase d’extension et tout semblait possible même une généralisation de l’affrontement armé. Ce livre est encore d’actualité mais d’une autre façon. Non pas comme la critique d’une structure monopolisante, le parti armé, qui n’existe plus, mais parce qu’il peut montrer les capacités potentielles des individus suivant leur chemin avec joie vers la destruction de tout ce qui les oppresse et les régule.

Avril 2019 // 80 pages // 12×17 cm
3 euros

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PS. Pour les distros: à partir de cinq livres commandés, une réduction s’applique de 30% sur le prix affiché.

 

Pour commander ces livres, envoyez un mail à tumult_anarchie@riseup.net
Sur notre site, vous trouverez des points de distributions ainsi que le
catalogue.

http://tumult.noblogs.org

[Depuis cracherdanslasoupe.noblogs.org].

(fr) Italie: Appel pour le rassemblement à Florence le 20 avril – 16 heures

SANS-RÊLACHE POUR L’ANARCHIE

À Florence le 9 mars aura lieu le jugement d’un procès qui voit inculpé.e.s 28 compagnon.nes accusés d’association de malfaiteurs et de différentes attaques anonymes dans des locaux fascistes. Trois de ces compagnons, Paska, Giova et Ghespe, se trouvent depuis un moment en prison, et en plus d’autres accusations, ils sont inculpés pour transport, fabrication et détention de matériel explosif et tentative d’homicide, pour la blessure d’un artificier qui bricolât sans aucune précaution un engin situé devant un lieu fasciste la nuit du 31 décembre 2016. La prison ne leur a pas épargné les provocations et violences, en réponse à une attitude conflictuelle qu’ils ont tenu.

À Trente et Turin deux opérations répressives ont conduit à l’expulsion de l’Asilo Occupato et à 12 arrestations pour chercher à éradiquer les luttes que ces derniers portent en avant. Après les arrestations et l’expulsion, nous sommes descendus dans la rue pour répondre à la répression et prendre de force des espaces d’expression de propre notre rage. Ces derniers jours également, Scripta Manent, procès qui met sous enquête plus de vingt ans d’histoire de l’anarchisme est en train de se conclure avec de dures demandes de condamnation. Dans tous les cas, les intimidations continuent ainsi que la répression vis-à-vis de qui apporte et exprime sa solidarité aux pratiques et individualités anarchistes en procès et en prison.

Les rêves et les pratiques, les possibilités et les réalités anarchistes sont l’habituel bâton dans les roues. L’état en Italie, come ailleurs, cherche à balayer qui continue à faire obstacle à ses projets pour préparer le terrain à un ultérieur tournant autoritaire. Nous vivons une époque où un nombre toujours plus croissant de personnes vivent des expériences oppressives quotidiennes, dans ses formes racistes, patriarcales, et totalitaires, avec le chantage de la prison, risquant d’être enfermé.e.s dans un Centre de Rétention  ou déporté.e.s, de mourir au travail, durant un TSO* ou une rafle, de ne pas trouver les moyens de se séparer d’une relation violente, de vivre des genres et sexualités hors de la norme dans des conditions de marginalité, et plus encore. Selon les logiques de l’état pour maintenir l’ordre et veiller à la continuelle restructuration de l’appareil techno-industriel et coercitif à large échelle, il est nécessaire, entre autres choses, d’enterrer sous des années de prison, qui se bat depuis toujours contre les responsables de tout cela.

Dans la mise en œuvre du système de pouvoir, l’état doit isoler les pratiques d’autodétermination, de lutte, de solidarité, et d’attaque, puisqu’elles affaiblissent l’idée de la nécessité même de son existence, de sa prétention de totalité du contrôle car il a besoin d’empêcher la possibilité de s’auto organiser, tout comme la possibilité de reconnaitre ses propres et réels ennemis, pour qu’elle ne puisse pas prendre la forme d’une guerre sociale pour la subversion de ce système de domination tout comme celle d’y prendre part. Il cherche à endiguer une conflictualité anti-sociale qui ne se résigne pas au renouveau des groupes fascistes tolérés par une société aliéné, ni à l’imposition d’un système sécuritaire technologique et militaire pour défendre une ville-vitrine. Il cherche à représenter l’existence et l’agir de qui est accusé pour les pratiques d’attaque et de qui les soutien de manière à en invisibiliser les motifs.

Notre vécu et nos pratiques nous appartiennent, tout comme nos différences et nos tensions. Ils font partie de nos histoires et nos existences, pas comme une faiblesse mais comme une potentialité. Ils ne nous verrons pas dans leur petit théâtre, nous ne seront pas à leur échéances mais nous saurons nous donner le temps et les modalités. Nous ne prendrons pas des lèvres d’une sentence déjà écrite, ni d’une caution démocratique avec laquelle aujourd’hui les vies de qui n’a pas de place dans cette partie du monde, qui se fortifie toujours plus pour son bien être et ses privilèges, sont déchirées.

A Florence le 20 avril nous continuerons à être une ville où depuis toujours a été présente la critique anarchiste pour continuer à dire qu’il ne peuvent pas nous effacer et pour revendiquer avec nos pratiques d’attaque et de solidarité à toustes les anarchistes prisonnièr.es et inculpé.e.s.

FEUX PRISONS, LIBERX TUTTX !

Samedi 20 Avril
Rassemblement de solidarité à 16 h
Piazza dell’unità
Zona Santa Maria Novella
Firenze

Des individualités anarchistes

 

* Trattamento sanitario obbligatorio : Traitement Sanitaire Obligatoire (obligation de soin)

[Depuis cracherdanslasoupe.noblogs.org].

(it) E’ stato pubblicato il numero 10 di “Brecce”

E’ stato pubblicato il numero 10 di “Brecce”, giornale murale aperiodico, aprile 2019.

Per scaricare e stampare il foglio cliccare qui.

In questo numero:
Effluvi di guerra
Le collanine di Pizarro
Ordinata cultura
Destinati e destinatari

Per contatti: Biblioteca Anarchica Occupata “Disordine”, via delle Giravolte 19/A, Lecce. Apertura: ogni giovedì dalle ore 19.00 alle 22.00. E-mail: disordine[at]riseup[dot]net

(it-en) Grecia: Il compagno anarchico Panagiotis Argyrou è stato scarcerato

Grecia: Il compagno anarchico Panagiotis Argyrou è stato scarcerato

Panagiotis Argyrou era stato arrestato il 1° novembre 2010, dopo un anno di vita in clandestinità durante una campagna della Cospirazione delle Cellule di Fuoco per inviare pacchi-bomba ai leader europei, agli uffici delle istituzioni europee e alle ambasciate di paesi stranieri.

Lui ha immediatamente rivendicato la piena responsabilità politica per la sua partecipazione nella Cospirazione delle Cellule di Fuoco, ed è rimasto in carcere 8 anni e 5 mesi con condanne pesanti che avevano raggiunto un totale di 220 anni, prima del secondo grado (prima sentenza: “Caso Halandri” 37 anni, “Caso Bombe” 10 anni, “Caso Progetto Fenice” 21 anni, caso che includeva tutte le azioni della Cospirazione delle Cellule di Fuoco 23 anni, “Caso Piano di fuga” 115 anni, caso per l’incendio dell’autobus cittadino 7 anni). Dopo aver scontato 1/2 e 1/3 della sua sentenza accorpata (25 anni), il compagno è stata rilasciato l’8 aprile 2019.

Libertà per tutti!
Finché l’ultima prigione sarà distrutta!
Sosteniamo moralmente, materialmente e politicamente i combattenti detenuti…

Fondo solidale per combattenti imprigionati e perseguitati

[Tratto da anarhija.info].

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Greece: Anarchist Comrade Panagiotis Argyrou Released from Prison

Panagiotis Argyrou was arrested on November 1st, 2010, following over a year of living in illegality during a campaign by the Conspiracy of Cells of Fire to send parcel bombs to European leaders, offices of European institutions and embassies of foreign countries.

He immediately claimed full political responsibility for his involvement in the Conspiracy of Cells of Fire and remained in prison for 8 years and 5 months with several convictions against him that reached a total of 220 years before the second instance (initial sentences: Halandri Case 37 years, Bombs Case 10 years, Phoenix Project Case 21 years, case involving all actions by Conspiracy of Cells of Fire 23 years, Escape Plan Case 115 years, City Bus Arson Case 7 years). After serving 1/2 and 1/3 of his merged sentence (25 years under the sentence cap), the comrade was released on the 8th of April, 2019.

Freedom to all!
Until the last prison has been destroyed!
We support the imprisoned fighters morally, materially and politically…

Solidarity Fund for Imprisoned and Persecuted Fighters

[From mpalothia.net].

(en-fr-es) Genoa, Italy: Arson Attack Against Poste Italiane

11.04.2019, Genoa, Italy: Arson Attack Against Poste Italiane

“Many of our people died, but you could not destroy anarchy.
Its roots are too deep,
it was born in the bosom of a rotten society that is collapsing,
it is a violent reaction against the established order,
it represents the aspirations of freedom and equality
who come to break authoritarianism.
It is everywhere, which makes it indomitable,
and in the end it will end up winning and it will kill you”.
– Ravachol

Governments of the past and present have succeeded with the murderous and neo-colonialist policies of neo-liberalism. When it comes to hostile reception of refugees or fueling xenophobia and racism, European countries and all Western governments have promoted and financed wars and created social destabilization where it is convenient to preserve the interests of the oil, arms and mineral trades. The consequences of these death policies are managed today with an iron fist resulting in the closure of borders and ports, deportations, murders at sea and arrests at the borders.

Italian laws create ‘illegal’ men and women who are subjected to blackmail, exploitation and slavery in a society where wealth is extremely polarized.

As part of the Italian government agreement with Libya it provides them with the means to patrol the coasts and collaborates with them in the construction of concentration camps where mercenaries and prison guards, trained by Italian Carabinieri, systematically torture, rape and murder.

During the night between April 10th and the 11th, some Italian postal vehicles were attacked. Let us not forget the cowardly, direct role of the Italian post office in the deportation of refugees. We carried out this small gesture as an act of revenge.

Solidarity with those who fight against this system of exploitation and against State violence.
Violent revolutionary solidarity with prisoners and comrades worldwide.
A sweet memory for all comrades who have fallen in combat.
And finally, support to all the comrades in the forest, these words are dedicated to you. Strength!

Anarchists for Internationalist Solidarity

[From mpalothia.net].

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11.04.2019, Gênes, Italie : Des véhicules de Poste Italiane attaqués

« Nos morts sont nombreux, mais vous n’avez pas pu détruire l’Anarchie. Ses racines sont profondes : elle est née au sein d’une société pourrie qui s’affaisse ; elle est une réaction violente contre l’ordre établi ; elle représente les aspirations d’égalité et de liberté qui viennent battre en brèche l’autoritarisme actuel. Elle est partout. C’est ce qui la rend indomptable, et elle finira par vous vaincre et par vous tuer ».
– Ravachol

Les gouvernements de hier et d’aujourd’hui se succèdent, avec les politiques néocoloniales et assassines du néolibéralisme. Qu’ils parles d’accueil ou qu’ils nourrissent xénophobie et racisme, les pays européens et tous les gouvernements occidentaux à capitalisme avancé ont favorisé et financé des guerres ou bien ils ont crée des situations de déstabilisation sociale, là où cela sert à la conservation des intérêts du commerce de pétrole, d’armes et des minéraux. Les conséquences de ces politiques mortifères sont gérées aujourd’hui avec une main de fer, avec la fermeture des frontières et des ports et avec déportations, assassinats en mer et arrestations aux frontières.

Les lois italiennes produisent des « irréguliers », hommes et femmes soumis tout le long de leurs vies au chantage, à l’exploitation et à l’esclavage, pour une société dans laquelle la richesse est de plus en plus polarisée.

Le gouvernement italien maintient des accords avec le libyen : il le fournit en instruments pour patrouiller ses côtes et il collabore à la construction de camps où mercenaires et matons, endoctrinés par les Carabinieri italiens, torturent, violent et tuent systématiquement.

Dans la nuit du 10 au 11 avril, on a attaqué des véhicules de Poste Italiane. On n’oublie pas le rôle direct et lâche de Poste Italiane dans la déportation des migrants. Ce geste est une petite forme de vengeance.

Solidarité avec ceux qui luttent contre ce système d’exploitation et contre la violence de l’État.
Solidarité révolutionnaire violente avec les compagnons et les compagnonnes prisonnières partout dans le monde.
Un doux souvenir pour les compagnonnes et les compagnons tombés au combat.
Enfin, courage à tous les compagnons et compagnonnes qui sont en cavale, ces lignes sont pour vous. Bon vent !

Anarchistes pour la solidarité internationaliste

[Depuis attaque.noblogs.org].

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11.04.2019, Génova, Italia: Ataques a vehículos de la oficina de correos italiana

“Mucha de nuestra gente murió, pero no se pudo destruir la anarquía.
Sus raíces son demasiado profundas,
nació en el seno de una sociedad podrida y que se derrumba,
Una reacción violenta contra el orden establecido.
Representa las aspiraciones de libertad e igualdad.
Que vienen a romper el autoritarismo.
Está en todas partes, lo que lo hace indomable.
Y entonces él terminará ganándote y matándote”.
– Ravachol

Los gobiernos de ayer y de hoy han tenido éxito en las políticas asesinas neocolonialistas y neoliberales. Hablando de bienvenida o alimentando la xenofobia y el racismo, los países europeos y todos los gobiernos occidentales con el capitalismo avanzado, han promovido y financiado guerras o creado desestabilización social donde es conveniente preservar los intereses del comercio de petróleo, armas y minerales. Las consecuencias de estas políticas de muerte se manejan hoy con un puño de hierro con el cierre de fronteras, puertos y deportaciones, asesinatos en el mar y detenciones en las fronteras.

Las leyes italianas fabrican hombres y mujeres “irregulares” para ser sometidos a chantajes, explotación y esclavitud para una sociedad donde la riqueza está cada vez más polarizada.

El gobierno italiano lleva a cabo acuerdos que le proporciona medios para patrullar las costas y colaborar en la construcción de campos de concentración donde mercenarixs y carcelerxs, adoctrinadxs por carabinerxs italianxs, realizan torturas, violaciones y asesinatos sistemáticos.

Durante la noche entre el 10 y el 11 de abril, algunxs carterxs italianxs fueron atacadxs. No olvidemos el papel directo y cobarde de la oficina de correos italiana en la deportación de migrantes. Este es un pequeño gesto como forma de venganza.

Solidaridad con quienes luchan contra este sistema de explotación y contra la violencia estatal.
Violenta solidaridad revolucionaria con lxs presxs y compañerxs de todo el mundo.
Un dulce recuerdo para las compañeras y los compañeros caídxs en la batalla.
Y finalmente, un estímulo para todxs los compañeros y compañeras del bosque, estas líneas también están dedicadas a ustedes. Fuerza!

Anarquistas por la solidaridad internacionalista

[Fuente e traducción: anarquia.info].

(it) Firenze, Italia: Senza tregua per l’anarchia (20/04/2019)

Senza tregua per l’anarchia

Testo d’indizione del presidio solidale con gli anarchici prigionieri ed imputati a seguito dell’operazione “Panico” (di cui il 9 maggio vi sarà la sentenza) e delle altre operazioni e vicende repressive.

Sabato 20 aprile 2019 – Presidio di solidarietà – Ore 16.00
Piazza dell’unità – zona Santa Maria Novella – Firenze

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(it-fr) Cremona, Italia: Quello che non vi dicono. Libertà per Tommy

Quello che non vi dicono. Libertà per Tommy

Nella mattinata di mercoledì 10 aprile si è svolto il processo a carico di Tommy, un nostro compagno che ha tentato di resistere ad un fermo di polizia sotto casa di un fascista (che nei giorni precedenti si era messo in mostra con alcune provocazioni vigliacche) nel pomeriggio di venerdì 5 aprile. Fuori da un tribunale militarizzato, un gruppo di compagne e compagni ha espresso la propria solidarietà ribadendo che è giusto attaccare polizia e fascisti. Durante il presidio alcuni giornalisti hanno cercato di rendere omaggio al loro lavoro di infami (ben protetti dalla polizia) ed è volato qualche insulto nei loro confronti, soprattutto alla nota giornalista de ”La Provincia” Francesca Morandi, confermandosi avanguardia dei pennivendoli di regime nostrani.

Dopo circa un’ora è uscita la sentenza: un anno, otto mesi e dieci giorni di reclusione per Tommy per le accuse di resistenza, danneggiamento aggravato, lesioni, minacce e oltraggio. Nelle prossime ore capiremo se verrà accolta la richiesta di scarcerazione, se dovrà scontare la detenzione domiciliare o rimarrà in carcere.

Dopo la sentenza alcuni refrattari all’autorità hanno passeggiato nelle vie del mercato, volantinando e passando a trovare l’amato Sindaco Galimberti davanti alla sua sede elettorale insieme ad una soave musica di protesta. Ci si è fermati inoltre nel luogo dove è stato arrestato Tommy ribadendo la propria complicità con il compagno e l’odio per i fascisti, senza dimenticarsi qualche regalino sul portone di casa della merda fascista (luogo trasformatosi magicamente in bar per la stampa locale).

Nel ringraziare tutte le amiche e gli amici, i compagni e le compagne che hanno portato la loro preziosissima solidarietà a Tommy, non resta che ribadire: «… Contro sbirri e fascisti, più vetri rotti! Ribaltiamo questo mondo… Tommy libero! Tutte e tutti liberi!».

Aggiornamento:

Il giudice ha respinto la richiesta di scarcerazione per Tommy.

Per scrivergli:

Tommaso Fontana 
C. C. Cà del Ferro
via Palosca 2
26100 Cremona

Tommy libero! Tutte e tutti liberi!

[Tratto da csakavarna.org].

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Ce qu’ils ne vous disent pas. Liberté pour Tommy

Dans la matinée du mercredi 10 avril, a eu lieu le procès contre Tommy, l’un de nos compagnons qui a tenté de résister à une arrestation policière sous la maison d’un fasciste (qui, les jours précédents, avait fait preuve de quelques lâches provocations) vendredi 5 avril dans l’après-midi. Devant un tribunal militarisé, un groupe de compagnons a exprimé sa solidarité en réaffirmant qu’il est juste d’attaquer la police et les fascistes. Pendant le rassemblement, quelques journalistes ont essayé de rendre hommage à leur travail d’infâmes (bien protégé par la police) et quelques insultes ont volé, surtout pour la célèbre journaliste de « La Provincia » Francesca Morandi, se confirmant comme l’avant-garde des pennivendoli* de notre régime.

Au bout d’une heure environ, la sentence a été prononcée : un an, huit mois et dix jours d’emprisonnement pour Tommy pour des accusations de résistance, dommages aggravés, blessures, menaces et outrage. Dans les prochaines heures, nous verrons si la demande de libération sera accordée, s’il purgera sa peine à domicile ou s’il restera en prison.

Après la sentence, quelques réfractaires de l’autorité ont marché dans les rues du marché, en tractant et en allant trouver le bien-aimé maire Galimberti devant son siège électoral avec une douce musique de protestation. Nous nous sommes également arrêtés à l’endroit où Tommy a été arrêté, réitérant notre complicité avec le compagnon et notre haine pour les fascistes, sans oublier quelques petits cadeaux sur la porte d’entrée de la merde fasciste (un lieu qui s’est magiquement transformé en bar pour la presse locale).

En remerciant tous les amis, compagnons et compagnonnes qui ont apporté leur précieuse solidarité à Tommy, il ne reste plus qu’à réitérer : « …contre les flics et les fascistes, plus de vitres cassées ! Renversons ce monde..Tommy libre ! Tous  et toutes libres ! ».

* Pennivendoli : écrivains-vendus, personne qui se met au service de qui lui procurera le plus d’avantages économiques et autres.

Mise à jour :

Le juge a rejeté la demande de libération de Tommy.

Pour lui écrire :

Tommaso Fontana 
C. C. Cà del Ferro
via Palosca 2
26100 Cremona
Italia

Tommy libre ! Liberté pour tous !

[Depuis cracherdanslasoupe.noblogs.org].

(it-fr) Firenze, processo per l’operazione “Panico”: Aggiornamenti dall’udienza del 4 aprile 2019 e nuova calendarizzazione delle udienze

https://anarhija.info/library/g-p-grecia-per-i-13-anni-di-carcere-a-irianna-14-0-1.jpgAggiornamenti dall’udienza del 4 aprile e nuova calendarizzazione delle udienze

All’udienza era presente Paska ed una decina di compagni. All’inizio Paska ha fatto una breve dichiarazione per mettere a conoscenza del fatto che gli sta venendo fotocopiata la corrispondenza nonostante non sia sottoposto a censura da parte dell’autorità giudiziaria. Per questo, vista la persistenza di una fastidiosa ulteriore sorveglianza nei suoi confronti, è rinnovata l’importanza di scrivergli per mostrare la nostra solidarietà per lui, e la nostra ostilità nei loro confronti. Successivamente ha deposto la Digos in merito all’attribuzione di identità dei conversanti in alcune intercettazioni ambientali. Continue reading

(it) Genova, Italia: Attaccati mezzi di Poste Italiane

Tratto da roundrobin.info

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Riceviamo e pubblichiamo:

“Molti dei nostri sono morti, ma voi non avete potuto distruggere l’anarchia.
Le sue radici sono troppo profonde,
essa è nata nel seno di una società putrescente e che si sfascia,
essa è una reazione violenta contro l’ordine stabilito,
essa rappresenta le aspirazioni di libertà e di uguaglianza
che vengono a battere in breccia l’autoritarismo.
Essa è ovunque, il che la rende indomabile,
e quindi finirà per vincervi e uccidervi.”
Ravachol

Governi di ieri e di oggi si sono succeduti nelle politiche neocolonialiste ed assassine del neoliberismo. Parlando di accoglienza o alimentando xenofobia e razzismo i paesi europei e tutti i governi occidentali a capitalismo avanzato hanno promosso e finanziato guerre o creato destabilizzazioni sociali dove conveniente al conservare interessi dei commerci di petrolio, armi e minerali. Le conseguenze di queste politiche di morte sono oggi gestite col pugno di ferro con la chiusura delle frontiere, dei porti e con deportazioni, omicidi in mare e catture ai confini.

Le leggi italiane fabbricano “irregolari” uomini e donne da sottoporre a vita al ricatto, allo sfruttamento e allo schiavismo, per una società dove la ricchezza è sempre più polarizzata.

Il governo italiano porta avanti accordi con quello libico fornendolo di mezzi per il pattugliamento delle coste e collaborando alla costruzione di lager dove mercenari e carcerieri, indottrinati dai carabinieri italiani, torturano, stuprano ed uccidono sistematicamente.

Nella notte tra il 10 e l’11 aprile sono stati attaccati alcuni mezzi di poste italiane. Non dimentichiamo il ruolo diretto e vigliacco di poste italiane nella deportazioni dei migranti. Questo è un piccolo gesto come forma di vendetta.

Solidarietà con chi lotta contro questo sistema di sfruttamento e contro la violenza dello Stato.
Solidarietà rivoluzionaria violenta con i compagni e le compagne prigioniere in tutto il mondo.
Un dolce ricordo per le compagne e i compagni caduti in battaglia.
E in fine un incoraggiamento a tutti i compagni e le compagne uccel di bosco, queste righe sono dedicate anche a voi. Forza!

Anarchici per la solidarietà internazionalista

(it) Cosa vogliono gli anarchici?

Nota bene: La persona tratta in arresto a Zurigo il 29 gennaio 2019 per le accuse relative ad un attacco incendiario contro diversi veicoli dell’esercito svizzero a Hinwil (Zurigo) il 27 settembre 2015, per un attacco incendiario contro l’antenna radio per le comunicazioni della polizia a Waidberg (Zurigo) il 10 luglio 2016 e per l’inserimento di manifesti (la polizia crede di conoscere una data per questo, il 16 novembre 2017) nella vetrina della Biblioteca Anarchica Fermento che presumibilmente invitavano a causare “danni alla proprietà e violenza contro aziende e persone che fanno parte dello sviluppo del carcere Bässlergut a Basilea e alla costruzione del PJZ a Zurigo”, nel mese di settembre 2019 ha consapevolmente collaborato con la polizia svizzera redigendo e depositando presso l’ufficio della pubblica accusa una dichiarazione in cui rende affermazioni che potranno essere utilizzate dalle forze dell’ordine contro un compagno anarchico latitante e ricercato da luglio 2016 per le stesse azioni. Oltre a ciò, ha rivolto i sospetti verso alcuni amici e conoscenti. L’ex gruppo di solidarietà ha diffuso un testo su questa miserabile vicenda.


Quello che segue è un contributo inviato da un compagno detenuto nel carcere di Zurigo (Svizzera) alla discussione pubblica Cosa vogliono gli anarchici?, tenutasi presso la biblioteca anarchica Fermento il 9 febbraio.
Il compagno in questione è stato arrestato il 29 gennaio scorso, accusato dell’incendio di una decina di veicoli dell’esercito nella base militare di Hinwil avvenuto nel settembre 2015, e di quello di una antenna-radio della polizia a Zurigo nel luglio 2016, oltre ad essere accusato di istigazione a delinquere – tramite l’affissione di un manifesto all’interno della biblioteca – ai danni del centro per immigrati di Bässlergut attualmente in costruzione a Basilea e del centro di Polizia e Giustizia a Zurigo.
In Svizzera, la carcerazione preventiva viene prorogata di tre mesi in tre mesi… e può durare diversi anni nell’attesa di un processo.


 

Cari compagni
In occasione della discussione attorno alla questione “Cosa vogliono gli anarchici?” voglio sedermi e mettere su carta alcune riflessioni che sicuramente vi arriveranno con un po’ di ritardo, dato che qui tutto deve passare attraverso la censura.
Cosa vogliono gli anarchici? Non stare in carcere. È questa la prima cosa che mi viene in mente. Ma ciò dimostra chiaramente, proprio come le porte blindate che ho davanti agli occhi, che volere qualcosa non è sufficiente. Senza le condizioni che permettano di afferrare l’oggetto della volontà nella realtà e di superarla con l’azione, ciò rimane la mera espressione di un desiderio, come capita a coloro che ancora credono in Babbo Natale o che, ormai adulti, credono in una forza oggettiva che influenza il mondo e che un giorno ci libererà. Si chiami essa Dio, Ragione, Dialettica o Progresso. Niente di simile.
Per gli anarchici, ognuno di questi principi astratti rappresenta lo stesso inganno. E può darsi che abbiamo riflettuto troppo poco sul fatto che presso gli antichi greci, prima di diventare sinonimo di dominio, archê designava il principio primario, alla base di tutto. È a partire da questo elemento religioso originario che si è sviluppata la giustificazione dell’autorità e infine del mostro dello Stato.
Quindi, in mancanza di Weltgeist [spirito del mondo], come lo chiamava Hegel, o di materialismo dialettico nella variante diretta di Marx, dobbiamo liberarci da soli. E perché questo accada, bisogna ovviamente volerlo. Ma la volontà può anche essere una prigione per noi. Per esempio, in certi momenti le atrocità che abbiamo attorno mi hanno fatto sentire più prigioniero fuori che dentro. Qui, la volontà viene necessariamente ridotta in un perimetro. Ma fuori si scontra con altri muri, meno evidenti e per questo motivo ancora più insidiosi. Sono questi che dobbiamo prima di tutto identificare e demolire pietra su pietra, affinché un giorno possano crollare i muri materiali delle prigioni.
Ecco perché non desidero parlare qui della bellezza dell’anarchia, della purezza dei principi anarchici. Si tratta di cose nobili a proposito delle quali possiamo fare riferimento a un intero secolo di propaganda anarchica. Intendo concentrare la mia attenzione meno sul problema del «Cosa» che su quello del «Volere».
Noi possiamo volere solo ciò che in un modo o nell’altro comprendiamo e che quindi riusciamo ad immaginare, foss’anche la più singolare delle utopie. Ciò significa che il nostro volere non è assolutamente libero come quelli su cui per molto tempo si è basata la tradizione volontaristica di tanti anarchici. Dipende dal nostro immaginario, dalla nostra cultura nel senso più ampio del termine. Questi non implicano soltanto la tradizione letteraria e l’istruzione generale, ma anche ciò che mangiamo e come, il modo in cui ci vestiamo, ci relazioniamo, comunichiamo, amiamo, in pratica tutti gli aspetti della vita quotidiana. In una società in procinto di far rientrare tutti questi aspetti in un cerchio chiuso amministrato dalla tecnologia, il potere si dà la possibilità di separare sempre più la cultura dalla realtà. Ciò non riguarda solo la massa maggioritaria degli esclusi, amministrati passivamente, ma anche coloro che occupano posti amministrativi. In tal senso, si può dire che la tecnologia abbia progressivamente incorporato lo Stato, le vecchie strutture di dominio politiche ed economiche.
Alcuni hanno usato il concetto di derealizzazione in un tentativo ancora stentato di comprendere questa evoluzione che ingloba tutto e che richiede tutti i nostri sforzi. Non bisogna intendere la tecnologia unicamente come un insieme di apparati, ma prima di tutto come un velo inconsistente di forme e contenuti che ricopre vieppiù la realtà, cercando di sostituirla come riferimento. Una volta sigillatosi questo cerchio, i contenuti culturali e il nostro immaginario non potranno più offrire sbocchi di azione liberatrice alla nostra volontà, che ha bisogno di avere almeno un contatto con la sostanza reale del potere (in tutti i suoi aspetti) e dello sfruttamento. La volontà di liberarsi si trasformerà in un mero surrogato di azioni simboliche, rinchiuse nel loro universo culturale di schemi di pensiero separati. Con slogan e simboli pesanti, chiacchiere e rituali dilaganti. Inutile sottolineare che anche gli anarchici sono influenzati da questa evoluzione. E questo può essere dovuto al fatto che crediamo un po’ troppo di avere la verità o il rosario dei principi in tasca, e non riteniamo necessario insistere nell’approfondimento dei problemi che, alla fin fine, pongono pur sempre la questione dell’agire nella realtà.
Gli anarchici hanno un’idea di libertà che non può essere suddivisa in gradazioni o per settori, né racchiusa in parole. Dal momento che non vogliono né un semplice adeguamento del dominio esistente, né l’avvento di un nuovo dominio sotto altre forme, devono partire da una visione globale. Il nostro pensiero è costretto ad afferrare il mondo in concetti e situazioni separati per agevolare la comprensione. Tuttavia, il mondo nella sua totalità, così come l’idea di libertà, è unico e indivisibile e trova spazio solo nel nostro cuore. Altrimenti, risulterebbe incomprensibile l’affermazione di Bakunin, secondo cui non possiamo essere veramente liberi finché un solo essere umano nel mondo si trovi in catene. Oggi più che mai, penso che abbiamo bisogno di imparare a non prestare attenzione solo alle parole che spesso sono fuorvianti, ma più al cuore, a ciò che risuona tra le parole. Se a comunicare sono solo le parole, la ricerca dell’affinità alla fine può essere vana. Un giorno qualcuno ha detto che colui che ha una testa d’asino non può scoprirsi all’improvviso un cuor di leone.
Mi sembra che oggi la sola via d’uscita per la ribellione sia di mirare direttamente al cerchio sopra menzionato. E questo include anche l’appropriazione dei mezzi culturali di cui il potere cerca di privarci a tutti i livelli. Un elemento è certamente la conoscenza sull’oggetto della volontà, la quale potrebbe diventare persino un ostacolo e perdere il contatto con la realtà qualora avesse una pretesa esclusiva. Un altro elemento, ancora più importante, è costituito da alcune qualità che possono apparire assai poco moderne, ma che sono la base per il superamento della volontà nell’azione: in primo luogo il coraggio, la determinazione, ma anche, nient’affatto in opposizione, l’amore nel suo fondamento universale, l’apertura nei confronti degli altri, la sensibilità, la creatività.

Il libro, che fino a un certo momento sembrava essere al centro dell’evoluzione culturale, è diventato un oggetto fuori moda, con la sua pretesa di rinchiudere il mondo in una copertina. Ovviamente possiamo mandarlo all’inferno. Eppure, è un tesoro quasi inesauribile di stimoli divenuti rari al giorno d’oggi che potrebbe sfuggirci, come occasione di riflessione provvisoria per approfondire e radicare gli elementi che ho citato.
Per concludere, penso che gli anarchici vogliano la trasformazione rivoluzionaria dell’ordine statale basato sulla violenza, con tutta la sua storia di guerre, sfruttamento e miseria di massa per procurare privilegi ad un gruppo dominante. Una trasformazione nel senso di un’associazione senza Stato, decentralizzata e auto-organizzata, di individui, di gruppi, di comunità, ecc. Non tutti, ma la maggior parte delle persone sono dell’avviso che le attuali condizioni tecnologiche di produzione siano incompatibili con la prospettiva di un’autonomia in libertà. Gli anarchici vogliono organizzarsi nello specifico in minoranza rivoluzionaria per lottare in prima persona, oltre che per incoraggiare l’auto-organizzazione nelle lotte. Solo questa può essere la base di una trasformazione rivoluzionaria che non conduca al potere un nuovo gruppo politico. Non tutti, ma la maggior parte ritengono che una tale trasformazione non possa essere il risultato di una Grande sera o di un mero lavoro pedagogico, ma che possa realizzarsi solo attraverso una lunga e talvolta dolorosa serie di lotte intermedie e di tentativi insurrezionali degli oppressi. Ecco perché cercano di capire sufficientemente i mutamenti delle realtà e dei conflitti sociali in senso globale, per mettersi in gioco non come elementi estranei ma facendo proposte e prendendo l’iniziativa, laddove intravedano un potenziale sviluppo in tale direzione.
Certamente potrei sbagliarmi, ma è quello che penso nell’attingere dall’esperienza del movimento anarchico, e anche ciò che penso personalmente. Ritengo inoltre che stiano avvenendo dei cambiamenti globali del potere, il che potrebbe significare la nostra perdita senza che ce ne accorgiamo, se non ci apriremo al nuovo. E il nuovo arriva sempre attraverso l’azione.
Mi auguro che la serata darà luogo ad una vivace discussione, con nessun timore di contraddire e confrontarsi, e non per la volontà di avere ragione, ma per quella di meglio comprendere per meglio agire. In fin dei conti, teniamolo sempre a mente, è niente di meno che la nostra vita ad essere in gioco.

«Bisogna avere un caos dentro di sé, per generare una stella danzante»
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra

8 febbraio 2019, carcere di Zurigo

[Tratto da finimondo.org].

(it-en-es) Italia: Davide Delogu trasferito dal carcere di Augusta a quello di Rossano Calabro

Davide Delogu trasferito dal carcere di Augusta a quello di Rossano Calabro

Il compagno anarchico sardo Davide Delogu è stato trasferito dal carcere di Augusta (provincia di Siracusa, in Sicilia) a quello di Rossano Calabro (provincia di Cosenza, in Calabria). L’indirizzo cui poter spedire lettere, telegrammi, libri, ecc., è il seguente:

Davide Delogu
c/o Casa di Reclusione di Rossano Calabro
Contrada Ciminata
87067 Corigliano-Rossano (Cs)

Dal giorno 11.03.2019 e nel corso del mese di marzo il compagno era in sciopero della fame perché la nuova direttrice del carcere di Augusta (Angela Lantieri) appena arrivata aveva da subito revocato il permesso di colloquio che Davide fa con una compagna sarda (unico colloquio che attualmente ha possibilità di fare). Inoltre aveva accompagnato lo sciopero con mancati rientri in cella varibili tra i 30 e i 60 minuti e battiture quotidiane in cella.

Solidarietà con l’anarchico Davide Delogu!

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Davide Delogu transferred from Augusta to Rossano Calabro prison (Italy)

The anarchist sardinian comrade Davide Delogu was transferred from the Augusta prison (province of Syracuse, in Sicily) to that of Rossano Calabro (province of Cosenza, in Calabria). The address to which letters, telegrams, books, etc., can be sent is as follows:

Davide Delogu
c/o Casa di Reclusione di Rossano Calabro
Contrada Ciminata
87067 Corigliano-Rossano (Cs)
Italia (Italy)

From 11.03.2019 and during the month of March the comrade was on a hunger strike because the new director of the Augusta prison (Angela Lantieri) who had just arrived had immediately revoked the meeting permit that Davide makes with a Sardinian comrade (the only meeting he can currently do). He had also accompanied the strike with missed returns in the cell varying between 30 and 60 minutes and daily keystrokes in the cell.

Solidarity with anarchist Davide Delogu!

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Davide Delogu trasladado desde la prisión de Augusta a la de Rossano Calabro

El compañero anarquista sardo Davide Delogu fue trasladado desde la prisión de Augusta (provincia de Siracusa, en Sicilia) a la de Rossano Calabro (provincia de Cosenza, en Calabria). La dirección a la que se pueden enviar cartas, telegramas, libros, etc. es la siguiente:

Davide Delogu
c/o Casa di Reclusione di Rossano Calabro
Contrada Ciminata
87067 Corigliano-Rossano (Cs)
Italia (Italy)

Desde el 11.03.2019 y durante el mes de marzo el compañero estuvo en huelga de hambre porque la nueva directora de la prisión de Augusta (Angela Lantieri) nada más llegar revocó inmediatamente el permiso de reunión que Davide tenía con un compañero sardo (el único encuentro que actualmente puede tener). Acompañó también la huelga con negativas a regresar a su celda variando entre 30 y 60 minutos y con “chapeos” diarios en la celda.

¡Solidaridad con el anarquista Davide Delogu!

[Traduccion de vozcomoarma.noblogs.org].

(it-en-es) Italia: Trasferite nel carcere de L’Aquila le compagne anarchiche detenute nella sezione AS2 del carcere di Roma Rebibbia

Trasferite nel carcere de L’Aquila le compagne anarchiche detenute nella sezione AS2 del carcere di Roma Rebibbia

Le compagne anarchiche detenute nella sezione AS2 (“Alta Sicurezza 2”) del carcere di Roma Rebibbia sono state trasferite nel carcere de L’Aquila. Si tratta di Anna (in carcere dal 6 settembre 2016 per l’operazione “Scripta manent”, di cui attualmente si sta svolgendo il a processo a Torino e che a breve arriverà alla sentenza di primo grado, per cui il pubblico ministero ha già fatto richiesta di condanna), Silvia (arrestata il 7 febbraio 2019 nel contesto dell’operazione “Scintilla” e dello sgombero dell’Asilo Occupato a Torino) e Agnese (arrestata il 19 febbraio 2019 per l’operazione “Renata” in Trentino). E’ stata istituita una sezione AS2 femminile nel carcere de L’Aquila. Qui di seguito gli indirizzi:

Anna Beniamino
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila

Silvia Ruggeri
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila

Agnese Trentin
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila

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The anarchist comrades detained in the AS2 section of Rome Rebibbia prison were transferred to the prison of L’Aquila (Italy)

The anarchist comrades detained in the AS2 section (“High Security 2”) of the Roma Rebibbia prison were transferred to the prison of L’Aquila. They are Anna (in prison since 6 September 2016 for the “Scripta manent” operation, of which a trial is currently taking place in Turin and which will soon reach the first instance sentence, for which the prosecutor has already done conviction request), Silvia (arrested on 7 February 2019 in the context of the “Scintilla” operation and the eviction of Asilo Occupato in Turin) and Agnese (arrested on 19 February 2019 for the “Renata” operation in Trentino). A women’s AS2 section was established in the prison of L’Aquila. Here are the addresses:

Anna Beniamino
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila
Italia (Italy)

Silvia Ruggeri
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila
Italia (Italy)

Agnese Trentin
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila
Italia (Italy)

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Las compañeras detenidas en la sección AS2 (Alta Seguridad 2) de la prisión de Rebibbia, en Roma, fueron trasladadas a L’Aquila

Las compañeras anarquistas detenidas en la sección AS2 (Alta Seguridad 2) de la prisión de Roma Rebibbia fueron trasladadas a la prisión de L’Aquila. Son Anna (en prisión desde el 6 de septiembre de 2016 por la Operación Scripta Manent, por la cual está teniendo lugar un juicio actualmente en Turín en el que pronto se alcanzará la sentencia de primera instancia, por la cual la fiscalía ya ha hecho una petición de condena), Silvia (arrestada el 7 de febrero de 2019 en el contexto de la Operación Chispa y el desalojo del Asilo Occupato en Turín) y Agnese (arrestada el 19 de febrero de 2019 por la Operación Renata en Trentino). Una sección AS2 de mujeres fue establecida en la cárcel de L’Aquila. Aquí van las direcciones:

Anna Beniamino
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila
Italia

Silvia Ruggeri
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila
Italia

Agnese Trentin
C. C. de L’Aquila
via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100 L’Aquila
Italia

[Traduccion de vozcomoarma.noblogs.org].

(it) Quale internazionale? Intervista e dialogo con Alfredo Cospito dal carcere di Ferrara (prima e seconda parte, da “Vetriolo” n. 2 e 3)

Il testo che segue sono le parti prima e seconda di “Quale internazionale? Intervista e dialogo con Alfredo Cospito dal carcere di Ferrara”, parti di un dibattito che alcuni compagni stanno intraprendendo con il compagno anarchico prigioniero Alfredo Cospito, pubblicate rispettivamente nei numeri 2 (autunno 2018) e 3 (inverno 2019) del giornale anarchico in lingua italiana “Vetriolo”. Complessivamente sono state elaborate otto domande, per la verità non proprio dei quesiti ma degli interventi, in qualche caso polemici, per discutere e dibattere con il compagno. Data la complessità e la vastità degli argomenti trattati tutto il testo non poteva e non può essere integralmente pubblicato sulle pagine di un solo numero del giornale. La pubblicazione dell’intervista/dialogo proseguirà, sempre suddivisa in parti, a partire dal prossimo numero e successivamente, quando verrà terminata la pubblicazione in “Vetriolo”, vi è l’intenzione di pubblicare integralmente tutte le domande e le risposte in un libretto o in un opuscolo. Nel frattempo, su richiesta di Alfredo, pubblichiamo anche tramite internet le parti prima e seconda, ovvero quelle fino ad ora uscite nel giornale e, con l’occasione, correggiamo dei refusi e degli errori di battitura presenti alle pagine 6 e 7 del numero 3, dei quali ci scusiamo con i lettori e che riportiamo anche qui di seguito.

Pagina 6, prima colonna: dove scritto “un rumore assordante di opinioni che si accumulano a vicenda” leggere “che si annullano a vicenda”.
Pagina 6, terza colonna: dove scritto “Solo l’irrilevanza rabbiosa dell’iniziativa individuale” leggere “Solo l’irruenza”.
Pagina 7, prima colonna: dove scritto “non avrà più necessità d’essere perché l’umanità non sarà più il potere di niente” leggere “non sarà più il motore di niente”.
Pagina 7, seconda colonna: dove scritto “non dobbiamo trattenerci ma correre in tanti” leggere “ma correre in avanti”.
Pagina 7, seconda colonna: dove scritto “fascisti e recuperato che dicono di sostenere quel movimento” leggere “fascisti e recuperatori”.

Per contatti: vetriolo[at]autistici[dot]org

 

QUALE INTERNAZIONALE?
Intervista e dialogo con Alfredo Cospito dal carcere di Ferrara

Prima parte

L’internazionalismo è sempre stato il principio che ha ispirato l’agire e l’orizzonte di quegli sfruttati che non accettano il ruolo nel quale la società li ha collocati. E’ da sempre un ottimo vaccino contro l’opportunismo di ogni sorta, una garanzia che chi lo pratica non è il venduto del proprio padrone o di un padrone straniero, ma è autentico nemico di ogni sfruttamento e autorità. L’internazionalismo come tensione, come spirito, non cambia col cambiare del tempo. Cambia però il modo con cui esso si fa reale nella storia. Da sempre riformisti, opportunisti e autoritari hanno cercato di pervertire l’internazionalismo ai propri interessi di bottega. La questione delle questioni, la leva per sollevare il mondo, è quindi l’Internazionale. Come, cosa deve essere oggi l’internazionale? Deve essere una “organizzazione” reale, una federazione di gruppi, un “partito mondiale”? Oppure ci possono strumenti o “strutture” che sono più vicine all’Idea anarchica e che sono più efficaci in questo periodo storico?

L’anarchismo come il socialismo “scientifico” sono sorti per opporsi ad un processo globale, il capitalismo e l’avvento della borghesia. Più che naturale che anarchici/e e marxisti/e fin dalle origini abbiano perseguito con alternate fortune una dimensione organizzativa internazionale. Nel XIX secolo con Bakunin l’anarchia abbandonò il piano filosofico, idealista per compiere i primi passi nel mondo reale. Prima contro il liberalismo messianico di Mazzini per poi scontrarsi con il socialismo statalista di Marx dando origine alla corrente autonomista federalista in seno alla prima Internazionale. Questi primi passi concreti dell’anarchismo furono fatti grazie a due organizzazioni internazionali che oggi potremmo definire “clandestine”, che agivano nell’ombra all’interno del “movimento reale”, quello dei lavoratori, dei proletari. L’Alleanza internazionale della democrazia socialista operante dal 1868 al 1872 e l’Alleanza internazionale dei socialisti rivoluzionari operante dopo il 1872. Per quanto paradossale possa sembrare ritengo ancora oggi di incredibile efficacia e attualità il tentativo di creare organizzazioni internazionali “clandestine” che agiscono sotto traccia all’interno dei movimenti di massa. La concezione “scientifica” di Marx non poteva tollerarlo ritenendola un’ingenuità, una forzatura, un residuo del cospirazionismo settecentesco. Un po’ come oggi la grande maggioranza del movimento anarchico non comprende il complottare di nascosto contro Stato e leggi. Fu per primo Engels a vedere nella “clandestinizzazione”, nel doppio livello il tentativo di egemonizzare l’Internazionale. Col tempo gli anarchici fecero infiniti tentativi di organizzarsi in maniera internazionale: Sant Imier nel 1872, Amsterdam nel 1907, Berlino nel 1921, Parigi nel 1949, Londra nel 1958, Carrara nel 1968 con la creazione dell’IFA… ma col tempo la prospettiva cospirativa si indebolì fino quasi a sparire. Quel “quasi” è costituito negli ultimi decenni soprattutto dagli sforzi delle Federazioni Giovanili Anarchiche agli inizi degli anni ’60 per apportare sotto il nome di “Primo Maggio”, attraverso l’azione distruttiva e la lotta armata, solidarietà alla Spagna sotto il tallone di Franco, e successivamente dal rinascere della prospettiva insurrezionale arricchita dal rilancio del “gruppo di affinità” e della progettualità informale. Fino ad arrivare ai giorni nostri con la nascita della FAI-FRI e con tutte quelle azioni sparse per il mondo che parlandosi tra di loro attraverso le rivendicazioni hanno concretizzato una sorta di “internazionale nera”. Prima di rispondere alla tua domanda su cosa oggi dovrebbe essere l’internazionale e come dovrebbe strutturarsi cerchiamo di chiarirci contro cosa questa internazionale deve muovere battaglia. Soffermiamoci un attimo sul concetto di capitalismo.

Quando si parla di capitalismo non si può non parlare di tecnologia e scienza. Fino a tutto il ‘500 quello della scienza e della tecnologia erano campi separati poi si creò un’osmosi crescente tra i due, fino agli albori del capitalismo più avanzato quando nell’800 scienza e tecnologia diventarono inscindibili. Alcuni sostengono (credo a ragione) che il capitalismo sia sostanzialmente il prodotto dell’unione tra scienza e tecnologia, per meglio dire dell’assoggettamento della scienza alla tecnologia. Quando oggi parliamo di imperialismo parliamo di rivoluzione scientifico-tecnologica. E questa “rivoluzione” porta ad un aumento degli sfruttati, le borghesie vanno assottigliandosi, i diseredati aumentano. Sempre meno persone detengono le conoscenze quindi le ricchezze sul nostro pianeta; questo “nuovo” imperialismo sta aumentando enormemente il divario tra inclusi ed esclusi. Responsabile di questa situazione una fetta esigua di umanità al servizio egli stati moderni e del capitale. Gli stati moderni ed il capitale hanno creato quelle premesse che potrebbero portare all’avvento di un mondo nuovo che scalzerà l’umanità come la conosciamo oggi annichilendo tutta la vita sul pianeta. Scienziati, matematici, biologi, informatici, chimici, ricercatori di tutte le branche della scienza, tecnocrati, tutta l’aristocrazia della conoscenza umana senza i grandi investimenti e le risorse che solo il capitalismo e gli stati con lo sfruttamento della maggioranza della popolazione sul pianeta gli possono dare non potrebbero nulla, tanto meno portare a termine quella “rivoluzione” già in atto da tempo che se portata a “buon” fine comporterà una tale trasformazione radicale della nostra natura che di fatto equivarrà, se non fermata, all’estinzione della specie umana almeno come la conosciamo oggi, ed il cambiamento non sarà certo in meglio. La “lotta di classe” rimane il motore di tutto, la nostra più grande risorsa ma unicamente se si scaglia in ugual misura contro Stato e capitale. Solo il capitalismo e gli stati moderni possono alimentare adeguatamente il processo tecnologico, tanto da portarci verso l’abisso. Ecco, io credo che questa internazionale debba lottare contro stati e capitale ed alimentare l’odio di classe, l’odio degli esclusi, dei poveri, dei proletari indirizzando le energie contro lobbisti, militari, industriali, ricchi, tecnocrati, politici, statisti, tecnici, scienziati. Contro tutti gli inclusi, coloro che detengono le conoscenze ed il capitale e quindi il potere qualunque esso sia. Non è più la tecnologia al servizio del capitale ma sempre più spesso il capitale al servizio della tecnologia è quella la direzione in cui stiamo andando. La logica che ci comanda è sempre meno il semplice profitto ma l’ancora più spietata logica scientifica; una volta fatta una scoperta scientifica è impossibile tornare indietro anche se la conseguente innovazione tecnologica ci porta per mano all’autodistruzione, lo abbiamo visto con le armi nucleari, lo vedremo con l’enormemente più devastante e incontrollabile intelligenza artificiale, si procede in automatico senza possibilità di ritorno. “Noi siamo condannati a tutto ciò che è stato inventato una volta per tutte”. Come siamo condannati a fare il passo successivo fino allo schianto finale. Come il personaggio dell’Odio che precipitando nel vuoto si auto-rassicura pensando “fin qui tutto bene, fin qui tutto bene…”. Non so se sarà l’internazionalismo a salvarci da questa caduta nel vuoto, se come dici tu sarà questa la leva che ci permetterà di sollevare il mondo e sovvertirlo. Ma una cosa è certa: per opporsi a questo nuovo imperialismo in maniera decisiva il collasso del sistema deve essere globale. Le guerre di posizione portano alla sconfitta tanto quanto gli/le anarchici/e che aspettano i momenti maturi per agire hanno già perso in partenza.

E’ qui che entra in gioco la visione anarchica dell’azione. Molto più di una ginnastica rivoluzionaria, di un semplice farsi trovare preparati/e quando arriverà il collasso del sistema. E’ nell’azione che l’anarchico/a si realizza, esiste in quanto tale. E’ nei singoli gesti di distruzione, focolai di rivolta e di insubordinazione, che l’anarchico/a vive la sua anarchia subito, oggi, spezzando l’attendismo. A questa concezione viva, “nichilista” dell’essere anarchico/a si affianca il rapporto prassi – teoria. La teoria per essere efficace deve nascere dalla prassi, non il contrario. Solo scontrandosi armi in pugno con il sistema possiamo costruire l’azione che ci permetterà di dotarci di quegli strumenti “organizzativi”, “informali” che ci consentiranno di contribuire in maniera forte a quella “internazionale” (strumento per incidere in maniera efficace sulla realtà) di cui sentiamo come anarchici/e tanto il bisogno. Noi anarchici questa internazionale ce l’abbiamo nel sangue; la nostra visione contro stati, confini, il nostro rifiuto di qualunque nazionalismo ci porta per mano verso questa prospettiva, bisogna solo concretizzare la risposta a questo bisogno. Questo dialogo tra anarchici/e per il mondo c’è sempre stato, ci siamo sempre influenzati a vicenda da una parte all’altra del globo. Tanti, tantissimi sono stati i tentativi di dare una costanza, una struttura minima a questa visione internazionale del movimento. Ma la teoria che cadendo dall’alto scavalcando la prassi e riducendola ai minimi termini, la burocratizzazione, il gradualismo (sorta di riformismo impotente) hanno penalizzato questi propositi se pur generosi riducendoli (troppo spesso negli ultimi 40 anni) a testimonianza sterile di un passato glorioso. Oggi la progettualità “informale” (basata sulla comunicazione senza intermediari tramite rivendicazioni di azioni distruttive indette da fluidi e caotici singoli e gruppi di affinità sparsi per il mondo) ci sta regalando la possibilità di rilanciare concretamente in maniera pericolosa per il sistema una “internazionale” che potrebbe innescare una reazione a catena inarrestabile. Certo, parliamo di infinitesimali minoranze, ma perché escludere a priori che come spesso avviene in natura un impercettibile virus iniettato magari da una insignificante puntura di una piccola zanzara possa uccidere il possente elefante? E’ una possibilità questa alla quale sarebbe stupido rinunciare; immaginate se gli/le anarchici/e d’azione pur nelle differenze che sono tante riuscissero ad unire le proprie forze salvaguardando la propria autonomia, le proprie diversità. In fin dei conti la nostra è l’unica alternativa al capitalismo che non ha tradito se stessa. Forse perché abbiamo sempre “fallito”. Più di una volta nella storia è capitato di concretizzare barlumi di anarchia ma sempre per brevi periodi, abbiamo preferito soccombere piuttosto che accettare una dittatura “rivoluzionaria”. Questi nostri fallimenti hanno lasciato in noi la forza utopica, primigenia della nostra utopia. E’ nel nostro tendere verso questa che il nostro agire si fa realtà, materia viva, azione, progettualità, prassi – teoria. Se ci soffermiamo su quali forze ci spingono verso l’internazionale vedremo che tutti i tentativi concreti di internazionalizzare le lotte hanno come motore la “solidarietà”, solidarietà per un popolo in lotta, solidarietà per i migranti, solidarietà per delle sorelle e fratelli colpiti dalla repressione… La “solidarietà” è la spinta iniziale, il deus ex machina di ogni lotta che ha l’ambizione di coinvolgere, perché prende vita da un bisogno interiore importante per ogni essere umano, il mutuo appoggio. Tu mi chiedi cosa debba essere l’internazionale e quali siano gli strumenti, le strutture più anarchiche ed efficaci in cui questo nostro bisogno profondo dell’internazionalismo si possa esprimere. E’ una questione controversa, i punti di vista possono essere molti. Nella storia del nostro movimento organizzazioni specifiche, federazioni, addirittura partiti, ricordiamoci l’UAI che veniva definita dallo stesso Malatesta un partito anarchico, sono tutte state sperimentate anche sul piano internazionale con alterne fortune e comuni fallimenti. Lontano da me giudizi “morali” su quale forma organizzativa o meno adottare. Altrimenti ci impelaghiamo in discorsi gesuitici su cosa è o non è anarchico elargendo scomuniche a destra e manca, ho passato la vita a farlo e mi sono reso conto solo oggi che è una enorme perdita di tempo e energie. Quello a cui posso cercare di dare una risposta è quale sia per me oggi la “struttura” o lo “strumento” più efficace per concretizzare un’internazionale anarchica potente, aggressiva, pericolosa. Che faccia sanguinare il potere, facendogli male, facendogli la guerra in maniera efficace. Sarò chiaro e breve: per me questa “internazionale” ha già una sua forma, delle sue dinamiche se pur abbozzate. Con i suoi alti e bassi e con le sue piccolezze e grandezze è costituita da tutto quel mondo di sorelle e fratelli che attraverso le rivendicazioni anche senza acronimi si parlano dandosi appoggio e solidarietà a vicenda indicendo campagne di lotta per il mondo. All’apparenza poca cosa, ma che in sé contiene una grande speranza, una reale possibilità che dopo il fallimento del determinismo scientista marxista può ridare speranza agli oppressi della terra, portare nuova linfa ad un’anarchia che rischia di annullarsi in un gradualismo post-anarchico che dietro la parvenza di “realismo” ci consegna mani e piedi legati alla politica del piccolo cambiamento, del riformismo. Solo non rimandando ad una domani lontano la rivoluzione, ma vivendola subito, con violenza, senza compromessi, mediazioni potremo spingerci fuori da questo vicolo cieco. Nei miei contributi e scritti dal carcere so di essere ripetitivo. Non è l’originalità a tutti i costi che vado cercando ma quelle poche idee che ho le ripeterò fino alla nausea nella speranza che vengano discusse. Sono fermamente convinto che il nodo che bisogna sbrogliare per diventare più incisivi e arrecare il maggior numero di danni a questo sistema iper-tecnologico che si regge su due stampelle, capitalismo e stati, sia quello di come “organizzarsi” senza tradire noi stessi, senza cedere alcuna libertà individuale nel farlo. La mia adesione al progetto FAI-FRI la dice lunga su quale secondo me è la strada da percorrere e cosa dovrebbe essere questa “internazionale”. Avremo modo di parlarne più avanti, è un discorso semplice e complesso allo stesso tempo che come tutte le cose vitali oltre ad “unire” divide il movimento creando tensioni, fraintendimenti, e non ultima repressione e siamo appena all’inizio…

I media annunciano in pompa magna l’arrivo dei robot. Staremo a vedere. Qual è il ruolo che la scienza gioca nel mondo dello sfruttamento però è chiaro da millenni. Come fermare questo mostro ora che minaccia di sconvolgere per sempre la vita su questo pianeta? Quale prospettiva dovrebbe ispirare l’agire dell’internazionale nei confronti degli scienziati? L’azione diretta individuale potrebbe essere accompagnata da esplosioni di massa, come in passato fu il movimento “luddista” (ad esempio da parte di gente che ce l’ha con i robot perché gli tolgono il lavoro o gli peggiorano i ritmi di schiavitù)? E come vedi movimenti “storici” come l’ELF, l’ALF e simili?

E’ vero, i media annunciano in pompa magna l’arrivo dei robot. E quando lo fanno quasi sempre legano questo fenomeno al pericolo della disoccupazione, qualche media più fantasioso si spinge oltre vedendo nell’avvento dei robot il superamento dell’umano, una dittatura delle macchine alla quale contrapporre un umanitarismo generico. Sono decenni che ci bombardano con il pericolo di una catastrofe ecologica imminente suggerendo nel migliore dei casi una tecnologia digeribile, ecologica e nel peggiore (agli ecologisti più “radicali”) la speranza in un collasso spontaneo del sistema. Perché i media lo fanno? Ci forniscono un’enorme mole di informazioni che ci conduce per mano a soluzioni fittizie, un “umanitarismo generico” che fa da contraltare ad un altrettanto generico concetto, quello di “popolo”, suggerendoci una supposta inevitabilità della catastrofe da cui solo il “destino”, un meteorite, una guerra nucleare, l’arrivo degli uomini verdi ci potrà salvare. In questo modo minano la nostra volontà convincendoci che il possibile sia impossibile. Lasciandoci solo due “alternative”, la falsa speranza in una tecnologia a misura d’uomo o la rassegnazione all’inevitabile nella falsa speranza che “dio”, il “destino” ci strappi dall’incubo. Cosa contrapporre a tutta questa merda? La coscienza piena delle nostre forze, la coscienza piena di chi sia il responsabile dello sfruttamento, delle guerre, della catastrofe prossima ventura. Una sola classe ha il controllo della società ipertecnologica. Una sola classe gode dei suoi benefici, agli altri spazzatura, briciole, sfruttamento. Non sono i robot i nostri nemici, ma coloro che li progettano, capitalismo e stati che finanziano questi progetti, uomini e donne in carne ed ossa. Sono sicuro di sfondare una porta aperta dicendo che è una contraddizione in termini una “società liberata” che usufruisca di una ipertecnologica. Bisogna avere il coraggio di rinunciare al “progresso”, bisogna avere il coraggio di opporsi armi in pugno giocandosi la vita per fermare questo processo autodistruttivo che non è affatto inevitabile. Solo lo sfruttamento sistematico di miliardi di donne e uomini può sostenere la modernità, non c’è “utopia” comunista di Stato che tenga. Questo almeno finché le redini saranno in mano a noi imperfetti umani, una volta che la classe dominante sarà costretta a delegare (cedere) il comando (di una “megamacchina” oramai troppo complessa da gestire) ad una “superintelligenza” allora si che ci aspetterà un “benessere virtuale” per tutti, un “benessere infernale” senza libertà alcuna che non auguro neanche al mio peggior nemico. Ma chiariamoci meglio, di cosa stiamo parlando: per quanto “fantascientifico” e fumoso possa sembrare stiamo parlando di una “rivoluzione” che se non fermata stravolgerà la vita di tutto il pianeta. Se il capitalismo è il figlio alienante e alienato della supremazia della tecnologia sulla scienza possiamo facilmente dedurre che il prodotto di questo rapporto è la “megamacchina” in cui oggi tutti viviamo immersi. Il passo successivo sarà la presa di coscienza di questa “megamacchina” attraverso l’A. I. (intelligenza artificiale). Andiamo per gradi, gli investimenti nel mondo sull’A. I. in questo momento sono consistenti e si moltiplicano di anno in anno. Nel 2016 l’Europa ha investito 3,2 miliardi di euro, si prevedono 20 miliardi di euro nel 2020. Gli Stati Uniti ne hanno già investiti 18 e se ne prevedono 37 nel 2020. 12 miliardi di euro in tutto il mondo nel 2017 unicamente per lo studio di algoritmi in grado di imparare dai propri errori, in maniera autonoma. In stadio avanzato la creazione di computer neuromorfici che invece di svolgere calcoli basati su codici binari (acceso – spento) usano processori che scambiano segnali come fanno i nostri neuroni. Raggiungendo velocità infinitamente maggiori e dimensione sempre più ridotte, e metodi di funzionamento sempre più “vicini” alla nostra mente. Le ricadute sul mercato se pur parziali ci sono già: – macchine a guida autonoma – medicina (analisi cartelle cliniche, radiografie, malattie, virus) – robotica (tutti i sistemi che gestiscono i robot) – automazione industriale – analisi e gestione di sistemi complessi come la viabilità di una metropoli – sistemi automatici di gestione – analisi e previsione dell’andamento delle borse – analisi e previsioni in campo meteorologico e agricolo – analisi di video e testi e immagini pubblicate online – gestione della logistica. Oggi a gestire questa “rivoluzione” un numero limitato di scienziati, tecnici super specializzati in altrettanti pochi centri sparsi per il mondo. Sono tutti alla portata di un’internazionale anarchica combattiva se pur limitata nelle forze. Le sue migliori armi? Volontà e determinazione, basterebbero queste due qualità per ricacciare indietro, rallentare questo “progresso” tecnologico che vogliono farci credere inarrestabile. Abbiamo ancora tempo a disposizione e spazio di manovra soprattutto perché il “sistema” non è ancora pienamente cosciente della svolta che sta per apprestarsi a compiere e gli investimenti per quanto ingenti sono appena agli inizi. E’ molto probabile che le burocrazie governative, le agenzie di intelligence abbiano una certa inettitudine, rigidità che impedirà loro di comprendere a pieno l’importanza di alcuni sviluppi che a noi esterni a queste logiche ed a certi specialismi potrebbe essere chiara. Diciamo che il nostro essere fuori e contro il sistema ci potrebbe consentire una maggiore visione d’insieme, una maggiore elasticità mentale. Gli ostacoli alla comprensione di una tale “rivoluzione” tecnologica, di una tale svolta potrebbero essere particolarmente forti per i governi, per gli stati ed i capitalisti.

Ma in cosa consisterebbe questa svolta, questa “rivoluzione” tecnologica? La rivoluzione agricola si è diffusa nel mondo in migliaia di anni, la rivoluzione industriale in centinaia, la rivoluzione informatica in qualche decennio ed avrà il suo apice, il suo “punto di non ritorno” con quella che tecnici e scienziati definiscono “esplosione d’intelligenza”. La “Human Brain Project” fondata nel 2005 spera di ricreare un cervello umano nel giro di 20 anni. Da quel momento si innescherà la cosiddetta “esplosione”, il passaggio da una intelligenza umana ad una super-intelligenza (sovra-umana). Gli scienziati sostengono che una volta raggiunte le capacità intellettive umane in brevissimo tempo (addirittura mesi) si innescherà l’esplosione di intelligenza che consisterà in una crescita esponenziale ed incontrollata delle capacità intellettive dell’A.I. Da quel momento il rischio di perdere le redini del nostro destino si farà altissimo, per la felicità dei transumanisti l’homo sapiens si trasformerà in qualcosa d’altro, qualcosa di oscuro, un aborto della natura, un cancro per questo pianeta più di quello che siamo già. Fortunatamente per noi gli scienziati per loro natura sono spesso troppo “ottimisti” nei tempi e “fantasiosi” nelle prospettive. Possiamo ben sperare nelle nostre capacità di contrastare se non invertire questo processo. Dipende da noi, dalla nostra lucidità, dalle forze che metteremo in gioco, dalle armi che metteremo in campo. L’importante credo sia non farsi prendere dal catastrofismo, che non ci rafforza ma ci porta alla rassegnazione dell’inevitabile. Per farci un’idea più precisa del salto tecnologico che la “modernità” attraverso la superintelligenza ci promette, proviamo a leggere un paio di definizioni che i tecnici danno di questa: «qualunque intelletto che superi di molto le prestazioni cognitive degli esseri umani in quasi tutti i domini di interesse», una macchina ultra intelligente, è «una macchina che può superare di gran lunga tutte le attività intellettuali di qualunque essere umano, per quanto intelligente». La super intelligenza secondo chi ci lavora sarà la panacea di tutti i mali, la lampada di Aladino che risolverà tutti i nostri problemi energetici, di inquinamento, economici, troverà la cura per tutte le malattie, addirittura ci promette se non l’immortalità, l’amortalità. Ma gli stessi scienziati e tecnici che delirano di questi progressi futuri (che, sia chiaro, per forza di cose andranno a “beneficio” della sola classe degli inclusi) ne sono terrorizzati e ne considerano l’avvento estremamente pericoloso, tanto da rendere risibili i pericoli dell’era atomica, di una guerra nucleare. Scienziati e tecnici che ancora lontanissimi da raggiungerla studiano con disperazione possibili trappole realtà virtuali in cui contenerla, ingannarla, ingabbiarla una volta raggiunta. Paure e speranze, la legge della scienza ci condanna al “progresso”, ad andare avanti costi quello che costi a scapito anche della nostra sopravvivenza come specie. Ma quale peggiore condanna per uno/a schiavo/a che un’amortalità che prolunga l’agonia di una vita senza libertà. Noi anarchici/e siamo sempre stati/e sensibili a queste “problematiche” perché niente di più in questi anni ha messo in discussione le nostre libertà quanto la “modernità”, la tecnologia. Negli anni non ci siamo certo limitati alle analisi sociologiche su tecnica e tecnologia. La parte di noi più propensa all’azione, quegli/lle anarchici/e che hanno messo in pratica l’azione diretta distruttiva attraverso l’informalità ed i gruppi di affinità hanno dispiegato un armamentario teorico e pratico sui punti sensibili e periferici da colpire, fibre ottiche, cavi elettrici, tralicci… La linea di tendenza è stata quella che dal centro bisognasse spostarsi alla periferia del sistema dove i controlli sono inferiori, dove le linee vitali se interrotte con mezzi riproducibili (fuoco, tronchesi…) potrebbero arrecare danni notevoli, ultimamente si parla molto di interrompere il flusso delle merci. Questa tendenza oggi prevalente tra gli insurrezionalisti deve (secondo me) la sua nascita alla contrapposizione dell’anarchismo d’azione al “lottarmatismo” BR della fine degli anni ’70 quando la parola “d’ordine” per gli/le anarchici/e divenne quella che lo Stato non aveva un cuore, un centro. Questo quando le BR sostenevano la necessità di colpire “il cuore dello Stato” nelle figure dei suoi uomini più significativi. Molti decenni sono passati, tutto è cambiato ma questa “formula” che aveva un senso forte all’epoca si è trasformata in un “mantra”, in un “dogma” che si è perpetuato uguale a se stesso, perdendo sempre più senso diventando foriero di ottusità, intransigenza, giustificazione per paure mai espresse. Questa metodologia, almeno per quanto riguarda il paese in cui mi trovo a vivere, si è ridotta ad un rifiuto (mai ammesso, ma di fatto praticato) di colpire le persone, i responsabili diretti delle nefandezze del sistema. Per molti/e anarchici/e esiste solo il “sabotaggio” e l’azione distruttiva (il colpire e distruggere le cose). L’esclusività di questa pratica è molto diffusa anche nell’ambiente “ecologista” con poche ma significative eccezioni, Kaczynski per dirne una. Questa propensione ad escludere azioni violente contro le persone la fanno loro (con qualche sporadica eccezione al loro interno) anche l’ALF e l’ELF. “Organizzazioni” queste che sono per altri motivi un esempio importante (perché concreto) di come ci si possa “organizzare” in maniera destrutturata. Come dicono alcuni/e compagni/e “l’organizzazione che non ha e non vuole organizzazione”. Indubbia, secondo me, la loro influenza sulla pratica della FAI-FRI, basti pensare al loro comunicare attraverso le azioni ed alle loro campagne internazionali. Spero avremo modo di parlarne approfonditamente più avanti… Qui in Italia in ambito anarchico in controtendenza negli ultimi anni solo alcune azioni della FAI. I tanto denigrati “pacchi bomba”, una pratica antica che per quanto se ne dica fa parte della “tradizione” anarchica. Basti pensare ai cosiddetti “galleanisti” in America o alle spedizioni di bauli esplosivi fatte dagli anarchici fuoriusciti in Francia durante il fascismo indirizzate ai maggiori quotidiani italiani, solo per dirne qualcuna. Come ho già detto in passato, lo stravolgimento della “storia”, l’epurazione di fatti scomodi non è una pratica esclusivamente stalinista, anche noi anarchici/e nel nostro piccolo la pratichiamo, spesso inconsapevolmente. Tu mi parli di movimento luddista, dagli/lle anarchici/e e non solo questo movimento troppo spesso viene presentato come esempio esclusivo della pratica del “sabotaggio”, cancellando una parte di quella storia poco digeribile per una certa visione dell’azione. Nell’armamentario dei luddisti vi era anche l’omicidio, non si limitavano alla sola distruzione dei telai. Nel 1812 William Horsfall, proprietario di una fabbrica tessile, fu sparato (ucciso) in un agguato, qualche giorno prima aveva promesso ad i suoi operai che avrebbe soffocato qualunque rivolta e che il sangue luddista sarebbe arrivato fino alla sua sella. Fu lui a soccombere, fu il suo sangue a scorrere. Per quel gesto di rivolta furono impiccati tre luddisti. Non fu un caso sporadico, quando leggiamo le giuste esaltazioni del luddismo non sentiamo quasi mai citare questo genere di azioni. Perché? Forse il “sabotaggio” è più sovversivo, più pericoloso per il sistema che l’eliminazione fisica di un padrone? Certo oggi comporta una reazione maggiore da parte del sistema, una maggiore repressione. Ma la “paura” non è mai una buona consigliera, ci fa perdere razionalità, il senso della realtà. Sono forse dovuti al senso di perdita della realtà i tomi e tomi, le infinite disquisizioni “sociologiche” che molti/e anarchici/e fanno sul termine “terrorismo”, e su quanto questa parola possa “isolarci” e sia il prodotto unico del potere. Il terrorismo è una pratica che gli/le anarchici/e (come quasi tutti i movimenti rivoluzionari e di popolo) hanno sempre utilizzato. Non mi stancherò mai di dirlo per quanto sconveniente e foriero di repressione possa essere, perché credo che l’onestà intellettuale e la coerenza siano legati a doppio filo, e per essere credibili e quindi efficaci nell’azione bisogna essere onesti con se stessi e con gli altri, e non ragionare secondo la convenienza immediata ma con la ragione in prospettiva. Il terrorismo inteso come pratica che sparge terrore nella classe dominante come fece Emile Henry, come fecero gli algerini colpendo i bar francesi (infiniti gli esempi), per quanto possa essere discutibile sul piano “morale” non ha mai isolato nessuno e la storia che c’ lo dice. Il terrorismo dal basso verso l’alto ha tutte le giustificazioni del mondo. Scusate se sono uscito fuori tema, ma certe cose per quanto scomode dovevo dirle. Passiamo alla prossima domanda…

(Pubblicato in “Vetriolo”, giornale anarchico, n. 2, autunno 2018)

 

Seconda parte

Analizzando la storia del movimento degli sfruttati, dei poveri, oppressi e proletari, vediamo che le idee anarchiche nascono, si nutrono e si sviluppano in questi contesti; d’altronde vengono da lì anche la maggior parte degli anarchici (ovviamente ci sono anche le eccezioni). Queste idee sono nate principalmente durante la nascita e la crescita del capitalismo industriale (indicativamente dagli inizi del 1800 fino agli anni ’70 del 1900), difatti fino a 40 anni fa le organizzazioni degli sfruttati e dei lavoratori sono principalmente di massa ed i gruppi anarchici (e gli individui che ne fanno parte) sono anche frutto di quell’epoca storica. Con l’avvento della ristrutturazione capitalistica degli anni ’80, a cui segue un drastico cambiamento del mondo del lavoro, anche l’agire e l’organizzazione anarchica subiscono delle modifiche; alle classiche organizzazioni di sintesi (o di massa) si contrappongono la strutture meno rigide basate sull’affinità e l’informalità. La nuova ristrutturazione tecnologica, basata principalmente sulla robotica porterà ovviamente ad altri drastici cambiamenti (disoccupazione di massa) e i nuovi proletari saranno probabilmente impiegati nello spostamento delle merci. In questo contesto, in cui aumenterà l’impoverimento dei proletari (oltre ovviamente allo sfruttamento di umani, animali e terra) e la ricchezza degli sfruttatori, ha ancora senso parlare di lotta di classe? Ci sono ancora i margini per poter coinvolgere –nella lotta per la distruzione di questa civiltà tecno-industriale – gli sfruttati, i proletari, gli esclusi? Si dovrebbero sperimentare o rinnovare forme di organizzazione di lotta?

Questa domanda parte da presupposti logici facendo dipendere il metodo organizzativo dalle condizioni esterne. Ma per noi anarchici/e non è tutto così semplice, lineare e logico perché non essendo dei “politici” nel nostro caso sono i “mezzi che giustificano i fini”, non viceversa. Di conseguenza se il capitalismo si “ristruttura” non deve cambiare il nostro modo di “organizzarci” perché è nei mezzi che usiamo che vive la nostra anarchia. La nostra fortuna è che la pratica anarchica dell’informalità e dei gruppi di affinità non è mai stata così aderente alla realtà quanto oggi. Paradossalmente non siamo stati noi ad adattarci alla realtà, è stata la realtà ad adattarsi a noi. La realtà ci è corsa incontro rendendo estremamente efficaci le nostre pratiche che col tempo sono diventate l’ideale per scardinare un sistema complesso e caotico come quello in cui siamo costretti oggi a sopravvivere. Solo una pratica semplice, estremamente riproducibile ed altrettanto caotica, sfuggente ed adattabile alla bisogna come l’”informalità ed i “gruppi di affinità” può riuscirci. Questi modi di “organizzarsi” non sono un adattamento alla “ristrutturazione capitalista” degli anni ’80: fin dai tempi di Cafiero e della sua “propaganda col fatto” essi sono sempre stati alla base dell’agire anarchico tanto da caratterizzare le nostre stesse organizzazioni di sintesi. All’interno di ogni organizzazione di sintesi anarchica che si poneva in maniera rivoluzionaria vi erano infatti gruppi di affinità che agivano in maniera informale, spesso indicando la via da percorrere e rinfocolando l’azione.

E’ inoltre assurdo pensare che la lotta di classe sia finita, vi siamo immersi fino al collo ma a differenza di ieri l’imbarbarimento dovuto all’isolamento tecnologico (che ognuno di noi si porta dietro) ci priva della reale percezione del fenomeno nel suo complesso. Questo imbarbarimento comporta un ritorno a forme primordiali, selvagge (quindi più pure) di conflitto di classe. Le figure di mediazione “sindacati” e “partiti” sono saltate. Nella parte più “progredita” tecnologicamente del mondo il soggetto sociale che un tempo caratterizzava la classe degli oppressi, il “proletariato”, è stata sostituita da una classe indefinita e disperata che non ha alcuna coscienza di sé. Nel frattempo l’odio, la rabbia si sono accumulati saturando l’aria, rendendola irrespirabile e pronta ad esplodere alla prima scintilla della giusta intensità. Lo sa bene il potere che pur avendo in mano carte meno buone delle nostre le gioca al meglio alimentando conflitti tra poveri. Ma sono solo palliativi, solo per poco efficaci. I sindacati ed i partiti di sinistra non funzionano più. Il loro ruolo di pompieraggio è stato sostituito da armi di distrazione di massa come razzismi e patriottismi. Ma quanto potrà durare? La strategia di mettere poveri contro più poveri ha il fiato corto, il tempo contato. L’impoverimento generale dovuto all’ondata tecnologica ed alla conseguente disoccupazione disinnescherà razzismi e patriottismi, ma solo se giocheremo bene le nostre carte. Nel tempo necessario per riassestarci e per garantire a tutti redditi di cittadinanza (reali e non truffaldini come quelli dei 5 stelle) il sistema sarà esposto pressoché inerme ai nostri attacchi. In quel lasso di tempo l’odio raggiungerà il suo culmine e forse sarà la volta buona che in questo disgraziato paese la rabbia verrà indirizzata verso i reali responsabili della miseria: Stato e padroni.

Inoltre l’impazzimento popolare per il sovranismo sta indebolendo la democrazia parlamentare minandola dalle fondamenta. Questa sorta di “populismo” produce spinte contrastanti e irrazionali difficili da gestire per gli stessi che le hanno scatenate. Oggi la possibilità che la nostra azione possa aprire una breccia si fa reale. Bisogna avere idee chiare, convinzione e tenacia per far cambiare di campo l’odio, per aprire gli occhi agli sfruttati/e. Volontà e determinazione possono portare indietro l’orologio della storia, facendoci ricominciare da dove avevamo iniziato a perdere quelle due qualità insostituibili. Un secolo fa siamo stati sopraffatti dalla forza di un “comunismo” autoritario che ci ha avvelenato con i suoi frutti, “socialdemocrazia” e “dittatura del proletariato”, che con la loro brutalità portarono al tramonto il “mito” della rivoluzione sociale del “sol dell’avvenire” e dell’anarchia come concrete prospettive di liberazione totale. Abbiamo sostenuto nella nostra “modernità” di non aver bisogno di “miti” ma così abbiamo ucciso l’utopia, la più grande arma che avevamo per sovvertire questo mondo. Storicamente abbiamo puntato troppo sulla razionalità, sulla scienza trascurando gli istinti di rivolta, i sentimenti, le passioni alla base dell’umano.

Abbiamo perso di vista “la possibilità di farcela” e questo ci ha invigliacchiti a tal punto da non riconoscere per esempio la grandezza del gesto di un nostro fratello, Mikhail Zhlobitsky, che si è fatto saltare in aria nella sede del FSB di Arkhangelsk per vendicare i propri compagni e compagne torturati dagli sbirri russi. Un contributo incalcolabile alla lotta, che il cinismo di un certo anarchismo con superiorità bolla come martirio, culto del sacrificio. Ma ciò non impedirà che la propaganda col fatto di questo giovanissimo compagno acquisti oggi il valore fondante di una anarchia vitale, pronta a giocarsi tutto pur di liberare questo mondo. Le cose stanno cambiando velocemente, gli anarchici si stanno risvegliando dal loro torpore. Stiamo assistendo in ambito anarchico a fenomeni impensabili fino a pochi anni fa, ad esempio la diffusione del comunismo anarchico in un paese come il Bangladesh dove il protagonismo della classe operaia rimane forte. (Per inciso è prematuro parlare della fine della classe operaia, ancora per molto nel sud del mondo la manodopera umana sarà più economica rispetto a quella dei robot). Assistiamo al passaggio dai tragici fallimenti del comunismo di Stato alle belle speranze del comunismo anarchico. Una parte importante di un intero popolo, quello curdo, sembrerebbe aver adottato una sorta di “socialismo libertario”, ecologista e femminista.

Più vicina alla mia visione della pratica anarchica la tendenza informale agisce “organizzandosi” in mezzo mondo attraverso campagne internazionali indette da gruppi di affinità, colpendo a macchia di leopardo in maniera caotica e nichilista. L’aria è satura di elettricità, questa tensione si avverte persino in questa cella. Convinto, come sono, che stiamo andando inesorabilmente incontro ad una “tempesta perfetta”, non possiamo permetterci di mettere da parte alcuna ipotesi di lotta. Tanto meno possiamo rinunciare alla violenza in tutte le sue sfumature e gradazioni. Siamo relativamente pochi, il tempo a nostra disposizione è limitato, dobbiamo solo giocarci bene le nostre carte e mettere da parte falsi moralismi e titubanze. Se vogliamo avere almeno una possibilità dobbiamo farci portatori di una visione più aperta, non sprecare energie preziose calpestandoci i piedi a vicenda.

Mi chiedi se si dovrebbero sperimentare o rinnovare forme di organizzazione di lotta, sarebbe più che sufficiente se ognuno mettesse in pratica con convinzione, tenacia, coerenza la propria progettualità. Che sia in una prospettiva sociale o antisociale o attraverso l’organizzazione informale o specifica di sintesi o individualmente l’unica discriminante dal mio punto di vista per non farsi strumento dei riformisti è la violenza insurrezionale. Bisogna iniziare subito, adesso a praticarla, ognuno secondo l’intensità necessaria per la propria progettualità. Una strategia che non include lo scontro diretto, armato col potere è destinata al recupero, al fallimento, alla sconfitta. Questo recupero ha molti nomi e giustificazioni: “gradualismo”, “postanarchismo”, ultimamente Negri e Hardt ne hanno sfornato un altro teorizzando un “riformismo antagonista”. Le solite sirene che giustificano le nostre paure, che alimentano la nostra rassegnazione, facendo un gran servizio al potere. Alla luce della mia prospettiva “violentista” ti dico che per evitare qualunque forma di recupero basterebbe agire da anarchici/e. Sono infinite le nefandezze che gridano vendetta, bisogna dimostrare con l’azione che il re è nudo, che il padrone può e deve sanguinare. In compagnia o da soli colpire e mirare bene. Se il nostro discorso vuole farsi “sovversione sociale” è necessario tornare ad essere “riconoscibili” e “credibili”:

La “riconoscibilità” può essere ottenuta attraverso la rischiosa, chiara e diretta pratica delle azioni rivendicate, con o senza acronimi. Oppure da quelle azioni anonime che sono immediatamente riconoscibili per gli obiettivi che vanno a colpire o per il modus operandi dell’azione stessa. Altrettanto chiaro e diretto può essere lo spezzone anarchico di un corteo che si scontra col servizio d’ordine, un blocco, una barricata in fiamme che porta la guerriglia nella metropoli. Un’A cerchiata disegnata al fianco di una caserma in fiamme parla chiaramente tanto quanto una rivendicazione. Se il nostro fine è quello della “sovversione sociale” diventa prioritario comunicare con gli altri/e oppressi/e, che tutti e tutte capiscano chi siamo e cosa vogliamo. I nostri mezzi di comunicazione, periodici, libri, siti… non bastano. Hanno un senso forte nell’approfondimento, nel miglioramento della nostra visione della realtà, nel rafforzamento dell’analisi, nella conoscenza e di conseguenza nello sviluppo delle nostre pratiche, ma non riescono ad intaccare la cortina di silenzio che il potere erige a difesa della “democrazia totalitaria”. Un silenzio, quello della democrazia, fatto di un rumore assordante di infinite opinioni che si annullano a vicenda. Solo le azioni distruttive riescono a far breccia in quel chiacchiericcio ed attraverso di esse le nostre parole acquistano un valore reale riuscendo ad arrivare con forza e concretezza. La televisione, i giornali, le radio, i siti sono costretti a parlarne facendo arrivare forte e chiaro il nostro messaggio anche a chi non si è mai sognato di mettere in discussione l’esistente. Stiamo parlando di fatti e parole che arrivano a milioni di donne e uomini. Non è assurdo pensare che qualcuno/a di loro possa in questo modo prendere coscienza e farsi nostro/a complice. Basterebbe quello per darci una possibilità in più.

La “credibilità” è invece data dalla coerenza tra pensiero e azione. Per chi si accosta a noi deve essere chiara la nostra estraneità a leader, gerarchie e sessismi di sorta. Chi si avvicina alle nostre pratiche deve sapere con certezza che mai scenderemo a compromessi col potere e che nessuno sarà lasciato da solo ad affrontare la repressione. La “credibilità” di conquista anche attraverso il coraggio e la coerenza che dimostriamo individualmente quando le cose si mettono male. Una volta arrestati, a costo di rimanere isolati e schiacciati da una repressione implacabile, non cedere di un passo. Ma soprattutto consiste nella fiducia che ci guadagniamo sul campo. Chi si unisce agli anarchici/e deve avere la certezza che non tradiremo mai la parola data e che costi quello che costi raggiungeremo gli obiettivi che ci siamo dati o soccomberemo nel farlo.

La “riconoscibilità” e la “credibilità” ci costeranno lacrime e sangue e si potranno raggiungere unicamente attraverso una tenacia disperata. Chi si riempie la bocca di “guerra sociale” deve necessariamente prenderne atto e prepararsi alla guerra. Solo così per “tappe” successive torneremo ad essere “fiumana, miriade, schiera, marea”. E’ arrivato il momento di far rinascere “l’anarchia vendicatrice”, di tornare a far paura. Per quanto sembri difficile bisogna riuscire a far convivere la suggestione del “mito” con la riflessione della “progettualità”. Solo così la “rivoluzione” tornerà ad essere una prospettiva reale per milioni di sfruttati/e perdendo la sua connotazione di “attesa dei tempi maturi” che me la rende oggi una parola vuota, nemica. Attraverso la rivolta individuale ognuno di noi, in gruppo o da soli, una passo alla volta, un attacco alla volta ridaremo nuova vita all’idea di rivoluzione restituendogli un senso concreto, anarchico.

Gli anarchici sono storicamente “intervenuti nel sociale”, come si direbbe oggi, con idee chiare e azioni necessariamente violente, in diversi ambiti e contesti. Da sempre nella storia hanno creato timore, terrore e preoccupazione sia alle classi privilegiate che ad ogni autorità, governo o istituzione e naturalmente anche a tutte quelle componenti politiche rivoluzionarie autoritarie. Oggi, parimenti al livello di violenza che il capitalismo mette in atto nella guerra permanente e nella società tecno-industriale, la risposta di ribellione dovrebbe essere certamente maggiore di quanto sia. Però, se da una parte troviamo a livello sociale lotte cittadiniste che partono già con un certo tipo di orientamento politico ed anche frange dell’antagonismo che pongono in essere logiche di recupero del conflitto sociale, come ad esempio: la candidatura politica, la contrattazione istituzionale, la regolarizzazione (casa occupate), derive autoritarie, scioperi pacifici, fornendo un buon cuscinetto sponda sul quale il sistema può contare di appoggiare; dall’altra parte esiste anche un movimento di opposizione radicale e di solidarietà vivo, nonostante negli ultimi anni ci sia stato un declino ed una riduzione della conflittualità anche da parte degli anarchici. Quello che preoccupa di più, e da cui nessuno è esente, è la condizione di smarrimento ed impreparazione che ritorna nonostante momenti e opportunità interessanti di alcuni contesti di lotta. Espressioni come “intervento nel sociale”, o “lotta reale”, sono diventati giochi di semantica, parole atte talvolta a giustificare una politica da associazionismo laico, alternativo, fra i tanti. Non dovrebbe essere secondo te di interesse degli anarchici, dei rivoluzionari, portare e spingere ad un auspicabile livello di scontro e conflitto con lo Stato, contro la proprietà privata, con mezzi e pratiche violente, invece di cercare salvagenti strategico-politici di mediazione con la società civile legalitaria ed istituzionale?

Non posso che darti ragione e rispondere di “sì” alla tua domanda. Mi spingo oltre dicendoti che il primo muro che troviamo a difesa del sistema sono proprio queste logiche di recupero, questi “…salvagenti strategico-politici di mediazione” come li chiami tu. Accettare queste logiche proprio adesso che questo muro si sta incrinando è più che mai suicida e nonostante tutto, ancora oggi, in questo periodo di crisi sistemica, troppi “anarchici/e e rivoluzionari/e” cadono nella trappola senza neanche accorgersene. Ogni volta che evitiamo lo scontro di piazza perché nell’assemblea si è deciso un corteo “comunicativo”. Ogni volta che durante il picchetto di uno sciopero si sottostà alle decisioni prese dai rappresentanti di “base” evitando lo scontro violento “suicida” con gli sbirri. Ogni volta che per mantenere la propria casa occupata o “centro sociale” si media andando verso la pacificazione, questo muro si rafforza. Alla base di questo rafforzamento il continuo rimandare lo scontro violento e armato col sistema. Bisognerebbe trovare il coraggio di mettersi contro la maggioranza dei nostri stessi compagni/e assumendoci la responsabilità di alzare il livello dello scontro. Solo l’irruenza rabbiosa dell’iniziativa individuale scavalcando la “razionalità” delle assemblee può darci questa forza, sconfiggendo titubanze e paure. Ma la forza ed il coraggio non bastano, bisogna anche avere una certa lucidità. Nonostante le opportunità che i tempi ci regalano non riusciamo ad approfittare delle occasioni che ci si presentano davanti. I nostri sforzi vanno dispersi, siamo in prima linea in ogni conflitto, scontro di piazza, in molti casi siamo noi con la nostra decisione e iniziativa a rafforzare i “movimenti”, ma poi i frutti vengono raccolti da altri. Il nostro messaggio appare offuscato, non riesce a spiccare il volo. E’ sempre più spesso la nostra azione a rendere visibili e rafforzare questi movimenti, ma poi? E’ come se mancasse qualcosa e quel qualcosa, dal mio punto di vista, sono le azioni armate che dovrebbero in maniera lucida e puntuale affiancarsi, anche in tempi e spazi diversi, alle varie lotte, dando maggiore respiro al nostro messaggio, alla nostra lotta in strada.

Mi tocca ora fare chiarezza su un punto fondamentale per me. Io non metto su piani qualitativamente diversi la lotta fieramente individuale, “nichilista” per capirci, “anti-sociale”, fine a se stessa, del “colpire perché è semplice e bello e giusto scontrarsi con il potere” e quella rivoluzionaria di “sovversione sociale”. Questo perché ambedue queste prospettive sono di fatto profondamente “anti-sociali”, ambedue queste prospettive devono per forza di cose scontrarsi con la “società”. Il nostro conflitto con il “sistema” è sempre contro la “civiltà” perché questa è nata a difesa e intorno al sistema stesso, ne è parte integrante. Di conseguenza la nostra lotta non può che essere contro questa “società”, forgiata a difesa di una “civiltà” che ci sta portando sull’orlo dell’abisso.

Noi anarchici/e dobbiamo aprire contraddizioni, creare conflitti. Possiamo dire che siamo nati per questo, siamo nati per opporci in maniera disperata alla “mostrificazione” dell’umanità. Al contrario di quello che sostenevano i situazionisti il “valore” oggi risiede nella “distruzione” e non come loro sostenevano nella “rivolta che sarà trasformata in progetto”. Non abbiamo niente da costruire, non saremo noi e probabilmente neanche i/le nostri/e figli/e ad edificare la società liberata, dobbiamo accontentarci di “tendere” verso questa. La volontà di distruzione deve bastare a se stessa, non deve farsi creatrice. Questo “nichilismo” sarà la nostra forza, il nostro unico “progetto”. Dovrebbe consistere nel come organizzarsi o non organizzarsi per apportare il maggior numero di danni possibile. Mi dirai che oggi il mondo è pieno di volontà di distruzione, guerre, conflitti, violenze ma sono tutte creatrici di “nuovo” ordine, rafforzano il “sistema”. Le nostre “violenze”, le nostre “guerriglie”, il nostro “terrorismo” per intensità a confronto sono risibili ma per quanto possano sembrare insignificanti ci regalano non in prospettiva ma subito nel concreto la soddisfazione di due bisogni irrinunciabili per l’essere umano: libertà e felicità. Debord diceva che bisogna “fare il disordine senza amarlo”, io penso invece che bisogna amarlo, amarlo profondamente. Noi anarchici/e questo “disordine” ce lo portiamo dentro. Per noi non dovrebbe essere un’amara medicina da trangugiare velocemente ma un dolce miele da assaporare con lentezza e piacere. In questo piacere c’è la morte del “martire”, del “sacrificio”. Martirio e sacrificio di cui stupidamente vaniamo accusati ogni volta uno di noi viene imprigionato o ucciso. Per me non cambierebbe nulla se la situazione non fosse (come oggi secondo me è) propensa all’azione, ricettiva ad accogliere il nostro intervento. Agirei comunque nello stesso modo, continuando a colpire senza esitazione perché è nella nostra natura lottare qualunque sia la situazione sociale in cui ci troviamo a vivere. Detto ciò, è assurdo pensare che la nostra azione (anche se individuale o “slegata” dalla situazione sociale) non influenzi la società in cui siamo comunque immersi. Nel nostro “ignorare” o “andare oltre” la situazione sociale non risiede il rifiuto della realtà, perché noi siamo il prodotto della realtà. L’utopia anarchica è il fine “ultimo” che gli oppressi si sono dati, l’espressione “massima” della loro lotta al capitalismo. Un obbiettivo da raggiungere subito da parte degli anarchici, un fine da “raggiungere” in un “futuro lontano” da parte dei comunisti. L’anarchia è stata la speranza che ha sostenuto gli oppressi nella loro lotta sanguinosa al capitalismo. Le nostre idee sono il frutto del rifiuto del capitalismo da parte del proletariato, non sono filosofia astratta ma il prodotto di una classe che voleva “rivoltare” il mondo. Poi le cose col tempo si sono complicate… la posta in gioco è aumentata, l’ingordigia e la sete di potere di una classe oggi mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della vita sul pianeta. Dobbiamo oggi prendere atto che il “capitalismo” sta mettendo in pericolo la vita di tutti, ormai è una questione di vita o di morte. Il “capitalismo” tra le altre cose è il sistema di assoggettamento attraverso il quale la “megamacchina” si nutre. Solo la sua efficienza attraverso lo sfruttamento di miliardi di donne e uomini può nutrire la tecnologia fino al grande “salto” allo “svezzamento” quando lo stesso “capitalismo” non avrà più necessità d’essere perché l’umanità non sarà più il motore di niente e verrà o “mostrificata” (diventerà altra da sé) o semplicemente verrà estinta. Già ora è molto importante cominciare a ragionare come se il sistema “tecno-industriale” fosse un unico organismo vivente perché la sua complessità è tutta indirizzata ad un unico obiettivo: la ricerca di risorse per espandersi, per evolversi. Gli esseri umani che gli hanno dato vita (scienziati, tecnici, fisici…) gli hanno trasmesso le leggi stesse della vita, di ogni vita: la sopravvivenza ad ogni costo e la ricerca di spazi vitali, nutrimento, energia; come ogni organizzazione complessa questo sistema tende a sopravvivere a se stesso, a dominare e inglobare tutto ciò che lo circonda. Bisogna abbattere il “capitalismo” in tutte le sue versioni in modo che il nutrimento non possa più alimentare questa “macchina” infernale di sfruttamento e oppressione, prima che ci uccida, prima che arrivi a “svezzarsi”, che si affranchi dall’umano. Bisogna che tutto crolli se vogliamo avere un futuro degno di questo nome.

Tornando a noi, tu mi parlavi di “lotta reale” e “intervento nel sociale” che sono diventate parole sempre più spesso giustificatrici della mediazione. Secondo me questi due concetti hanno cominciato a perdere di consistenza quando da un punto di vista “razionale” abbiamo cominciato a dividere il “movimento reale” (la lotta degli oppressi) dal movimento specifico anarchico (gli/le anarchici/e). Da quel momento, il solo esserci posti questa distinzione, ha fatto di noi “altra cosa”; per assurdo questa nostra “logicità” ci ha fatti diventare “avanguardia”, ci ha privati di senso di concretezza spingendoci ad inseguire un’astrazione, il “popolo”. L’ossessione di non fare il passo più lungo della gamba, di non essere compresi (seguiti) dalla “gente”, ci ha trattenuto e paradossalmente ci ha trasformati in un minuscola “minoranza agente”, di fatto in una sfigata avanguardia. Quale rivoltoso si pone il problema di non essere seguito dagli altri? Agisce nel modo che più in quel momento gli aggrada spinto dalla giustezza della sua azione, dalla rabbia, dalla passione. Prende atto del pericolo che in quel momento corre, si fa i suoi calcoli, ma certo non si pone il problema della comprensione da parte del “popolo”. Si sente popolo, è popolo. Noi anarchici/e dobbiamo semplicemente agire nello stesso modo, non veniamo dalla Luna, siamo oppressi come gli altri, non dobbiamo trattenerci ma correre in avanti, farci trascinare dalla rabbia, dalla passione, non centellinare i passi. Non serve renderci invisibili, mimetizzarci tra la “gente”, non ci rende più “popolo” ma ci indebolisce permettendo a qualunque forza per quanto reazionaria di recuperare le istanze di rivolta. Dobbiamo parlare con l’esempio a tutti e tutte come anarchici/e con sincerità ed onestà. La “politica” con le sue strategie di compromesso e le sue furberie ci tarpa le ali e rimanda la “rivoluzione”. Faccio un esempio concreto. La rivolta in Francia dei “gilet gialli”. Gli/le anarchici/e dovrebbero rendere evidente, come in parte hanno fatto, il loro essere in prima linea negli scontri di piazza, per esempio attraverso scritte sui muri delle vetrine sfondate o dei ministeri colpiti, ma poi spingersi oltre affiancando alla lotta di strada attacchi mirati a persone e strutture del governo ed a fascisti e recuperatori che dicono di sostenere quel movimento. Ci troviamo davanti ad un rapporto morboso: da una parte, un movimento anarchico che pur non volendo e proprio per questo si fa “avanguardia” e, dall’altra, il “movimento reale” (la rivolta degli oppressi). Bisogna superare questa dicotomia, ogni volta che il movimento reale e il movimento anarchico si sono coesi tutto è diventato possibile. Ogni volta che la “rivoluzione” si è fatta anarchica il mito, la passione, il coraggio, la fascinazione hanno avuto il sopravvento. Vorrà pure dire qualcosa? Ogni nuova idea si impone sulla realtà attraverso la fascinazione, il mito. Possiamo rifiutarli togliendoci delle possibilità, ma non possiamo sostituirle con la fredda razionalità ed il cinismo della “politica” di chi non ha mai voglia di lanciare il proprio cuore oltre l’ostacolo. La paura ossessiva che noi anarchici/e abbiamo di diventare “avanguardia” spesso nasconde la paura di prenderci le nostre responsabilità, di giocarci la vita. Io rimango comunque ottimista perché sono convinto che l’anarchia ha molto più a che fare con l’alchimia che con la scienza essendo sopratutto istinto, passione, fascinazione, mito e amore per la libertà.

(Pubblicato in “Vetriolo”, giornale anarchico, n. 3, inverno 2019)

(it) Il Cigno Nero

Riceviamo e divulghiamo:

È la metafora con cui per alcuni secoli, a partire da una frase del poeta latino Giovenale, si è indicato un fatto ritenuto impossibile. Poiché l’esperienza comune insegnava che tutti i cigni sono bianchi, l’esistenza di un tale animale dal piumaggio scuro veniva percepita come un’assurdità che mai si sarebbe materializzata. Ma poi, all’inizio dello scorso secolo, alcuni esploratori in Australia si trovarono davanti un esemplare di Chenopis Atrata — un cigno nero.
Da allora con «cigno nero» si intende un fatto inaudito, imprevedibile, inaspettato, il cui verificarsi potrebbe avere un forte impatto giacché con la sua stra-ordinarietà metterebbe fine a quella che viene considerata una norma generale indiscutibile. Ad esempio, in campo finanziario «cigno nero» indica un evento improvviso e catastrofico, impossibile da prevedere in anticipo, temuto dagli speculatori perché avrebbe come effetto il crollo dell’economia.
Ora, se la storia non procede strisciando — come vorrebbe il determinismo — ma a balzi, è proprio perché di tanto in tanto compare un cigno nero. E se ciò fosse possibile anche per il cosiddetto immaginario? L’apparizione di un’idea considerata inverosimile, inconcepibile, non potrebbe minare le fondamenta del pensiero più comune (trogolo di slogan di partito e spot pubblicitari, opinioni giornalistiche e cinguettii telematici), quello che riduce la fantasia più smisurata alle dimensioni di uno schermo?
Forse un’illusione destinata a svanire, comunque una scommessa da azzardare con testardaggine.
Abbiamo quindi deciso di porre sotto l’ala del Cigno Nero alcune iniziative pubbliche (proiezioni di documentari, dibattiti, mostre, rassegne cinematografiche…) che tenteranno di far avvistare il più insolito ed inatteso degli universi mentali, quello che vuole la libertà incompatibile con qualsiasi forma di potere. Sulla necessità, sulla ineluttabilità, sulla eternità di un dominio — in perpetua mutazione nelle sue numerose e talvolta contraddittorie varianti — è stata costruita l’intera civiltà. E la disponibilità alla servitù volontaria, il riflesso condizionato che fa scattare sull’attenti davanti ad un’autorità, si basa proprio sull’intima convinzione che la vita umana non possa fare a meno di gerarchie. Come se un’esistenza priva di ordini a cui obbedire fosse, per l’appunto, un’assurdità.
È nostra ipotesi, e nostro auspicio, che in ogni ambito della vita in questa civiltà, nessuno escluso, possa (e debba) apparire un Cigno Nero capace di sfidare la tradizione, di violare la sacralità, di sbriciolare il luogo comune. Ridando così senso, bellezza ed incanto ai nostri giorni sulla terra ed al mondo stesso che ci ospita, da troppo tempo soffocati da ragioni politiche, leggi di mercato, applicazioni tecniche e dogmi religiosi.
Il Cigno Nero non ha un nido. I suoi avvistamenti dipenderanno, nel tempo come nello spazio, dagli sforzi dei suoi appassionati ricercatori. A stimolo di intraprendenti curiosi che volessero a loro volta «guardare l’impossibile tanto da trasformarlo in una possibilità», le sue tracce verranno raccolte qui:
cignonero.noblogs.org
Il primo appuntamento è previsto per l’11 maggio.
I dettagli saranno annunciati nei prossimi giorni.

(it-en) Aggiornamenti sui processi per la manifestazione del 7 maggio 2016 al Brennero

[Riportiamo un aggiornamento sui processi relativi alla manifestazione “Abbattere le frontiere” del 7 maggio 2016 al Brennero (Trentino)].

Aggiornamenti processo Brennero

L’ultima udienza di “Brennero1” (per intendersi, il primo troncone per i fatti del Brennero che vede imputate 64 persone generalmente per i reati di “travisamento”, “interruzione di pubblico servizio” e “radunata sediziosa”) del 25 gennaio è stata rinviata al 10 maggio per difetto di notifica. In questa udienza è probabile che venga fissato il calendario delle udienze di dibattimento.

Il 12 aprile invece, come da ultimo aggiornamento, ci sarà la prima udienza preliminare di “Brennero2” (che vede imputate 63 persone generalmente per “devastazione e saccheggio”, “radunata sediziosa”, “interruzione di pubblico servizio”, “resistenza”, “lesioni personali”, “violenza privata”, “porto di oggetti atti ad offendere”).

È stata creata una e-mail a cui scrivere per ricevere aggiornamenti specifici. Ad oggi però, non c’è molto più da aggiungere. La e-mail è: torniamoalbrennero[at]anche.no

[Tratto da roundrobin.info].

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[We report an update on the trials related to the “Abbattere le frontiere” demo (7 May 2016 at Brennero, in Trentino, Italy)].

Brennero trials updates

The last hearing of “Brennero1” (to be clear, the first branch for the Brennero events that sees 64 people generally charged for the crimes of “misrepresentation”, “interruption of public service” and “seditious gathering”) of January 25 was postponed as of May 10th due to lack of notification. In this hearing it is likely that the calendar of hearings of hearing will be fixed.

On April 12 instead, as from the last update, there will be the first preliminary hearing of “Brennero2” (which sees 63 people generally charged with “devastation and pillaging”, “seditious gathering”, “interruption of public service”, “resistance”, “personal injuries”, “private violence”, “port of objects suitable to offend”).

An e-mail has been created to write to receive specific updates. However, today there is not much more to add. The e-mail is: torniamoalbrennero[at]anche.no

(it-en) Operazione “Renata”: Un aggiornamento

[Below English translation].

Operazione “Renata”: Aggiornamento

Pubblichiamo, in ritardo per un disguido tecnico, questo aggiornamento ricevuto il 20/03 :

I giudici del riesame hanno considerato insussistenti le accuse di terrorismo, quindi il 270bis e le aggravanti. Il reato ipotizzato ora è quello di 270 ossia associazione sovversiva. Ad ogni modo le compagne e i compagni rimangono per ora in carcere.

Tutti liberi, tutte libere!

[Tratto da roundrobin.info].

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An update on “Renata” operation against anarchists in Trentino (Italy)

[Note of roundrobin.info website]: We are posting, delayed due to a technical problem, this update received on 20/03:

The judges of the review [“giudici del riesame”, in Italian] considered the accusations of terrorism to be non-existent, therefore the 270bis accuse and the aggravating ones. The alleged crime is now of 270 or rather “subversive association”. In any case, the comrades remain in prison for now.

All free!

(it-en) Italia: Operazione “Scintilla” – Niccolò trasferito nel carcere di Cuneo

https://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/tettoasilo.jpgItalia: Operazione “Scintilla” – Niccolò trasferito nel carcere di Cuneo

Niccolò Blasi, anarchico arrestato il 7.02.2019 nell’ambito dell’operazione repressiva “Scintilla” – che comportò lo sgombero dell’Asilo Occupato a Torino e l’arresto di sei persone (di cui due successivamente scarcerate a seguito del venire meno dell’accusa di “associazione sovversiva”) -, è stato nuovamente trasferito, questa volta dal carcere di Ivrea a quello di Cuneo. Di seguito l’indirizzo:

Niccolò Blasi
Casa Circondariale di Cuneo
via Roncata 75
12100 Cuneo Continue reading

(it) Attacco!

Ogni mattina, il suono della sveglia mi strappa al sonno. Atto primo: accendo il mio cellulare.
Tramite satelliti, snodi di comunicazione, antenne e quant’altro, il mio telefono si sincronizza con quelli di tutti gli altri. Viviamo la stessa vita nello stesso tempo. Connesso ad internet, qualcosa di invisibile mi attraversa, il mio telefono invia e riceve incessantemente. Non appena il ritmo della notte viene ucciso dalla suoneria ed io mi sincronizzo con il mondo in rete, è un altro tempo a dominare. Lo staccato di trasmissioni in diretta, di ininterrotta accessibilità, di permanente disponibilità, di tempi ed appuntamenti, di orari e scadenze. Atto secondo: stacco il mio cellulare dalla presa. Senza elettricità, non sarebbe nulla, solo plastica e ferraglia con qualche elemento di terre rare. È grazie alla produzione di elettricità dipendente dal nucleare e dal carbone che una rete globale, un’infrastruttura critica che garantisce la nostra vita quotidiana, può funzionare, con l’ausilio di specialisti protetti dalla polizia e dall’esercito. Dopo aver utilizzato vari dispositivi che necessitano anch’essi di una rete — senza la quale sarebbero completamente inutili — metto piede in strada.

Camminando — in una città dove l’oscurità non esiste più, dove nessun luogo sfugge alla vista — accanto ai lampioni, alle scatole di derivazione elettrica e telefonica, alle luccicanti pubblicità, ai negozi coi loro sistemi di sorveglianza — si insinua in me un’evidenza: l’elettricità serve i rapporti basati sulla proprietà tramite migliaia di chilometri di cavi in ​​fibra ottica e rame che corrono ad appena 50 centimetri sotto i miei piedi; intanto passo su tombini che danno accesso a pozzi in fondo ai quali sono posate le arterie del mondo moderno. Seduto in treno, mi viene in mente che sotto le canaline di cemento che corrono lungo i binari serpeggiano altri cavi, e che ogni 100 metri sono installati sistemi di segnalazione: senza tutto ciò, più niente funzionerebbe, il capitale umano come i beni morti non sarebbero più raggiungibili dove dovrebbero produrre o essere consumati.
Abbandonando la mia osservazione da formica, alzo lo sguardo e scorgo sui tetti i ripetitori per internet, per il telefono, oltre che per le onde radio… comprese quelle della polizia. Il mantenimento della miseria quotidiana ha i suoi canali, che occorre interrompere affinché le persone possano cambiare la propria esistenza quotidiana. La comunicazione di coloro che difendono la proprietà nelle strade — la polizia e l’esercito — passa attraverso le antenne sotto cui sfiliamo da mane a sera. Quando un’antenna-radio cade, quando un fascio di cavi brucia lentamente, quando un piccolo taglio intacca un cavo in fibra ottica o in rame dell’illuminazione, improvvisamente si manifesta una zona di ombra, un momento di confusione per coloro che non hanno imparato e non vogliono imparare ad agire e a pensare in modo autonomo, che obbediscono e sono sempre in attesa di ordini e direttive, ma questo potrebbe pur dare la possibilità ad altri di fare cose che spesso sembrano impossibili.
Se il nostro mondo diventa sempre più una mega-macchina, se le arterie del dominio si fanno sempre più sottili e rivestono l’intero territorio con la loro rete, noi dobbiamo — se intendiamo attaccare — essere in grado di distogliere lo sguardo dalle cose più ovvie e cercare di applicare la nostra analisi sugli attuali sviluppi alle prospettive che vogliamo darci. Più il mondo è aggrovigliato, più è vulnerabile alle interferenze. I nodi di comunicazione e le connessioni tra essi, che sono dappertutto e poco protetti, corrispondono ai punti sensibili da tagliare. In un momento in cui l’aria stessa brucia, non ha senso accendere un fuoco dove le fiamme stanno già danzando e dove sono rivolti tutti gli occhi. Il silenzio radio, il blocco delle comunicazioni, l’interruzione delle catene di comando — e molto altro ancora — sono possibilità che possiamo trovare con uno sguardo creativo e minuzioso quando lo dirigiamo alla ricerca di obiettivi da attaccare.

[Feuer den Knästen (“Fuoco alle carceri!”), giornale anarchico pubblicato dopo l’arresto del compagno anarchico di Zurigo, marzo 2019].

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[Testo in italiano tratto da finimondo.org].

(it) Repubblica Ceca: Processo contro gli accusati nell’operazione “Fenix 2”

r-c-repubblica-ceca-processo-contro-gli-accusati-n-1.pngProcesso contro gli accusati nell’operazione “Fenix 2”

8, 10 e 12 aprile 2019, con l’inizio alle ore 8:30, al tribunale distrettuale di Most, si svolgerà il processo contro 4 anarchici e un ambientalista, accusati nell’operazione Fenix 2.

Siate presenti per sostenerli al processo o con qualunque azione di solidarietà. Fate sapere loro che non siete indifferenti verso il loro futuro, come non lo siete verso la libertà di tutti noi.

Ogni forma di espressione di supporto è benvenuta!

[Tratto da anarhija.info].

(it) Genova, Italia: Presidio solidale e discussione sull’operazione “Panico” e sulla sorveglianza speciale

https://roundrobin.info/wp-content/uploads/2019/03/MANinternet1.jpgMartedì 26 marzo 2019: Presidio solidale e discussione sull’operazione “Panico” e sulla sorveglianza speciale

Ore 18.00, piazza S. Lorenzo, Genova: Presidio in solidarietà ai/alle compagni/e anarchici/che arrestati/e.

Ore 21.00, presso lo spazio di documentazione e discussione Chelinse (vico della Torre di S. Luca 6, Genova): Approfondimenti e discussione sull’operazione repressiva “Panico” e sulla sorveglianza speciale.

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Mercoledì 27 marzo presso il tribunale di sorveglianza di Genova si terrà la prima udienza per discutere l’applicazione di 15 misure di sorveglianza speciale nei confronti di altrettanti/e compagni/e, richieste dal pubblico ministero di La Spezia. Nel carcere di La Spezia un nostro compagno, Paska, è rinchiuso in regime di isolamento 14bis per non aver abbassato la testa di fronte all’istituzione carceraria. Dopo pestaggi ed isolamento a chi continua a ribellarsi dentro, fermi di polizia, fogli di via e richieste di sorveglianza speciale arrivano dalla questura e dalla procura di La Spezia a chi porta avanti percorsi di solidarietà fuori. La pericolosità sociale, parametro su cui si basa la richiesta di questa infame misura preventiva di origine fascista e altrettanto cara e utilizzata dalla democrazia, è una categoria repressiva applicata dallo Stato verso chi non si adegua o si ribella ad un mondo sempre più simile ad una galera a cielo aperto.

In un mondo fatto di telecamere, sbirri e frontiere rivendichiamo la pericolosa tensione di voler sovvertire questo esistente.

Solidali con tutt* prigionier* anarchic* e i/le ribelli di questa società.

(it) Operazione “Panico”: Paska trasferito nel carcere di Viterbo

https://anarhija.info/library/g-p-grecia-per-i-13-anni-di-carcere-a-irianna-14-0-1.jpgOperazione “Panico”: Paska trasferito nel carcere di Viterbo

Stamattina [22.03.2019, roundrobin.info] si è saputo che Paska, compagno anarchico attualmente imputato nel processo per la cosiddetta operazione “Panico” a Firenze, è stato trasferito dal carcere di La Spezia a quello di Viterbo. Non si sa se si tratta di un trasferimento in previsione di un medio-lungo periodo, non si conosce esattamente il motivo del trasferimento e non si sa se è ancora sotto regime di 14-bis. Seguiranno aggiornamenti. Per scrivere a Paska: Continue reading

(en-it) Update about anarchists imprisoned following “Scintilla” and “Renata” operations (Italy)

[Sotto c’è il testo in italiano. Below Italian version].

Update about anarchists imprisoned following “Scintilla” and “Renata” operations (Italy)

Some comrades arrested on 19.02.2019 in Trentino as part of the repressive operation called “Renata” were transferred to other prisons (Ferrara, Rome Rebibbia and Tolmezzo, where Giulio and Stecco were already located). We remind that the main accusations against them are “attack with the purpose of terrorism” (article 280 of the penal code) and, not for all the comrades, to have constituted or participated in a “subversive association with the purpose of terrorism or subversion of democratic order” (article 270 bis of the penal code). Here the updated addresses:

Agnese Trentin
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma
Italia (Italy)

Roberto Bottamedi, Luca Dolce (“Stecco”), Giulio Berdusco
Casa Circondariale
via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)
Italia (Italy)

Nicola Briganti, Andrea Parolari
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara
Italia (Italy)

While Niccolò, arrested on 7.02.2019 in Turin as part of the “Scintilla” repressive operation, which for some days had not been in the AS2 (“high security 2”) section of the Ferrara prison but in a “normal” section, on 19.03.2019 was transferred to the Ivrea prison (in the province of Turin). We recall that they are no longer accused of having established or participated in a “subversive association” (article 270 of the penal code), but of crimes related to specific facts. Here the updated addresses:

Niccolo Blasi
Corso Vercelli 165
10015 Ivrea (To)
Italia (Italy)

Silvia Ruggeri
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma
Italia (Italy)

Antonio Rizzo, Giuseppe de Salvatore
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara
Italia (Italy)

***

Aggiornamento sugli anarchici prigionieri a seguito delle operazioni “Scintilla” e “Renata”

Alcuni compagni arrestati il 19.02.2019 in Trentino nell’ambito dell’operazione repressiva denominata “Renata” sono stati trasferiti in altre carceri (Ferrara, Roma Rebibbia femminile e Tolmezzo, dove già si trovavamo Giulio e Stecco). Ricordiamo che le principali accuse nei loro confronti sono di “attentato con finalità di terrorismo” (articolo 280 del codice penale) e, non per tutti i compagni, di aver costituito o partecipato ad una “associazione sovversiva con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico” (articolo 270 bis del codice penale). Gli indirizzi ora sono i seguenti:

Agnese Trentin
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Roberto Bottamedi, Luca Dolce (“Stecco”), Giulio Berdusco
Casa Circondariale
via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)

Nicola Briganti, Andrea Parolari
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara

Mentre Niccolò, arrestato il 7.02.2019 a Torino nell’ambito dell’operazione repressiva “Scintilla”, che già da qualche giorno non si trovava più nella sezione AS2 (“alta sicurezza 2”) del carcere di Ferrara ma in una sezione “normale”, il 19.03.2019 è stato trasferito nel carcere di Ivrea (in provincia di Torino). Ricordiamo che non sono più accusati di aver costituito o partecipato ad una “associazione sovversiva” (articolo 270 del codice penale), ma di reati relativi a fatti specifici. Gli indirizzi ora sono i seguenti:

Niccolo Blasi
Corso Vercelli 165
10015 Ivrea (To)

Silvia Ruggeri
C. C. di Rebibbia femminile
via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Antonio Rizzo, Giuseppe de Salvatore
C. C. di Ferrara
via Arginone 327
44122 Ferrara

[From 325.nostate.net].

(en) Free and dangerous. A text by Elisa and Gabriel

Free and dangerous

Ardire, Scripta Manent, Operation Buyo… Do they mean anything to you? These are only a few of the police judicial “operations” that our “clan” has lived on its own skin for being and remaining anarchists to the extreme consequence.

We are a nomadic clan that goes from country to country in search of accomplices who practice anarchism without asking for approval or consensus, who act without worrying about the “politically correct” discourse (so much in vogue in our times) that haunts our little shops today. We are also not interested in “aesthetics”, but “ethics”, the practical, the real…

We are looking for an anarchism that dirties our hands, keeps us awake and always on guard (as opposed to any complacency); this anarchism that is not liked by and disturbs the servants of the State, who have not abandoned their efforts to imprison us.

It is not easy to go from one place to another. It’s even more difficult along with our daughter, that little beauty we called Iraultza, and a canine companion that we will never fail to take with us, because she is an integral part of our clan.

Apparently, the Spanish State has not stopped wanting to put me in prison for a “residual sentence” that exists only in its putrid mind and its disgusting papers.

That being how things are, we have decided to live in the shadows, bringing our invisible contribution to all the projects that are of interest to us and with which we feel complicit.

We express all our subversive solidarity for the DESERVING comrades on trial in Italy and the world. We have no declarations to make in the courts of the “gowned” because we don’t give a shit about their theatres and farces, their accusations and acquittals.

The best way to propagate Anarchy is to live it intensely, not by representing it. We are not for farce or comedy.

There will be no more “communiques” from our clan: We are free and we are dangerous.

For Anarchy!

The nomad-anarchist clan.
Elisa-Gabriel-Iraultza and the quadruped.

 

[From actforfree.nostate.net].
[Italian text here | Spanish text here].

(it) Italia: Trasferiti alcuni anarchici arrestati il 19.02.2019 in Trentino

Alcuni anarchici arrestati il 19 febbraio nel corso dell’operazione repressiva denominata “Renata” sono stati trasferiti in altre carceri: Roma Rebibbia femminile, Ferrara e Tolmezzo (Udine), dove già erano detenuti Stecco e Giulio.

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Indirizzi aggiornati:

Agnese Trentin
C. C. di Rebibbia femminile
Via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Roberto Bottamedi, Luca Dolce, Giulio Berdusco
Via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)

Nicola Briganti, Andrea Parolari
C. C. di Ferrara
Via Arginone 327
44122 Ferrara

[Indirizzi tratti da Croce Nera Anarchica].

(it) Liberx e pericolosx. Un testo di Elisa e Gabriel

Liberx e pericolosx

Ardire, Scripta Manent, Operation Buyo… Vi suonano? Queste sono solo alcune delle “operazioni” giuridico poliziesche che il nostro “clan” ha vissuto sulla propria pelle per il fatto di essere e rimanere anarchici fino alle estreme conseguenze.
Siamo un clan nomade che va di paese in paese alla ricerca di complici che pratichino l’anarchismo senza chiedere approvazione e consenso, che agiscano senza preoccuparsi del discorso “politicamente corretto” (tanto in voga nei nostri tempi) che oggi infesta le nostre botteghe. Non ci interessa neanche l’“estetica”, bensì l’“etica”, il pratico, il reale…
Cerchiamo un anarchismo che ci sporchi le mani, che ci mantenga sveglx e sempre in guardia (al contrario di ogni autocompiacimento); questo anarchismo che non garba e che disturba i servitori dello Stato, che non rinunciano ai loro sforzi per imprigionarci.
Non è facile andare da un posto all’altro. È ancora più difficile assieme a nostra figlia, quella piccola bellezza che abbiamo chiamato Iraultza, e ad una compagna canina che non rinunceremo mai a portare con noi, perché è parte integrante del nostro clan.
Apparentemente, lo Stato spagnolo non ha ancora smesso di volermi imprigionare per un “residuo di pena” che esiste solo nella sua mente marcia e nelle sue carte di merda.
Stando così le cose, abbiamo deciso di vivere nell’ombra, portando il nostro contributo invisibile in tutti quei progetti che sono per noi di interesse e con cui ci sentiamo complici.
Esprimiamo tutta la nostra solidarietà sovversiva per i/le compagnx DEGNX processatx in Italia e nel mondo. Non abbiamo dichiarazioni da offrire nelle aule dei “togati” perché ce ne infischiamo dei loro teatri e farse, delle loro accuse ed assoluzioni.
Il modo migliore per propagare l’Anarchia è vivendola intensamente, non rappresentandola. Non sono per noi la farsa o la commedia.
Non ci saranno più “comunicati” dal nostro clan: Siamo liberx e siamo pericolosx.

Per l’Anarchia!

Il clan nomade-anarchico.
Elisa-Gabriel-Iraultza e la quadrupede.

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[Qui il testo in spagnolo].

(es) Libres y Peligrosxs. Un texto de Elisa y Gabriel

Libres y Peligrosxs

Ardire, Scripta Manent, Operación Buyo… Os suenan? Son solo algunas de las “operaciones” jurídico-policiales que nuestro “clan” ha experimentado en carne propia por el hecho de ser y estar anarquistas hasta las últimas consecuencias.
Somos un clan-nómada que va de país en país en busca de cómplices que practiquen el anarquismo sin buscar la aprobación y el consenso, que accionen sin preocuparles el discurso “políticamente correcto” (tan de boga en nuestros tiempos) que hoy infesta nuestras tiendas. Tampoco nos interesa la “estética” si no la “ética”, lo práctico, lo real…
Procuramos un anarquismo que nos manche las manos, que nos mantenga despiertx y siempre en guardia (lo opuesto a toda auto-complacencia); ése anarquismo que desagrada e inquieta a los siervos del Estado que no cejan en su empeño de encarcelarnos.
No es fácil ir de un lugar a otro. Aún es más arduo con nuestra hija a cuestas, esa pequeña hermosura que hemos llamado Iraultza y, una compañera canina que jamás renunciaremos a llevar con nosotrxs, porque es parte integral  de nuestro clan.
Al parecer, el Estado español tampoco ha renunciado a quererme encarcelar por un “resto de condena” que solo existe en sus podridas mentes y en sus papeles de mierda.
Estando así las cosas, hemos decidido vivir en la sombra, aportando nuestro granito de arena invisible en todos aquellos proyectos que nos resultan de interés y con los que nos sentimos cómplices.
Expresamos toda nuestra solidaridad subversiva para lxs compañerxs DIGNXS juzgadxs en Italia y en el mundo. No tenemos declaraciones que ofrecer en aulas de “togadxs” porque nos cagamos en sus teatros y sainetes, en sus acusaciones y absoluciones.
El mejor modo de propagar la Anarquía es viviéndola intensamente y, no representándola. No se nos da la farsa ni la comedia.
No habrá más “comunicados” de nuestro clan: Estamos libres y somos peligrosxs.

¡Por la Anarquía!

El clan nómada-anárquico.
Elisa-Gabriel-Iraultza y la cuadrúpeda.

(it) Odio i politicanti

Odio i politicanti

«Il solo espropriatore italo-americano su cui la letteratura anarchica
non ha nulla da dire è Cesare Stami, anarchico individualista selvaggio…»
Nunzio Pernicone
Carlo Tresca and the Sacco-Vanzetti Case

La prima volta che ci siamo imbattuti nella sua ombra è stato oltre una decina di anni fa. Per caso, per puro caso. Eravamo in una biblioteca anarchica e stavamo sfogliando una vecchia rivista, di quelle ingiallite dal tempo, pubblicata alla fine degli anni 20 da individualisti italiani emigrati negli Stati Uniti.
A un tratto l’occhio ci è caduto su un articolo commemorativo in cui si rendeva omaggio ad un anarchico italiano sepolto e dimenticato da tutti. Oltre a venire descritto come un uomo pieno di virtù e di vizi, dal pensiero provocatorio e iconoclasta, insofferente ad ogni morale (compresa quella cara a certi anarchici), veniva anche ricordato per essere stato un temibile fuorilegge, ammazzato alcuni anni prima in un agguato dalla polizia. Ecco perché, sospirava l’autore del testo, «la tacita congiura del silenzio e dell’oblio si è fatta attorno al suo nome».
Il suo nome era Cesare Stami.
Abbiamo sgranato gli occhi. Chi?! Cesare Stami? Mai sentito nominare! Da allora, ogni qual volta ne abbiamo avuto il tempo e l’occasione, ci siamo lanciati all’inseguimento della sua ombra nel tentativo di raggiungerla ed afferrarla, con la speranza di riuscire infine a vedere da vicino il suo vero volto. E più andavamo avanti con le nostre ricerche, più rimanevamo colpiti da quanto scoprivamo. Le poche informazioni sul suo conto presenti negli archivi di Stato, tutte antecedenti la sua partenza per gli Stati Uniti, in un certo senso contrastano con le poche informazioni ricavabili dai due soli omaggi postumi che gli vennero dedicati (il necrologio pubblicato alla sua morte su L’Adunata dei Refrattari e quello che aveva destato la nostra curiosità, apparso quattro anni dopo su Eresie).
Le tracce che Stami aveva lasciato dietro di sé erano scarse, confuse, contraddittorie, e svanivano tutte nel nulla. Anzi, peggio, portavano dritte in mezzo a vere e proprie tenebre, laddove la ragionevolezza consiglia di non addentrarsi. Ogni pista che seguivamo sbatteva contro un muro, composto da una sorta di oblio frammisto a sospetto e rancore, che circondava il suo nome.
Ne risultava che nessuno volesse davvero saperne di Cesare Stami, eroe per pochi, mostro per molti. La sua stessa morte ha un che di misterioso, tenuto conto che il governo italiano continuò per decenni a chiedere informazioni sul suo conto, sul suo possibile nascondiglio, come se egli non fosse affatto morto nell’imboscata tesa dalla polizia a lui ed ai suoi compagni, ma si fosse in qualche modo salvato. Sembra quasi la scena di un film, con il fuorilegge ferito che sparisce tra i flutti del fiume, viene dato per morto anche dai suoi amici, e invece… Invece eccolo lì, il suo giornale maledetto, La Rivolta degli Angeli, uscire con un ultimo numero due anni dopo la tragedia per ricordare i compagni caduti e far udire la voce sibillina dell’ombra.
Ma se Stami era morto in quel conflitto a fuoco nel maggio 1924, perché il governo italiano insisteva a cercarlo? Come è possibile che un paio di anni dopo, il 13 gennaio 1926, il prefetto di Ferrara avesse comunicato al ministero dell’Interno che Stami dimorava ancora a New York? E cosa pensare di quel dispaccio n. 955 del Consolato generale d’Italia di New York, datato 16 marzo 1934, in cui il console Crossardi riportava: «dagli accertamenti effettuati non è risultato che il nominato Stami Cesare sia qui deceduto durante l’anno 1924 e che tutte le indagini effettuate per cercare di ottenere qualche notizia sul suo conto hanno avuto finora esito negativo. Sembra che in questi ambienti anarchici nessuno si ricordi di lui»?
Svanito per sempre, con grande sollievo per tutti. Perché mai?
Di Cesare Stami si sa dunque molto poco. Si sa per certo che nacque a Ferrara nell’aprile del 1884, ma già sul giorno della nascita ci sono versioni contrastanti: il 25 o il 15? Abbandonato alla nascita, non si conoscono i suoi genitori (i quali si erano sbarazzati in fretta e furia del frutto del peccato). Non avendo nessuna vera famiglia, era cresciuto sulla strada dove acquisì «l’irrequietezza, la mobilità e l’agilità, lo spirito sarcastico che tutto scavalca con uno sberleffo o con una ghignata beffeggiatrice». Senza un’istruzione, era un semianalfabeta andato a scuola a malapena fino alla terza elementare. Ma la sua mancanza di cultura, come vedremo, non avrebbe costituito da parte sua motivo di rancore verso gli «intellettuali», quanto piuttosto una sfida continua con se stesso.
Privo di ogni affetto familiare, privo di istruzione, senza santi né padrini, trascorse la sua adolescenza con «solo la compagnia della miseria, della fame, della disperazione tetra. Sul solco aspramente lavorato covava il rancore di mille generazioni del rigagnolo, come lui nate dalla strada, abbandonate alla deriva, vilipese ed oltraggiate».
Bestia da soma predestinata, Stami era costretto a passare da un lavoro di fatica all’altro. Ma, essendo insofferente al basto, si dimostrava «poco assiduo al lavoro» nonché sobillatore.
Il 15 luglio 1904 viene condannato dal Tribunale di Ferrara a 25 giorni di detenzione per «attentato alla libertà del lavoro»: è la sua prima condanna. Quello stesso anno, ormai ventenne, viene preteso dall’esercito per svolgere il servizio di leva e spedito a Padova.
Ovviamente la disciplina militare non fa per lui e, a detta del compilatore questurino di turno, Stami «si fece vedere colà con molta assiduità frequentare i peggiori sovversivi».
Finisce sotto processo, perché compare in una fotografia che ritrae dei giovani socialisti antimilitaristi con la bandiera rossa spiegata in mano, mentre altri in divisa da soldato sono ritratti nell’atto di spezzare le armi e schiacciare i kepì. Per questo sfregio arrecato all’onore dell’esercito, Stami viene internato nella famigerata Compagnia di Disciplina di Peschiera, teatro di abusi ed orrori, da cui sarà liberato nel novembre 1907. È sotto le armi che impara a fatica a leggere e a scrivere, uno sforzo grazie al quale «la sua istintiva rivolta assunse consapevolezza e ragione di vita».
La prefettura di Padova riferisce che Stami è «un convinto e fanatico sovversivo non soltanto capace di fare propaganda, ma anche di ricorrere all’azione».
La sua intolleranza per ogni ordine, il suo odio per le uniformi, il suo disprezzo per le leggi e le morali, tutte queste sue caratteristiche lo potevano portare in un sola direzione: l’anarchismo, nella sua manifestazione più individualista.
«Ribelle nato, reietto e legato alla sorte degli umili, cercò e strinse amicizia coi libertari e divenne anarchico. Da qui la sua passione di libertà acquista coscienza e prosegue dritta nella via maestra della ribellione», riporta l’unico necrologio redatto alla sua scomparsa, quello dell’Adunata dei Refrattari.
Il suo nome sulla stampa anarchica appare per la prima volta nell’aprile 1908, sulla Protesta Umana di Milano, dove firma una violentissima lettera contro le Compagnie di Disciplina ed il militarismo. Nel 1910, dopo essersi trasferito a Milano, la testa calda che gli sbirri descrivono «privo di educazione e cultura… non collabora alla redazione di giornali mancando di capacità e così non è in grado di tenere conferenze», diventa gerente di un paio di periodici anarchici individualisti — prima del settimanale La Rivolta, poi della rivista Sciarpa nera — venendo più volte incriminato per alcuni articoli pubblicati.
A fine settembre, Stami lascia il suo domicilio di Pontelagoscuro diretto verso Milano, dove è richiesta la sua presenza al processo che lo vede imputato in qualità di responsabile editoriale. Ma, non potendo respirare la libertà all’interno di un tribunale, Stami allunga il suo viaggio, varca la frontiera e va a Marsiglia (dove viene subito segnalato come elemento «pericoloso»).
La giustizia italiana procede il suo corso e il 15 ottobre Stami viene condannato a sei mesi di detenzione e 75 lire di multa per apologia di reato (e il 18 novembre la Procura di Milano spicca un mandato di arresto nei suoi confronti). Il 4 febbraio 1911 un altro processo per apologia di reato si conclude con una nuova condanna: un anno di reclusione e 490 lire di multa (e il 18 marzo scatta un nuovo mandato di cattura). Sebbene ad aprile dello stesso anno un’amnistia faccia cadere le pendenze a suo carico, Stami rimane in Francia, dove conduce una vita randagia, fra mille difficoltà. A Marsiglia è ospite dell’anarchico pisano Raffaele Nerucci — il cui ristorante funge da punto di riferimento per tutti i fuoriusciti libertari italiani — con cui i rapporti diventeranno tesissimi. La miseria continua a contraddistinguere i suoi giorni, e per sopravvivere è costretto a fare i lavori più faticosi.
Sorpreso dal controllore del treno senza biglietto e fatto scendere ad Avignone, non riuscirà ad arrivare a Parigi all’appuntamento fissato con Pietro Bruzzi (l’anarchico sospettato di aver partecipato all’attentato al Diana, poi fucilato dai nazisti in quanto partigiano).
Il 30 agosto, a Marsiglia, gli informatori della polizia segnalano una vera e propria rissa tra bande di anarchici. Da una parte ci sono Cesare Stami, Adelmo Sardini e Alfredo Cancellieri; dall’altra Raffaele Nerucci, Mugnai e Bendinelli. L’aria è diventata irrespirabile, Stami lascia la Francia e rientra in Italia. Prima viene ricoverato a Genova in ospedale, poi a dicembre viene arrestato a Ronco Scrivia sul treno, nuovamente senza biglietto. Ritorna a vivere a Pontelagoscuro e la polizia continua a tenerlo sotto controllo, ma in modo meno serrato.
Stami lavora (nel settembre 1912 viene assunto da uno zuccherificio a Bondano come capofacchino), legge la stampa anarchica, frequenta sovversivi, ma non partecipa alla vita di movimento.
Nel bollente 1914 il periodo di quiete finisce. Prima viene segnalato per propaganda astensionista, poi perché, nel corso di una riunione chiusa indetta nello zuccherificio dove lavora, Stami esorta — in caso di sciopero — a compiere atti di sabotaggio che siano inesorabili e tali da fiaccare la resistenza padronale. L’11 giugno, nel bel mezzo della Settimana Rossa, viene denunciato a Pontelagoscuro per aver tenuto un comizio non autorizzato. Quattro giorni dopo invita gli operai dello zuccherificio ad una riunione, al fine di spronarli a scioperare. Il direttore dello stabilimento, venutone a conoscenza, minaccia gli operai e li ammonisce che chiuderà la fabbrica piuttosto che farlo entrare.
Il risultato è che gli operai ripudiano lo stesso Stami, il quale a fine giugno viene licenziato in tronco per scarso attaccamento al lavoro.
Lascia di nuovo il paese e torna in Francia, dove interviene in riunioni e conferenze per scagliarsi contro la borghesia e la guerra. Nel mese di novembre rientra in Italia, sempre sprovvisto di mezzi. Subisce una nuova condanna a 5 mesi di detenzione, questa volta per «istigazione a delinquere».
Nel 1915, sempre a Pontelagoscuro, trova lavoro ancora come facchino in un altro zuccherificio. Il Primo maggio fa uscire un numero unico intitolato Il Demolitore (non reperito). Nell’estate di quell’anno lascia per sempre l’Italia, probabilmente per sottrarsi all’arruolamento. Prima va in Svizzera, poi raggiunge Parigi. A fine agosto dell’anno successivo, il 1916, Stami si allontana da Parigi (dove lascia la sua compagna Rosa Bertolini) diretto a Bordeaux, per salpare in compagnia di Mario Maroncelli verso l’America.
Le tracce di Cesare Stami fiutate dai cani da caccia della polizia italiana si fermano là, su quel molo di Bordeaux. Degli otto anni che gli resteranno da vivere si sa poco, ma si può immaginare molto. E ciò che stupisce maggiormente è che il Cesare Stami che sbarca dall’altra parte dell’oceano, e fa capolino sulla stampa anarchica, appare assai diverso da quello descritto dalle italiche veline poliziesche. L’anarchico che solo un anno prima, a detta delle confidenze degli informatori, ha visto fallire il suo progetto di pubblicare un giornale per mancanza di collaborazione («essendo analfabeta la sua proposta non è stata presa sul serio»), negli ultimi mesi del 1916, fra settembre e dicembre, prende più volte la parola in comizi, tiene affollate conferenze e diventa redattore di una rivista. Non solo, ma diverrà anche un temibile rapinatore di banche assieme ad alcuni suoi compagni.
Sembra inverosimile, eppure è così. Il 30 settembre Stami partecipa, a New York, al Grande Comizio Internazionale per le vittime della reazione in America. Nella stessa città, il 15 ottobre, tiene una conferenza su “Gli anarchici e lo sciopero generale”. Il 25 ottobre prende parte ad un altro pubblico comizio di protesta, indetto dalla Federazione Anarchica Internazionale. Da New York si sposta nel Connecticut per altre due conferenze. L’11 novembre è a Bridgeport, dove parla sul tema “La guerra e le sue conseguenze” nel locale Circolo di Studi Sociali. Di questa conferenza rimane una testimonianza, che apparirà sul successivo numero di Cronaca Sovversiva, e che vale la pena riportare:
«Assisté un pubblico numerosissimo di lavoratori che il compagno nostro con parola vibrante e sincera riuscì ad interessare dal principio alla fine, cogliendo occasione per evocare i nostri martiri coperti dal disprezzo delle folle per le quali si sacrificarono incitandole con l’esempio alla riscossa. Frustò poi con una critica fine ed imparziale, uomini e partiti che dal ciclone guerresco si lasciarono travolgere. Cesare Stami è un operaio autentico, quasi deformato dal lavoro sfibrante, ma la sua conferenza semplice ed assennata, piena di sano entusiasmo, ha lasciato nei presenti una profonda impressione. Noi confidiamo che tale simpatia non abbia a svanire».
Il giorno dopo, il 12 novembre, Stami è a New Haven a commemorare i martiri di Chicago al Dreamland Theatre. Rientrato a New York, il 29 novembre tiene una conferenza sul tema “La schiavitù della donna di fronte all’attuale legge sociale” nei locali del gruppo Bresci.
Chissà, forse è proprio in virtù di questa «profonda impressione» e «simpatia» che Stami riusciva subito a riscuotere fra i compagni, che il suo nominativo figurava come distributore a cui richiedere il nuovo periodico anarchico lanciato l’1 dicembre 1916, quel L’Uomo Nuovo al cui interno si può leggere che «l’ignoranza è la massima e la peggiore delle povertà».
Il nome di Stami non figurerà mai all’interno dei due numeri della rivista, dove invece si possono incontrare un paio di pseudonimi che ritorneranno alcuni anni dopo su La Rivolta degli Angeli.
Egli firma invece alcuni testi apparsi su Cronaca Sovversiva, il settimanale di Luigi Galleani, con cui collaborerà fino alla fine e da alcuni di questi articoli si intuisce che era al centro di polemiche con altri anarchici. Non sappiamo se anche lui sia stato coinvolto nelle indagini degli agenti federali contro i collaboratori di Cronaca Sovversiva, se anche su di lui pendesse la minaccia della deportazione o cos’altro. Ciò che sappiamo di certo è che smise di usare il suo cognome e che proprio lui avrebbe dato vita a L’Adunata dei Refrattari, il giornale che prese il posto del settimanale di Galleani e che uscì per mezzo secolo. Infatti, in un articolo apparso il 23 aprile 1932, Costantino Zonchello dedica un articolo (a firma: “Gli iniziatori primi”) ai primi dieci anni di esistenza dell’Adunata in cui svela chi fu promotore del settimanale: «Chi avrebbe pensato il 17 aprile del 1922, nel lanciare il primo numero della pubblicazione, che l’Adunata avrebbe vissuto vegeta e rigogliosa per dieci anni? Non certo quell’anima dannata di Cesare Stami, che ad una opera buona di propaganda scocciava il prossimo circostante e rivoltava mezzo mondo e non dava pace a nessuno sino a che il suo proposito generoso non si traduceva in realtà».
Stami scriveva sull’Adunata usando lo pseudonimo di Cesare Protesta, ma la sua collaborazione sarebbe durata ben poco poiché i rapporti con la redazione del giornale si erano presto fatti tesi. Un anno dopo, Stami avrebbe pubblicato il primo numero di un giornale dal cipiglio davvero sfrontato. Il suo titolo era La Rivolta degli Angeli ed era il “Giornale degl’anormali” che «esce quando piace a noi», il cui gerente responsabile era «la ghenga del fil di ferro», avvertiva i «signori lettori che noi si scrive prima di tutto come ci fa comodo, e in secondo luogo come ci riesce, noi non siamo né maestri, né filosofastri», e precisava di poter contare su «un fondo permanente di 3000 dollari».
Va da sé che molti testi erano polemici nei confronti di tutti, dai redattori dell’Adunata al solito Carlo Tresca. Quanto al motivo di tanto furore, rimane più o meno sconosciuto. Ma facilmente ipotizzabile. Sarebbe semplice e comodo attribuire tutto al carattere provocatore di Stami, alla sua mancanza di tatto, ma temiamo che il vero movente sia un altro, assai meno personale e ben più delicato: il caso Sacco e Vanzetti. È infatti a questo unico proposito che il nome di Stami viene ricordato con imbarazzo dagli storici che si sono occupati degli anarchici italiani di quegli anni. Paul Avrich, nel suo saggio Sacco and Vanzetti’s Revenge, riporta un incontro tenutosi a Springfield nel 1924 in cui la figura chiave «fu Cesare Stami, un ultramilitante che partecipava ad attività illegali. Pubblicava un periodico clandestino chiamato La Rivolta degli Angeli (come il titolo di un libro di Anatole France). Il sottotitolo del periodico di Stami era “Giornale degli Anormali”. Oltre alla pubblicazione del periodico, Stami e la sua banda di espropriatori fecero rapine in Pennsylvania, Ohio e West Virginia, così come in una banca di Detroit. Ora egli domandava 5.000 dollari per liberare Sacco e Vanzetti (informazione data all’autore da un anarchico che era presente all’incontro). Ma il gruppo di Springfield non aveva il denaro, e l’accordo saltò. L’anno successivo Stami rapinò un treno in Pennsylvania che stava trasportando un carico d’oro. Ma uno dei suoi scagnozzi si rivelò essere un informatore ed avvertì la polizia. Il treno venne circondato da poliziotti e Stami venne ucciso in una sparatoria, assieme a molti suoi uomini».
L’anarchico che diede una simile informazione ad Avrich era Bartolomeo Provo, la cui testimonianza originale compare in Anarchist Voices: An Oral History of Anarchism in America: «Uno o due anni dopo ci fu un incontro a Springfield per discutere della liberazione di Sacco e Vanzetti. L’idea era di liberarli mentre erano sul treno che li portava dalla prigione al tribunale, quando erano sorvegliati solo da due ispettori. Cesare Stami e la sua banda erano presenti. Volevano cinquemila dollari per fare il lavoro. Avrebbero dovuto farlo, sai, ma noi non avevamo i cinquemila dollari. Stami era coinvolto in molte rapine. Non si sarebbe fermato davanti a niente. Aveva rapinato una banca a Detroit — i suoi uomini sparavano dappertutto. Questo accadde verso il 1924. Più tardi quell’anno rapinarono un treno in Pennsylvania che stava trasportando un carico d’oro. Ma uno degli uomini era un informatore e avvisò la polizia. Il treno venne circondato da ispettori e Stami venne ucciso con altri tre o quattro. Me lo hanno detto ad Old Forge, una città mineraria ad est della Pennsylvania dove viveva e lavorava un certo numero di Galleanisti. Io non sono mai stato d’accordo con quei metodi. Loro dicevano “siamo sfruttati, quindi riprendiamo”, ma la maggior parte di ciò che rubavano era per se stessi e non per l’Ideale».
Se fosse vero quanto riportato da Provo, si capirebbe bene il motivo per cui il nome di Stami è stato sepolto e dimenticato per sempre dagli anarchici. Chiedere soldi per far evadere due compagni condannati a morte? Sarebbe una vera e propria infamia. Ma avendo letto gli articoli su Sacco e Vanzetti apparsi su La Rivolta degli Angeli, ci permettiamo di non credere affatto a una simile testimonianza — poco importa se frutto di ricordi confusi dal tempo o di un rancore ancora vivo — e di ritenere le parole di Provo del tutto inattendibili (d’altronde, a suo dire, Vanzetti avrebbe commesso un attentato fallito a causa di un cane che aveva spento la miccia della bomba urinandoci sopra, rivelazione che l’anarchico piemontese avrebbe fatto a lui solo!?!).
In realtà era proprio Stami a reclamare l’azione diretta audace ed energica per liberare Sacco e Vanzetti, fustigando in più di un’occasione quegli anarchici che si affidavano agli avvocati e alle petizioni. Inoltre, perché mai avrebbe dovuto pretendere del denaro, lui che in quel periodo non ne era certo privo, per fare ciò che sosteneva a voce alta fosse necessario? Quanto al fatto che egli allungasse le mani sulle casseforti delle banche solo per arricchirsi, non è certo ciò che veniva sostenuto all’epoca e pubblicamente — e non confidato decenni dopo ad uno storico — sia da L’Adunata dei Refrattari («Bandito; non per sé. Troppo aveva provato l’afflizione della miseria e lo stimolo del bisogno, perché non ne capisse i roncigliamenti convulsi negli altri. Dove passò lasciò tra le famiglie proletarie bisognose, qualunque il credo e la passione, un coro di benedizioni per l’uomo che toglieva al satrapo avido ed avaro per ridare alla gente umile del lavoro») che da Eresie («Stami, il quale ebbe alle calcagna la polizia di parecchi stati, che ad ogni suo atto d’espropriazione si vedeva descritto con negli occhi un’espressione di ferocia sgominatrice, delle molte decine di migliaia di dollari sottratti all’ingordigia di Creso non abbia mai ritenuto per sé più che il necessario per tentare l’altro colpo e della sua opera d’impenitente bandito la sua famiglia sia quella che meno ne abbia beneficiato, mentre in quanti l’avvicinavano era noto il coro di benedizioni che si elevavano al suo indirizzo»).
Due anni dopo la sua morte sarebbe uscito un ultimo numero di La Rivolta degli Angeli, datato 19 maggio 1926, verosimilmente a cura di Angiolina Algeri: «usciamo ancora una volta per ricordare con passione coloro che furono obliati da tutti, per poi morire senza più resuscitare. Era nostro dovere sorgere ancora una volta perché il nostro spirito irrequieto non poteva starsene in pace… ci sono rimaste troppe cose da dire… troppe osservazioni da fare… quindi squarciamo il velo dell’aldilà e ripigliamo la penna per agitarla come pare e piace a noi, e con questo numero unico diamo a Cesare quel che è di Cesare».
Tra le cose da dire, anche un ultimo omaggio a «Cesare Protesta, Gianni, Terzo, Gabriele, Zara… furono ignoti, sbucati dall’ignoto e scaraventati con violenza nell’ignoto. Vissero giorno per giorno col frutto della loro audacia. La loro vita fu un succedersi di burrasche che li squassarono. Vissero le loro idee come dei passionali e la loro passione scavò solchi profondi e sanguinosi sul loro scabroso cammino. Furono un pugno di reprobi in eterna rivolta pagando col sangue e la vita».
Negli anni 50 Ugo Fedeli descriverà così Stami ed i suoi ultimi anni trascorsi negli Stati Uniti: «Temperamento esuberante, trovò impossibile adattarsi alla clandestinità, a cui le leggi anti-anarchiche del periodo bellico condannavano i militanti, accettò la guerra che lo stato dichiarava senza tregua e in questa cadde combattendo, dopo alcuni anni di esistenza illegale».
Nonostante le nostre ricerche, rese difficili dalla mancanza di indizi più precisi, non siamo riusciti a trovare altro sul conto di Cesare Stami e dei suoi compagni, di cui abbiamo qui raccolto alcuni testi. Che gli amanti delle grandi analisi, dei pensieri profondi e dello stile impeccabile ne stiano alla larga. Nelle pagine che seguono non troveranno nulla di tutto ciò. Ma solo l’urlo di disperazione e rabbia di un vero dannato della terra alla conquista della sua individualità, a dispetto di tutto e tutti.

Cesare Stami
ODIO I POLITICANTI
pp. 104, 5 euro
(3 euro dalle 5 copie)
Gratis
www.gratisedizioni.org

per richieste:
trrivio[at]gmail.com
grotesk[at]libero.it

[Tratto da finimondo.org].

(it) Italia: Manifestazioni a Trento e a Torino

Corteo
Sabato 16 marzo 2019
Piazza Dante – Trento
Ore 15.00

Dopo l’operazione “Scripta Manent”, gli arresti a Firenze e a Torino, ora la repressione colpisce duro anche in Trentino.
Imprigionando alcuni anarchici, si vogliono mettere all’angolo le lotte, la solidarietà, l’azione diretta.
Di fronte alla violenza dello Stato e dei padroni devono rimanere solo il silenzio o gli applausi.
I rapporti di forza sono sproporzionati?
“Bisogna lottare e lottare perché la sproporzione sia stroncata”.
Che ognuno ci metta qualcosa, perché qualcuno non debba metterci tutto.

Libertà per i compagni arrestati.
Terrorista è lo Stato!

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Sabato 30 marzo 2019
Corteo a Torino

Di seguito i manifesti:

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(it) Zurigo, Svizzera: Dal carcere di Zurigo

Nota bene: La persona tratta in arresto a Zurigo il 29 gennaio 2019 per le accuse relative ad un attacco incendiario contro diversi veicoli dell’esercito svizzero a Hinwil (Zurigo) il 27 settembre 2015, per un attacco incendiario contro l’antenna radio per le comunicazioni della polizia a Waidberg (Zurigo) il 10 luglio 2016 e per l’inserimento di manifesti (la polizia crede di conoscere una data per questo, il 16 novembre 2017) nella vetrina della Biblioteca Anarchica Fermento che presumibilmente invitavano a causare “danni alla proprietà e violenza contro aziende e persone che fanno parte dello sviluppo del carcere Bässlergut a Basilea e alla costruzione del PJZ a Zurigo”, nel mese di settembre 2019 ha consapevolmente collaborato con la polizia svizzera redigendo e depositando presso l’ufficio della pubblica accusa una dichiarazione in cui rende affermazioni che potranno essere utilizzate dalle forze dell’ordine contro un compagno anarchico latitante e ricercato da luglio 2016 per le stesse azioni. Oltre a ciò, ha rivolto i sospetti verso alcuni amici e conoscenti. L’ex gruppo di solidarietà ha diffuso un testo su questa miserabile vicenda.

 


Nota:
Il testo che segue è una lettera dell’anarchico arrestato a Zurigo il 29 gennaio 2019. A questo link il testo riguardo l’arresto e le perquisizioni e a quest’altro link un aggiornamento riguardo l’imposizione di tre mesi di detenzione preventiva.


Dal carcere di Zurigo

Cari compagni, cari amici,

È ormai passato un mese da quando, il 29 gennaio, sono stato bloccato da alcuni poliziotti in borghese in auto e da altri due in bici che mi sono piombati addosso, mentre pedalavo in bicicletta dalla Langstrasse in direzione della Josefstrasse.
Tra gli agenti in borghese che erano in bici, ricordo una donna che deve avermi seguito fin da quando ho lasciato il mio appartamento. Successivamente, in compagnia di una quindicina di intrusi, hanno fatto un’ultima visita al mio appartamento, alla mia auto e alla biblioteca anarchica Fermento, dove hanno prelevato ogni disco rigido, materiale cartaceo e quant’altro.
Così ora sono atterrato in questa altra dimensione, costituita da spazi angusti, da mobili fatti in serie, da lunghi corridoi, da sbarre e ancora sbarre e porte d’acciaio, a cui il via vai di chiavi nelle serrature detta il ritmo quotidiano. A poche centinaia di metri da luoghi e persone che mi sono familiari ma lontano dalla violenza di un’intera società, che preferisce il regime dei muri e delle leggi al regno della libertà e della coscienza. All’esterno, è possibile sognare, sperimentare, ribellarci per la dignità negata davanti alle atrocità che sostengono questo mondo e a poco a poco le nostre esperienze e idee formano un tutt’uno e ci chiariscono, col pensiero e l’azione, le condizioni del dominio per liberarcene, rifiutando il catalogo di modelli prestabiliti, compresi quelli definiti anarchici. Un progetto rivoluzionario in cui la teoria e l’azione si intrecciano e si scontrano costantemente si sviluppa in noi e, come per magia, cresciamo arrivando quasi a credere di poter abbracciare il mondo e poi, crack!, in un attimo tutto si riduce a pochi metri quadrati! Ogni anarchico lo sa e lo ha sempre più o meno presente in un angolino della propria testa. E il fatto stesso che esista questa possibilità, che è emblematica e sta alla base di questo ordine sociale, costituisce più di una semplice ragione per non rendere la nostra vita una prigione già fuori dalle mura: quella delle convenzioni e dei pregiudizi, dei crescenti compromessi e delle soddisfazioni superficiali che il giorno dopo ci portano ad agire per costrizione e per la paura di sentirci minuscoli.
Questo progetto rivoluzionario che ogni anarchico sviluppa in sé, continua a progredire anche quando si finisce in prigione. Per favorire la solidarietà rivoluzionaria, e non soltanto antirepressiva o, com’è comprensibile, umana — che è quella che sento anche nei confronti di chiunque langue nelle galere dello Stato —, non dobbiamo sacrificare la nostra iniziativa ai diktat della repressione.
Potremmo essere tentati a concentrarci solo sul manganello e sul carcere. Ma in fondo, repressione è anche sottomettersi a contenuti e rituali simbolici che ci rinchiudono in un ghetto culturale, è rimanere al di fuori della realtà della guerra sociale, offrire soluzioni partecipative per piccoli compromessi, rimproverare e assillare in generale con riprovazioni e informazioni che hanno un’importanza sempre meno reale, perdere il linguaggio con cui formuliamo le nostre idee per renderle più comprensibili a noi stessi e agli altri. Tutto ciò d’altronde contribuisce forse molto più a reprimere una rivolta contro l’ordine vigente e le relazioni instaurate. Penso che dovremmo quanto meno intravedere un legame fra questi problemi.
Per quanto mi riguarda, considerate le circostanze, posso dire di stare bene. Mi rattrista essere stato strappato all’improvviso dai miei cari e dai miei amati sogni. Ma riesco perfettamente a trovare una dimensione dentro di me e attorno a me. Uso il mio tempo anche libero per leggere e scrivere, imparare e studiare. Ci sono alcune persone, qui, con le quali riesco a intendermi. Avrei davvero piacere di ricevere notizie e analisi sugli accadimenti in tutto il mondo, pubblicazioni anarchiche (in buste appropriate) e naturalmente lettere di amici e compagni.
Capisco il tedesco, il francese, l’italiano, l’inglese e un po’ lo spagnolo e il turco. Ovviamente, i miei accusatori partecipano anch’essi alla lettura di ciò che mi viene inviato. Infine, vorrei ringraziare calorosamente tutti coloro che mi sostengono con i mezzi che hanno a disposizione.
Auguro forza e coraggio a voi che siete fuori — ce n’è più bisogno che dentro.
La salute è in voi, come si diceva una volta. Vi abbraccio con tutto il cuore!

1 marzo 2019, prigione di Zurigo

[13/3/19]

Per scrivergli utilizzare come tramite la Biblioteca anarchica Fermento di Zurigo:

Anarchistische Bibliothek Fermento
Zweierstrasse 42
8005 Zürich
[Switzerland]

e-mail: bibliothek-fermento[ät]riseup.net

[Tratto da finimondo.org].

(it) Dichiarazione finale al tribunale di Torino

Nota:
Ricordiamo che al termine della propria requisitoria nel corso del processo per l’operazione “Scripta manent” il P. M. Roberto Sparagna ha esposto le richieste di condanna per una ventina di anarchici imputati nel processo (complessivamente circa 200 anni di carcere). A questo link maggiori informazioni.

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Dichiarazione finale al tribunale di Torino

Oggi più che mai, dopo due anni dall’inizio di questo processo che mi vede imputato insieme agli altri miei compagni, fratelli e sorelle anarchici e dopo aver lasciato parlare e raccontare con una non sorprendente fantasia malata il qui presente pubblico ministero, riaffermo con più forza di prima il mio essere anarchico, individualista e per l’insurrezione.
L’aver letto migliaia di pagine di atti giudiziari, scritte a più mani dai vari inquisitori napoletani e torinesi, ha fatto crescere in me, ancor più di prima, la convinzione che ogni tanto è meglio passare un guaio giudiziario che pensarla come voi.
Mi tengo stretto le mie idee che a voi non piacciono perché mirano alla distruzione di tutto ciò che ha a che fare con il vostro miserabile mondo.
Fosse stato per me non sarei mai nato, ma altri hanno deciso per me e allora a questo mondo non mi resta che starci a modo mio.
Non farò mai parte del gregge a cui voi assegnate il tragitto per il pascolo…
Io sono diverso, preferisco eludere i sentieri e camminare con i lupi.

Colpevole o innocente?
No, grazie. Lascio a voi questo lurido giochetto.
Sono anarchico e quindi sarò sempre vostro nemico!
Io sto con i miei fratelli e le mie sorelle che tutt’ora tenete rinchiusi nei vostri lager di Stato.
Sono solidale e complice con Alfredo, Nicola, Alessandro, Danilo, Marco, Anna, Valentina e tutti i compagni anarchici detenuti anche per altre inchieste in tutto il mondo… dal Sud America alla Grecia!
Non sarà la minaccia della lama di una condanna che mi pende sulla testa a farmi allontanare da loro.
Mi ha fatto male non potergli scrivere in questi due anni, ma avevo deciso di non regalare più perle ai porci…e sia chiaro che i porci non sono i miei fratelli e le mie sorelle prigioniere ma quelli che mi hanno pedinato per sei anni; quelli che hanno ordinato di posizionarmi una microspia in camera da letto e quelli che ascoltavano ogni cosa avvenisse nella mia camera da letto.
Fortunatamente avevo tappato gli occhi al vostro caro e fottutissimo “Agente Elena” che tutt’oggi vegeta nel mio computer.
Spero di avervi regalato solo materiale per farvi fare “seghe mentali” e non per altro…

Lo ritengo un complimento l’essere definito “terrorista” da parte di uno Stato che, attraverso il suo braccio armato, uccide nelle sue questure, nelle sue caserme e nelle sue carceri; che da sempre è la facciata istituzionale della Mafia, della Camorra, della ‘Ndrangheta e della Sacra Corona Unita, nonché autore di stragi di piazza, sui treni, sugli aerei ed ultimamente affonda barconi carichi di persone che scappano dai loro territori natii a causa delle guerre che l’occidente ha portato nei loro paesi.
Ebbene si, voglio sovvertire tutto questo!

Così come ho dichiarato ad inizio processo, rivendico come mio e solo mio il progetto di RadioAzione sul cui sito è stato pubblicato tutto ciò a cui mi sento affine, complice e solidale.
Rivendico i testi a firma “RadioAzione” come testi scritti di mano mia, ribadendo che quello che pensavo allora lo penso ancora oggi. Rivendico ogni singola parola detta in radio.
Rivendico la volontà di aver voluto tradurre testi di rivendicazione di azioni dirette compiute dai compagni anarchici in tutto il mondo. Perché io sono per l’azione diretta!
Rivendico di aver tradotto i testi dei compagni anarchici rinchiusi nei lager di tutto il mondo.
Rivendico l’aver appoggiato, aver collaborato ed aver organizzato iniziative per Croce Nera Anarchica.
Rivendico l’aver sempre sostenuto i compagni detenuti anche attraverso iniziative finalizzate al loro sostegno economico.
Rivendico il mio essere antiautoritario, individualista, per l’insurrezione e per la distruzione di questo lurido e fetido esistente e dello Stato-Capitale!
Per sempre nemico vostro!
Per l’Anarchia!

Gioacchino Somma

[Tratto da anarhija.info].

(it) Verona, Italia: Sulla sorveglianza speciale, repressione e proposte di collaborazione

Sulla sorveglianza speciale, repressione e proposte di collaborazione

Nel gennaio dello scorso anno mi è stata notificata la misura preventiva della sorveglianza speciale con obbligo di dimora della durata di un anno. Da qualche mese avevo spostato la mia residenza da Verona a un piccolo paese della provincia, dove probabilmente degli anarchici ne avevano solo sentito parlare in tivvù. Sarà per questo che i birri incaricati di controllarmi si sono fin da subito dedicati a questo compito con particolare costanza e impegno. Scampanellando nel cuore della notte 4, 5 volte a settimana, anche più volte nella stessa notte, ben sapendo di buttare giù dal letto chi all’alba si svegliava per andare a scuola o al lavoro. Spesso presentandosi alla porta con atteggiamento arrogante e provocatorio, a volte pure cercando di entrare di forza. Irrompendo nel bel mezzo di un pranzo o una cena tra amici chiedendo i documenti a tutti i presenti e, di fronte al loro diniego, identificandoli tramite le targhe delle macchine e facendoli convocare dalle questure delle loro città. Inviando segnalazioni al tribunale sull’atteggiamento aggressivo nei loro riguardi e dichiarando di non avermi trovato a casa in un paio di occasioni in cui ero polleggiato sul divano davanti a un film. Fermandomi a 500 metri da casa per chiedermi i documenti…

Tutte queste cosucce che elenco rientrano più o meno nelle loro prerogative, poi si sa, a loro un po’ di elasticità è sempre concessa. Poco prima che mi affibbiassero la sorveglianza avevo iniziato un corso della regione per operatore socio-sanitario (a pagamento) organizzato da una cooperativa a Verona. Avendo l’obbligo di dimora al paesello, per poter continuare a frequentare ho dovuto attendere un’autorizzazione del giudice di Catania (città da cui è partita la richiesta di sorveglianza speciale). Così anche per ogni tirocinio, spostamento di orario o sede. Tempo medio di risposta 20 giorni, più i giorni di permanenza sulla scrivania dei carabinieri di paese. Con disagi immaginabili. I miei instancabili controllori si presentavano in classe in divisa, interrompendo le lezioni per chiedere il registro presenze, facendo pressioni sugli organizzatori del corso perché fossi espulso informando loro e gli insegnanti dei miei precedenti penali e della mia pericolosità sociale. A questo in realtà aveva già provveduto una corsista che (per inclinazione personale alla sbirritudine o per incarico ricevuto in virtù di questa) tra l’altro mi ha procurato delle denunce apponendo sua manu delle correzioni ai miei orari sul registro ufficiale. Per farla breve: per poter continuare a seguire questo corso senza essere discriminato, ostacolato o addirittura espulso con pretesti assurdi, ho dovuto ricorrere all’intervento di un avvocato.

Ci sarebbero tante altre storielle da raccontare… mi sto dilungando sui particolari per far capire come la sorveglianza speciale sia un’ottima occasione per i nostri nemici per sabotare da dietro le quinte la vita di una persona in ogni suo aspetto e portare all’esaurimento chi non è fortemente determinato e preparato a tutto questo o chi non ha una solida rete di supporto. Ora, come ben sappiamo, i tutori dell’ordine agiscono sempre su diversi piani: quello “pubblico” con fermi, denunce, provvedimenti, arresti e quello “occulto” con pedinamenti, intercettazioni, infiltrazioni, ricatti e/o richieste particolari alla persona direttamente interessata o ai suoi conoscenti. E questo è proprio ciò che è successo nel mio caso. Sul finire della sorveglianza speciale, un’operatrice della struttura dove stavo svolgendo tirocinio (con cui avevo stretto un buon rapporto di amicizia) viene in un primo momento fermata per strada dalla digos e interrogata informalmente sulla sua conoscenza con me. Successivamente viene avvicinata da un’altra digossina che le menziona amicizie in comune e, con fare amichevole e sinceramente preoccupata, la mette in guardia dal sottoscritto: terrorista, bombarolo, criminale, pazzo a tal punto da rappresentare un serio pericolo non solo per lei ma anche per i suoi figli e sua madre. A suo dire sarei capace di metterle microspie in casa (!!!) piazzare bombe nella sua macchina o nella sua abitazione. Ma subito dopo la rassicura (ci siamo noi a proteggerti!) e le offre un lauto compenso in denaro per starmi appresso, farmi parlare ed estrapolarmi tutte le informazioni possibili. La mia collega fortunatamente rifiuta la proposta e qualche giorno dopo mi informa dell’accaduto. Tuttora viene avvicinata per strada e al lavoro da strani personaggi con telefono in mano e domande improbabili e, pur non essendo anarchica, sta subendo conseguenze per non essersi prestata ad uno sporco gioco e per aver mantenuto i rapporti con me. Per pura casualità scopro nome cognome e che faccia ha quella serpe digossina.

Ma non finisce qui… Una settimana dopo, finito il turno in struttura, chiedo ai colleghi se qualcuno può darmi un passaggio verso casa e una di loro, che si faceva chiamare Franca, mi dice “non c’è problema Peppe, ti accompagno io!”. Avevo conosciuto Franca qualche mese prima, era una “jolly” quindi lavorava un po’ in tutti i reparti, e durante i tirocini mi aveva affiancato parecchie volte. Una tipa amichevole e simpatica. Insosopettabile. Una volta partiti in macchina, dal modo confidenziale di un attimo prima passa ad un freddo e impersonale “lei”, chiamandomi per cognome mi indica una donna ferma fuori da un bar poco distante da noi. Chi sarà mai? La guardo bene ed è proprio lei, la serpe digossina! (la stessa persona che ha cercato di spaventare e trasformare in una spia prezzolata la mia collega ha un ruolo anche qui). Poi mi informa di non appartenere alla digos ma a qualcosa più in alto, mi dice di calmarmi, visto che ovviamente mi stavo innervosendo parecchio… Le dico di farmi scendere immediatamente dalla macchina, che con gente come lei non ho nulla di cui parlare. Mi dice che non vogliono niente da me, che hanno già tutto scritto… (cosa? e da chi?) al che le urlo sul muso che sarà una delle loro infami montature, che facciano il loro lavoro di merda ma che non provino mai più ad avvicinarsi né a me né alle persone a me più care… Visto che dal mio atteggiamento non si intravvedeva nessuna possibilità di dialogo, anzi un’aperta ostilità, accosta e mi fa scendere. Nei minuti e nelle ore successive mille emozioni e pensieri dentro di me, uno su tutti… ma perché proprio io? Posso aver commesso molti errori nella mia vita ma non credo di aver mai dato modo di pensare di poter collaborare con chi da sempre è mio nemico… Speriamo che in eventuali casi futuri questi esseri viscidi e striscianti possano ricevere sempre la stessa risposta, un invito più o meno cortese a dirigersi verso la tazza del cesso.

A fine dicembre mi viene revocata la sorveglianza: dopo 10 mesi si sono accorti che per la sua applicazione mancava il presupposto dell’attualità… Ma nonostante ciò i fermi per strada e le provocazioni sbirresche sono all’ordine del giorno. Dimenticavo di dire che qualche mese prima dell’inizio della sorveglianza abbiamo trovato la porta del garage forzata dall’esterno e richiusa male e in un’altra occasione, tornando a casa ad un orario insolito, la macchina aperta con i fari accesi e dei fili penzolanti sotto il volante… Forse lorsignori pensano che controllo, sorveglianza e repressione bastino per farmi paura, per farmi abbassare la testa, per farmi cambiare direzione… ma si sbagliano di grosso!!! Più mi stanno appresso e più mi sale l’odio verso di loro: cani ammaestrati, servi in divisa, in borghese, in toga o in doppiopetto… non mi avrete mai docile e sottomesso!

Niente potrà mai farmi dimenticare chi è il mio nemico: lo Stato-capitale, qualunque esso sia, criminale e terrorista, diretto responsabile della miseria, dell’oppressione e dello sfruttamento, della privazione della libertà di molti, moltissimi, delle missioni di pace a suon di bombe, dei migranti affondati in mare, della devastazione dei territori, della guerra ai poveri in ogni angolo del mondo.
E per questo cercherò sempre, con ogni mezzo possibile, di mettere bastoni tra le tante ruote degli infiniti ingranaggi di questa macchina nefanda. Se questo fa di me un individuo socialmente pericoloso, un sovversivo, ebbene sì, lo sono!E se alcuni dei suoi rappresentanti o servitori si sono occupati di me… significa che negli anni gli ho portato davvero fastidio e di questo non posso che rallegrarmi. Recentemente io e la mia compagna abbiamo fatto visita ai compagni in varie città per raccontare queste storie e per organizzare un’iniziativa qui a Verona per la fine di marzo, contro la sorveglianza speciale e l’accanimento dei servi dello stato e per rendere pubbliche le loro sporche manovre. Ma tante cose sono successe nel frattempo e, anche se la sorveglianza resta purtroppo un problema più che mai attuale, in questo momento la testa e il cuore, le energie nostre e di tutti sono altrove, vicino ai compagni arrestati nelle ultime operazioni repressive… Per questo abbiamo deciso di rimandare l’iniziativa a data da destinarsi.

Sempre per la libertà, per l’anarchia!

Peppe

[Tratto da roundrobin.info].

(it) Firenze, Italia: Processo per l’operazione “Panico”: Presidio spostato al 20 aprile 2019

https://anarhija.info/library/g-p-grecia-per-i-13-anni-di-carcere-a-irianna-14-0-1.jpgPresidio a Firenze spostato al 20 aprile 2019

Siccome la sentenza per l’operazione panico è slittata al 18 aprile [2019], il presidio “Senza Tregua per l’Anarchia” chiamato a Firenze il 23 marzo viene rimandato al 20 aprile. Se la data dell’udienza dovesse nuovamente slittare, il presidio comunque rimarrà fissato per quella data.

Fate girare la voce. Seguiranno aggiornamenti! Continue reading

(fr) Sortie de «Des Ruines» n°3/4

Sortie de la revue anarchiste apériodique «Des Ruines», n°3/4.

Nous sommes heureux d’annoncer, après une longue absence, quelques complications et un travail de plusieurs années, la sortie d’un double numéro de la revue anarchiste apériodique mais loin d’être prématurée Des Ruines, au format A4 relié et avec cette fois-ci 308 pages et trois grands dossiers.
Des Ruines se donne toujours pour ambition de remuer les réflexions, recherches et débats autour des perspectives révolutionnaires anarchistes et antiautoritaires ; certains débats vifs et d’actualité, certains autres intemporels ou laissés de côté et exhumés pour l’occasion.

Sur le site de la revue, on pourra télécharger les quinze premières pages au format PDF (couverture + édito + sommaire):
https://desruines.noblogs.org/files/2019/02/Extrait-ruines-3-4-15p.pdf

Pour plus d’infos sur ce double numéro, son contenu, comment se le procurer et sur les commandes :
https://desruines.noblogs.org/post/2019/03/05/numero-3-4-double-debut-2019/

Des Ruines,
Revue anarchiste apériodique.

(it-en-fr) Italia: Richieste di condanne del P. M. al processo “Scripta Manent”

https://anarhija.info/library/i-u-italija-uvijek-visoko-uzdignute-glave-poziv-na-1.jpg[Below English and French translations].

Scripta Manent: Richieste di condanna del P. M.

Le richieste di condanna fatte dal P.M. Roberto Maria Sparagna della procura di Torino per gli imputati del processo Scripta Manent sono:

Alfredo Cospito: 30 anni.
Anna Beniamino: 29 anni.
Gioacchino Somma: 7 anni e 6 mesi.
Valentina Speziale, Marco Bisesti, Pasquale Valitutti, Omar Nioi, Erika Preden, Alessandro Mercogliano, Daniele, Stefano, Claudia, Sergio: 6 anni e 6 mesi.
Alessandro A., Francesca G.: 8 anni.
Nicola Gai: 10 anni.
Danilo Cremonese: 10 anni.
Patrizia Marino: 7 anni e 3 mesi.
Carlo Tesseri: 8 anni e 3 mesi.
Gabriel Pombo Da Silva, Stefano Fosco, Elisa Di Bernardo: 7 anni. Continue reading

(it) Napoli, Italia: Aggiornamento sul processo contro una ventina di anarchici

Notizie da Napoli

Giovedì 14 febbraio [2019], dopo innumerevoli rinvii, si è tenuta l’udienza presso il tribunale del riesame di Napoli che doveva decidere sulle misure cautelari per una ventina di compagni e compagne e sul sequestro del C.S.L. “Louise Michel” e dello spazio 76°.
All’inizio dell’udienza la Corte stessa ha posto la questione dell’inammissibilità dell’appello presentato dal P.M. Catello Maresca. Dopo aver ascoltato le parti in merito alla questione specifica, si è riservata di pronunciarsi entro cinque giorni. Stamattina 15 febbraio la Corte ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello.

Anarchici e Anarchiche a Napoli

[Tratto da Croce Nera Anarchica].

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Precedenti aggiornamenti e scritti:

[Napoli] Operazione repressiva legata alla Fai/Fri

Il p.m. della procura di Napoli Catello Maresca, titolare di un’inchiesta per associazione sovversiva legata alla FAI/FRI, ha chiesto l’arresto di venti compagni anarchici e il sequestro del Centro Studi Libertari, sede del gruppo anarchico Louise Michel, e dello spazio anarchico 76/A.

In seguito al rigetto del g.i.p., il p.m. è ricorso in appello, pertanto i l 14 dicembre [2017] è stata fissata la data dell’udienza di appello presso la camera di consiglio del tribunale del riesame di Napoli.

Anarchici napoletani

 

[Napoli] Aggiornamenti sull’operazione repressiva del p. m. Catello Maresca

L’udienza di appello prevista per oggi 14 dicembre [2017] presso la camera di consiglio del tribunale del riesame di Napoli, a seguito del rigetto della richiesta di 20 ordinanze di custodia cautelare ai danni di altrettanti compagni anarchici per l’operazione repressiva legata alla FAI/FRI a firma di Catello Maresca, è stata rinviata al 22 febbraio 2018.

 

Sui fatti di Napoli

La pacificazione dei movimenti politici ha provocato la scomparsa pressoché totale dalla nostra società di qualsiasi anelito rivoluzionario, sostituito da una corsa frenetica per occupare le comode e calde poltrone che il potere offre. Ciò ha determinato una strenua lotta, spesso senza quartiere, per accodarsi al politico di turno, che per beceri interessi di potere viene innalzato al rango di rivoluzionario allo scopo di garantire ai politicanti “antagonisti” uno spazio di agibilità politica all’interno delle istituzioni. Come risultato assistiamo all’annullamento volontario di qualsiasi forma di opposizione in favore della concertazione e spesso della collaborazione con un sistema politico che fino a poco tempo fa era considerato ostile. Tutti questi elementi rappresentano dati di fatto tangibili che hanno delle ricadute negative su ciò che rimane del movimento rivoluzionario o insurrezionale che dir si voglia.

In un contesto simile le ultime sacche di resistenza, coloro che si ostinano a considerare ineluttabile la distruzione di questo sistema politico ed economico, sono molto più facilmente individuabili e attaccabili da parte dell’apparato repressivo statale.

L’enorme quantità di risorse che polizia e magistratura hanno a disposizione può essere utilizzata interamente e con una resistenza ridotta ai minimi termini per annientare un nemico sociale che di fatto possiede spazi di manovra sempre più ridotti.

Nello specifico il movimento anarchico è quello più duramente colpito dall’attacco repressivo scatenato dallo stato. Tutto ciò è reso possibile anche dall’uso massiccio dei cosiddetti reati associativi che si sono adeguati costantemente all’assetto socio politico della società.

Al momento decine di compagni si trovano a scontare pene detentive in carcere, ai domiciliari o costretti alla latitanza, altrettanti sono sottoposti a varie forme di misure cautelari quali firme, obblighi di dimora, sorveglianza speciale ecc. e un numero imprecisato, sicuramente altissimo, risulta indagato dalle varie procure sparse sul territorio italiano. Fra queste la procura di Napoli, che da anni scalpita senza molto successo per dare il suo infame contributo, ha fatto sentire la sua voce agli inizi di dicembre.

A seguito di due inchieste riunite in un unico procedimento, una del 2010 e l’altra del 2011, è stato chiesto l’arresto di venti compagne e compagni anarchici. Gli inquirenti ipotizzano l’esistenza di una cellula, attiva a Napoli e con collegamenti con Grecia e Spagna, legata alla FAI/FRI e che le riviste La Miccia, Invece, Blasphemia e il blog Arraggia sono gli strumenti di propaganda che l’organizzazione utilizza per divulgare i propri comunicati e le proprie rivendicazioni.

L’accusa per tutti è di associazione sovversiva (270 bis) e, per una compagna, di reati specifici riguardanti la detenzione e l’utilizzo di esplosivi. Inoltre è stato richiesto il sequestro cautelativo del Centro Studi libertari, che dagli anni ’70 ospita il gruppo anarchico Louise Michel, e dello spazio anarchico 76A, ritenuti le basi logistiche della cellula napoletana.

Il titolare dell’inchiesta è il P.M. Catello Maresca proveniente dalla DDA, nella quale è diventato famoso per aver fatto arrestare parecchi boss legati al clan dei Casalesi. Adesso, dopo gli otto anni canonici di permanenza nell’antimafia, è stato spostato all’antiterrorismo e quindi ha pensato bene, per mantenere un certo stile, di perseguire gli anarchici.

Anche lui, come altri magistrati, si diletta a scrivere libri nei quali illustra a noi comuni mortali le “importantissime” operazioni che ha portato a termine. In uno di questi ha collaborato con Leandro Del Gaudio, a noi noto perché spesso ha utilizzato il giornale su cui scrive, Il Mattino, per buttare un po’ di fango sugli anarchici napoletani. E che non ha lesinato nel divulgare la notizia del procedimento a danno degli anarchici, evidentemente imbeccato dal suo amichetto Catello in cerca di un minimo di visibilità mediatica.

L’indagine è ancora aperta per cui al momento non abbiamo ancora avuto la possibilità di leggere la cospicua mole di carte che riguarda il procedimento aperto nei nostri confronti (la sola richiesta del P.M. conta più di 1500 pagine). Non conosciamo, ad esempio, la vera entità dell’intera operazione. Nello specifico non conosciamo il numero totale di indagati visto che è plausibile che per altri compagni non sono state richieste misure cautelari. Inoltre non sappiamo su quali basi si poggia l’ipotesi investigativa del nostro zelante magistrato.

Una delle poche cose che sappiamo è che in prima battuta la richiesta è stata rigettata da un G.I.P. che non ha ritenuto validi gli elementi in suo possesso per convalidare gli arresti. Mai domo l’integerrimo pubblico ministero è ricorso in appello perché non può accettare che qualcuno si permetta di vanificare il lavoro che così diligentemente ha portato a compimento. Una delle stelle più brillanti del firmamento degli inquisitori nostrani non tollera sconfitte per cui, a quanto sembra, non mollerà la presa fino alla fine.

A monte di tutti i ragionamenti, l’esperienza ci insegna che uno degli obiettivi principali di simili operazioni è quello di disgregare, se non addirittura estirpare, un gruppo di compagni attivi dal territorio su cui agisce.

Nel nostro caso hanno sbagliato a fare i calcoli. Non abbiamo intenzione di arretrare di un solo passo. Continueremo il nostro percorso politico ed esistenziale alla faccia di chi ci vorrebbe muti e sottomessi.

La data dell’udienza d’appello era stata fissata il 14 dicembre e spostata poi al 22 febbraio per vizio di notifiche.

Aggiornamenti seguiranno appena avremo la possibilità di avere informazioni più dettagliate.

Alcuni anarchici a Napoli

 

Sull’udienza per l’arresto di 20 compagni e il sequestro di due spazi anarchici

Oggi 22 novembre 2018, si è tenuta l’udienza del riesame per l’arresto preventivo di 20 compagni e per il sequestro del centro studi libertari e dello spazio anarchico 76A.
L’udienza è stata rinviata per la quinta volta al 14 febbraio 2019, ufficialmente per un nuovo vizio di notifica.
Seguiranno aggiornamenti.

(fr) Grèce: Solidarité avec Spyros Christodoulou en grève de la faim

[Pris de attaque.noblogs.org].

Grèce : Solidarité avec Spyros Christodoulou en grève de la faim

Act for Freedom Now ! / vendredi 25 janvier 2019

Spyros Christodoulou est détenu dans les cachots de l’État grec depuis sa dernière arrestation, le 29 mai 2015 [ce jour là, la police a arrêté Spyros Christodoulou et Grigoris Tsironis. Un troisième compagnon, Spyros Dravilas, s’est donné la mort pour ne pas être arrêté. Les trois étaient accusés de braquage et d’évasion ; NdAtt.]. En ce moment, il se trouve enfermé dans la prison de Larissa et, depuis le 14 janvier, il mène une grève de la faim pour demander la confusion des peines qui lui ont été infligées le long de ces années, de façon à pouvoir connaître la date de sa libération.
La Justice, représentée par le Procureur Dracos, ne reconnaît pas ses propres lois et essaye de l’emmurer vivant, en rejetant les demandes qu’il a jusqu’ici présenté pour qu’on lui fixe une date de sortie.

Force à l’esprit indomptable de Spyros Christodoulou.

Des compagnon.ne.s

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Athènes : Attaque contre l’Institut national d’assurance

Act for Freedom Now ! / jeudi 28 février 2019

13/02/2019
L’anarchiste Spyros Christodoulou est en grève de la faim depuis le 14 janvier, demandant la confusion de ses peines. Otage du tribunal, sa sentence sera prolongé d’autres dix ans si sa demande n’est pas acceptée, même si ses autres affaires sont terminées.

Les raisons de son maintient en prison sont l’obsession, la vengeance et les basses machinations de ses persécuteurs, à la tête desquels il y a le Procureur à la Cour d’appel Drakos. L’attitude du système judiciaire à l’encontre de Spyros Christodoulou n’est pas due au hasard, mais vise à la punition exemplaire de quiconque, derrière les barreaux, ne se laisse réformer ou ne se repentit pas.

Pour toutes ces raisons, nous avons choisi de mener une attaque à coup de masses contre les bureaux centraux de l’Institut national d’assurance et la voisine Banque nationale, sur l’avenue Syggrou. Une avenue pleine de bureaux des géants capitalistes, de lieux d’exploitation des femmes et de contrôle total, que ce soit par la police, par les groupes mafieux ou par les caméras.

Notre solidarité ne se contente pas de vides menaces et d’un bla-bla facile, mais construit sa chair et ses os à travers l’action multiforme. Avec notre acte, nous voulons contribuer à l’intensification des actions en solidarité, jusqu’à l’acceptation des demandes du compagnon, qui est en grève de la faim depuis un mois.

Force et solidarité au gréviste de la faim Spyros Christodoulou !
Spyros, garde-toi bien jusqu’à ta libération.

Des anarchistes.

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Crète : Sabotage de DABs

Act for Freedom Now ! / jeudi 28 février 2019

Chacun.e de nous choisit une façon d’exprimer son refus de la normalité d’une société indifférente, de l’oppression de la part du pouvoir et de l’appauvrissement dû au modèle capitaliste, dont les régulateurs sont les banques. Quelqu’un le vide, d’autres le brûlent, d’autres les sabotent.

Nous aussi, du coup, à l’aube de lundi 11 février, on a choisi de « mettre hors service » 22 distributeurs de billets des banques, dans le centre et la banlieue de Héraklion. Les saboter a été un geste minimal de solidarité avec Spyros Christodoulou, en grève de la faim depuis le 14 janvier pour les raisons les plus fondamentales et évidentes.

Victoire pour la lutte de Spyros Christodoulou, en grève de la faim depuis le 14 janvier.
Confusion des peines par la court d’appel d’Athènes.
Les mafieux du Parquet n’ont pas de raisons de dormir tranquilles.

PS. : nous ne sommes pas surprises du fait que cette action a été cachée par les médias locaux, puisque la lutte de Spyros a rencontré le même silence de la part des médias officiels.

Collusion pour la solidarité

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Athènes : Appel pour une manifestation à moto en solidarité avec la grève de la faim de Spyros Christodoulou

Act for Freedom Now ! / mardi 5 février 2019

Lundi 11 février à 18h, Place Exarchia, Athènes.

Extrait d’une lettre de Spyros Christodoulou :
“Aujourd’hui 14 janvier 2019, à 10h, je commence la grève de la faim que j’avais annoncé et je vous promet que j’irai jusqu’au but, quel que ce soit le coût pour ma santé, je m’en fiche. Après tout, toutes les vraies luttes se gagnent avec des sacrifices. Je veux que vous, et tout le monde, sachiez que je vous remercie de cœur et que je lutterai toujours pour le futur de nos rêves, conduit par une opposition inébranlable à la loi. Après tout, la vie et la mort ont un point en commun que nous tou.te.s partageons : une lutte vraie, sincère, réelle.”

Satisfaction immédiate des demandes du gréviste de la faim Spyros Christodoulou.

Spyros, reste en forme jusqu’à ta libération.

Assemblée de solidarité avec le gréviste de la faim Spyros Christodoulou

Extraits d’un texte du compagnon anarchiste Spyros Christodoulou :

“Compagnon.ne.s, je vous salue tou.te.s avec une grande accolade adressée à chacun.e de vous individuellement. Il y a une semaine, mon avocat à dépose une nouvelle demande auprès de la Cour d’appel d’Athènes. J’ai fait ma demande pour la confusion et l’addition de mes sentences, décision qui dépend de la Cour d’appel d’Athènes, ce qui correspondrait pour moi à 14 ans, 11 mois et quelques jours de taule.

Je veux vous remercier encore une fois, compas, pour votre solidarité et pour les activité que vous avez fait tout ce temps pour moi. Merci aux compas de l’Evangelismos Squat de Héraklion, Crète, du squat de Dougrou, à Larissa, du Utopia a.d. à Komontini, des squats de Dougrou Larissa, des squats à Bolo et de ceux de Chaim, de ceux de Chania, du Rethymno, du Karditsa, à ceux de Trikala, Thessalonique, Athènes et tous les collectifs et les individus qui m’ont montré leur solidarité et leur camaraderie. Et aussi aux camarades qui, depuis l’intérieur de ceux trous, me montrent leur solidarité; pour ma part je souhaite liberté et force à tous les prisonniers politiques et aux anarchistes.

Je continue mon combat, jusqu’au but.

Spyros Christodoulou
prison de Larissa – 31 janvier 2019

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Plovdiv (Bulgaria) : Tags en solidarité avec Spyros

Indymedia Athens / mardi 26 février 2019

Aujourd’hui, 26 février 2019, nous appelons au soutien envers le prisonnier politique Spyros Christodoulou, qui est en grève de la faim depuis le 14 janvier. En lutte ensemble, jusqu’à quand chaque cage ne sera vide !


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Une lettre de Spyros Christodoulou, depuis la prison de Héraklion

Act for Freedom Now ! / lundi 30 mai 2016

26 mai 2015 : la journée était brûlante, puis tout s’assombrit…
Nous nous sommes réveillés sous un ciel nuageux et à la mi-journée, pendant que le soleil resplendissait, tout s’assombrit…

C’était 16 heures environ quand le EKAM [le forces spéciales antiterrorisme de la police grecque ; NdAtt.] nous a ordonné de nous rendre !

J’ai pensé que ce n’était pas vrai, j’ai pensé que j’entendais des trucs…
Mais le EKAM avait encerclé la maison, l’hélicoptère volait au dessus de nous et on a cherché de voir qu’est ce qu’on pouvait faire en quelques deux/trois minutes.
Mes pensées allaient aux cachots où j’allais retourner.
Les couloirs où j’allais errer inutilement.

Mes proches que j’allais laisser derrière moi !
Tout à coup, quand il entend le EKAM, Spyros, notre petit Spyros le jeun gars qui ne connaissait rien à la diplomatie, qui se distinguait par son courage, par son intégrité et par la passion pour cette liberté pour acquérir la quelle il se battait si fort, il attrape la Kalachnikov et la met sous sa gorge, mettant fin à sa vie !
Tout était effacé. La pièce remplie de fumée. Il est tombé en souriant !

Il était heureux de cette décision et on pouvait le voir sur son visage.
C’était son choix, c’est pourquoi son visage rayonnait.
J’étais surpris et effrayé, mon cœur battait si fort, je pensais que ce que je venait de voir était faux.

Mais non, notre aimé Spyros (le petit Spyros) était mort.
Il avait eu le courage et l’audace, il avait eu l’esprit de faire ce qu’il avait fait, tandis que je ne les avais pas eu !
Sa décision avait été courageuse, pas la mienne.
Il était fatigué d’errer dans les couloirs des prisons et de laisser s’écouler des années sans sens.

Spyrakos, je suis désolé si quelques fois on était en désaccord et désolé de n’avoir rien fait pour t’arrêter.
Je suis désolé, petit frère, si parfois je t’ai contrarié !
Tu es et tu seras toujours dans ma vie.
Je me souviendrai des moments quand on rigolait, quand tu me faisais sentir un enfant !

Tu est notre Spyrakos, le jeun garçon qui a tout donné, sans récompense.
Je t’aime et t’auras toujours une place dans mon cœur et quand nous nous rencontrerons à nouveau tu me racontera à nouveau tes blagues !

Honneur à Spyros Dravilas, qui vivra toujours dans mon cœur.

Spyros Christodoulou

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Nea Anchialos : Sur la mort de Spyros Dravilas

325 / lundi 22 juin 2015

Le 29 mai 2015, lors d’une opération antiterroriste de la police grecque dans le secteur de Nea Anchialos, en Magnésie (près de la ville de Volos) Spyros Dravilas a trouvé la mort dans une cachette, dans des circonstances non claires. L’opération de police contre les soidisant « braqueurs de Distomo » a porté non seulement à la mort de Spyros Dravilas (bandit et ex-prisonnier en lutte), mais aussi à l’arrestation de Grigoris Tsironis (un compagnon anarchiste, très actif pendant les deux dernières décennies, en cavale depuis 2006) et de Spyros Christodoulou (bandit et ex-prisonnier rebelle).
Les autorité ont effectué une autopsie d’où résulte que Dravilas s’est tiré une balle dans la bouche. Évidemment, on ne peut pas savoir ce qui s’est passé réellement, mais il paraît que ses proches et les deux arrêtés n’ont pas contesté cette version e l’histoire.

En 2006, Spyros Dravilas n’est pas rentré d’une permission de la prison de Korydallos (il n’est jamais rentré en prison). Arrêté à nouveau en 2008, il a été accusé (accusations qu’il a repoussé) d’avoir libéré, en juin 2006, deux prisonniers (Vassilis Palaiokostas, qui est à nouveau en cavale après une nouvelle évasion en hélicoptère et Alket Rizai, qui a été arrêté à nouveau en 2009), faisant atterrir, pour la première fois, un hélicoptère dans la cour de la prison de Korydallos.

En 2009, Dravilas a été condamné à 17 ans de prison et incarcéré à Domokos. Pendant l’été 2013, Dravilas n’est à nouveau pas rentré d’une permission et est parti en cavale.

A la suite de l’opération antiterroriste de Nea Anchialos, la police et les médias ont essayé de décrire Dravilas comme l’auteur de l’homicide du chef des matons de la prison de Domokos, Serafeim Kallimanis, qui a eu lieu le 21 février 2015 dans le secteur de Kouvela, département de Stylida. C’est probablement pas une coïncidence si, au milieu de l’hystérie des médias, l’exécution de ce maton en chef a été revendiquée le 31 mai par un communiqué signé par « Militia organisation/Popular justice » (sans faire mention de Dravilas).

Quelques extraits d’un texte du 1er juin, écrit par des compagnons et amis de Spyros Dravilas et de ceux arrêtés à Nea Anchialos :

« Grigoris a toujours été et reste un compagnon. (…) Spyros Christodoulou a toujours été et reste un prolétaire insubordonné, qui a tracé et encore trace son chemin dans la dignité, dans les conditions les plus adverses : emprisonnement et clandestinité. Exactement comme Spyros Dravilas… Certes, personne peut penser qu’il craignait des possibles représailles de la part des matons ! Aucune sale main de maton n’aurait pu le toucher sans prendre en compte le prix à payer. Pourquoi donc Spyros a considéré qu’il devait tourner le fusil contre soi-même ? Parce que Spyros, toujours souriant, le jeun qui avait toujours honoré l’amitié et tenu ses promesses, avec son dynamisme, l’ami qui a courageusement fait face aux risques que sa vie de hors-la-loi et sa liberté portaient avec elles, savait ce qui l’attendait. Il l’avait expérimenté depuis l’age de 21 ans, quand il avait connu pour la première fois la dure réalité de la prison. Après avoir passé des nombreuses années en prison, il est devenu un incontrôlé en fuite de la justice jusqu’à quand, à l’age de 34 ans, il a consciemment rejeté la possibilité de la perte de sa liberté pour une longue période. Il a refusé, comme peu de monde sait le faire, de se voire errer dans ces misérables couloirs et dans les cellules d’une maison centrale, il a refusé de se rendre, avec ses dernières années d’une jeunesse insoumise, aux bagnes modernes. Honneur perpétuel pour Spyros Dravilas ! Pour nous, Spyros n’est ni le « gars aux cheveux rasés », ni le « gars de l’évasion en hélicoptère », mais Spyros, le « kra », le vagabond du quartier de Tavros [dans la banlieue sud-ouest d’Athènes ; NdAtt.], jovial et imperturbable, l’ami au cœur d’or… Nous n’oublions pas, nous ne pardonnons pas. Solidarité avec Grigoris Tsironis et Spyros Christodoulou, arrêtés.

Pour rappel, en janvier 2006, suite à un braquage de banque dans la rue Solonos, dans le centre d’Athènes, l’anarchiste Yannis Dimitrakis a subi des graves blessures et a été arrêté. Son arrestation a été suivie par une propagande policière/médiatique délirante à propos d’une supposée « bande de braqueurs en noir ». Cette année là, les anarchistes Simos Seisidis, Marios Seisidis et Grigoris Tsironis ont été accusés de ce braquage et a été émis un mandat d’arrestation à leur encontre. En 2009, une prime de 600 000 euros a été mise sur leurs têtes (à ces jours, Marios Seidis reste en liberté).

Ici, une déclaration du compagnon Giorgios Tsironis, pendant qu’il était en garde à vue dans les locaux de la police d’Athènes (GADA), le 2 juin 2015 :

« Une période de 9 ans de liberté dans la clandestinité est finie, peut-être dans la manière la pire possible : la mort du frère Spyros Dravils. Je voudrais exprimer de tout mon cœur mes condoléances à sa famille et leur souhaiter du courage, pour supporter cette perte. Spyros, dés à présent libre pour toujours, vivra toujours dans mon cœur et dans mes pensées. Ceux/celles qui sont encore recherché.e.s, puisqu’ils/elles marchent le long des chemins inexplorés de la liberté, elles/eux aussi restent dans mon cœur et dans mes pensées. Beaucoup de force pour vous, frères et sœurs.

Pour finir, depuis une cellule de GAV au 12ème étage du siège central de la police d’Athènes, j’envoie mes salutations aux camarades emprisonné.e.s, leur souhaitant une rapide libération, jusqu’à qu’on se retrouve, bientôt.

P.S. Je remercie, reconnaissant, celles/ceux qui, en connaissance de cause ou pas, m’ont aidé et m’ont donné des moments de joie, de bonheur et de camaraderie le long de ces années.

Grigoris Tsironis

Le 2 juin, Grigoris Tsironis et Spyros Christodoulou ont été présentés au juge d’instruction et au procureur dans le Palais de justice de la rue Evelpidon, à Athènes, où presque 50 compas se sont rassemblés en solidarité. En entrant dans le bâtiment, Tsironis et Christodoulou ont insulté les journalistes. A la sortie, les flics anti-émeute n’ont pas permis que les solidaires voient les deux arrêtés, exfiltré par l’arrière du Palais de justice. Les solidaires ont crié des slogans et s’en sont suivies quelques petites échauffourées.
Les arrêtés ont été envoyés en détention préventive. Leurs ADN ont été pris de force. Leurs demandes d’être enfermés à la prison de Korydallos ont été refusées. Grigoris Tsironis sera probablement envoyé à la prison de Trikala et Spyros Christodoulou à celle de Héraklion (sur l’île de Crête).

(fr) Italie: Leo en taule

Mardi 19 février, notre ami et compagnon Leonardo Landi a été emprisonné pour purger le restant d’une condamnation, de 2 ans et 8 mois. La Cour de cassation vient en effet de confirmer la sentence de 2012, par rapport à un braquage de banque de 2007. La peine est donc définitive. En ce moment, Leo se trouve dans la prison de Lucca.
Nous confirmons notre proximité et solidarité avec Leo.

Cassa AntiRepressione delle Alpi Occidentali

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Pour lui écrire:

Leonardo Landi
Casa circondariale di Lucca
via San Giorgio 108
55100 Lucca
Italia

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