(it-es) Contributo per l’assemblea del 9 giugno 2019 a Bologna di Alfredo Cospito

https://anarhija.info/library/i-u-italija-uvijek-visoko-uzdignute-glave-poziv-na-1.jpg“Contributo per l’assemblea del 9 giugno 2019 a Bologna” di Alfredo Cospito

Ritengo importante che i compagne-i anarchiche-i con visioni e pratiche diverse si incontrino su questi temi. Per quanto limitato questo è il mio contributo, solo qualche spunto di riflessione critica.

Prima di affrontare dall’interno della “bestia” l’argomento per il quale vi siete riuniti e dire la mia sulle cose “positive” e negative di un AS2 e su come contrastare (secondo me) la repressione che ci sta colpendo bisognerebbe chiarire alcuni punti, farsi almeno due domande… La repressione sta realmente aumentando nei confronti degli anarchici-e? …perché? Qual è la pratica che ha costretto il “potere” a diventare più aggressivo nei nostri confronti?

Che la pressione stia aumentando d’intensità non c’è alcun dubbio. Lasciamo perdere per il momento la normale amministrazione giudiziaria per accuse e condanne per fatti specifici, e soffermiamoci su delle anomalie che sono (secondo me) significative perché indicative di una tendenza. I due anni e mezzo con aggravante di terrorismo per la stampa di un giornale “KNO3” in cui due dei condannati erano inquisiti per attacchi diretti a persone. Gli arresti di Torino con il contorno traballante di accuse di associazione per un opuscolo strumentalmente e assurdamente collegato a pacchi bomba indirizzati a colpire direttamente delle persone ci fanno pensare che qualcuno all’interno delle istituzioni comincia ad aver paure degli anarchici-e. Arresti con accuse di terrorismo e associazione per dei giornali ed opuscoli non sono una cosa da sottovalutare, sono (secondo me) sintomo di una preoccupazione reale da parte dello stato. Sono indicatori che qualcuno-a teme la tendenza degli anarchici-e a fare il “salto” da azioni “simboliche” contro strutture ad azioni “meno simboliche” ad uomini e donne al servizio del “potere”. Temono talmente tanto questa possibile “deriva” da colpire alla cieca senza distinguere tra parola scritta ed azione. (Non voglio a questo punto disquisire su cosa sia “simbolico” o meno, sarebbe un discorso troppo lungo e ci farebbe uscire fuori “tema”, tanto meno posso dilungarmi sull’efficienza di questi attacchi a “persone” e sugli strumenti che si sono usati per colpire ci sarebbe tanto da dire…). Successivamente con le condanne e assoluzioni di “Scripta Manent” l’azione dello stato italiano ha fatto un passo avanti, svelandosi meglio… La strategia che lo stato attraverso il tribunale di Torino ha messo in atto è quella classica del “bastone e della carota”. Attraverso la voce del giudice ha tuonato: “Limitatevi a minacciare e vi faremo fare un po’ di galera preventiva, limitati a distruggere le cose e saremo comunque ‘clementi’ ma se andate oltre vi seppelliremo vivi”. Non sempre la “semplificazione” equivale alla falsificazione, spesso la realtà è più lineare di quel che pensiamo. Noi anarchici-e tendiamo sempre a complicarci la vita, lo stato è fatto da persone in carne ed ossa, queste “persone” cosa temono dagli anarchici-e? Temono che qualcuno di loro li aspetti sotto casa, temono che gli anni “bui” (per loro) ritornino, che la paura ed il terrore cambino di campo. Ce lo dicono loro in tutte le salse, almeno per una volta possiamo dargli credito… Temono il loro incubo peggiore (incubo incredibilmente anche di qualche anarchico-a) il tanto demonizzato “terrorismo”.

Voi adesso (immagino) vi chiederete perché questo pazzoide dallo sprofondo di una galera continua ad usare a sproposito questa parola? Non gli entra nella testa bacata che il “terrorismo” è esclusivo appannaggio degli stati e che “terrorista è lo stato” (lo dicono tutti!). Perché continua a cadere nella solita trappola trascinando sé stesso (e magari anche una fetta di movimento) in uno stillicidio repressivo? Per un semplice e banale motivo, per la mia ferma convinzione che la “rivoluzione” (parola altisonante) la può fare solo chi ha il “diavolo in corpo”. E chi ha il “diavolo in corpo” non ha paura della parola “terrorismo” perché desidera con tutte le sue forze che i potenti vivano nel terrore almeno quanto le loro vittime i “dannati della terra”. E’ per questo che non voglio edulcorare dal mio vocabolario questa parola, non sarà certo il codice penale con le sue condanne o la minaccia della “spada di Damocle” del 41bis sospesa sopra la mia testa a farmi cambiare idea, e a farmi tacere. Vi sto dicendo questo perché dal rifiuto di una parola si passa velocemente e senza neanche accorgersene a sminuire le azioni di cui i compagni-e sono accusati. E qui torniamo al nostro discorso, alla risposta che bisogna dare alla repressione ed al mio punto di vista nettamente divergente rispetto ad alcune cose che ho letto in questi mesi. Non voglio risultare offensivo con nessuno, so bene che è stato fatto e detto tutto in buonissima fede per aiutare i compagni-e ma quando in un comizio si spiega al “popolo” che non si tratta di veri attentati ma di semplici petardi… qualcosa non va! C’è un cortocircuito che danneggia (secondo me) tutti coloro che praticano “l’azione diretta distruttiva” anche chi come me non è chiamato direttamente in causa. Ma veramente pensiamo in questo modo di avvicinare gli sfruttati? Ma veramente crediamo che chi non ha più niente da perdere (lavoro, casa…) si spaventi davanti alla parola “terrorismo”, riavvicinandosi poi rincuorato-a se affermiamo che in fondo sono stati usati solo dei petardi, che chiunque siano gli attentatori hanno solo scherzato, giocato alla rivoluzione. E’ inequivocabilmente il senso di questo tipo di narrazione. Io (controcorrente) non riesco proprio a leggere come “infamanti” le accuse di “terrorismo” o di “associazione sovversiva”. Sempre più spesso negli scritti di solidarietà per noi arrestati sotto il “tranquillizzante” slogan “terrorista è lo stato” in maniera più o meno velata fanno capolino il disprezzo nei confronti di certe definizioni (che non sono un’invenzione del “potere”) che fanno parte della storia di tutti i movimenti “rivoluzionari”. A volte mi capita di pensare che dietro questo disprezzo ci sia più una sorta di pigrizia mentale ed una serie di “frasi fatte” che un’analisi approfondita e meditata. I carcerati a cui spesso ci rivolgiamo non leggono queste definizioni come “infamanti”. Vi faccio un esempio, ogni volta che capito in una sezione “comune” e mi chiedono per quale motivo mi trovo dentro ed io con orgoglio ed ironia rispondo che sono un “terrorista” mi si “aprono” tutte le porte, la solidarietà è massima. Il “potere” lo sa, per questo ci tengono isolati in sezioni speciali. Se i “dannati della terra” recepiscono il “terrorismo” nello stesso modo in cui lo recepisco io, fuori di qui con quali sfruttati ci stiamo rapportando? … che si spaventano per una promessa di vendetta, con che tipo di benpensanti pensiamo di fare questa benedetta “rivoluzione”? Forse comunichiamo con il “soggetto sociale” sbagliato, oppure siamo noi che non riusciamo più a leggere la realtà e i sentimenti, le passioni di quegli oppressi che molti di noi dicono di voler incontrare. Che tipo di credibilità possiamo avere, che tipo di forza possiamo apportare alla “lotta sociale” se gli stessi compagni-e anarchici-e sminuiscono le azioni anarchiche? Capisco perfettamente che serve ad alleggerire la situazione repressiva (anche se ho i miei dubbi) ma in quel modo non si fa un buon servizio a nessuno, tanto meno ai compagni-e prigionieri-e, le difese tecniche lasciamole alle aule dei tribunali.

Non vorrei essere frainteso nuovamente. Per la mia poca diplomazia anche a questo giro avrò offeso compagni-e che sicuramente non se lo meritano. Per farmi perdonare lasciatemi dire una cosa, i compagni che ho conosciuto in questi tre mesi mi hanno tutti arricchito (più di quello che pensano) e pur nelle differenze ed anzi proprio per quello mi hanno dato spunti nuovi. Uno di loro mi ha anche aperto gli occhi su come le mie parole vengano lette all’esterno come aggressive e supponenti. Il fatto è che il “mio pensiero” è così marginale dalle nostre parti (in Italia) che probabilmente viene letto e recepito come “provocatorio”. Credetemi dietro queste mie “polemiche” (come vengono definite da molti) non c’è mai dell’astio personale, la mia critica non è mai a Tizio o a Caio ma al modo (secondo me sbagliato) di ragionare. Vi faccio un esempio tipico di ragionamento fuorviante: la repressione colpisce arrestando compagni-e più o meno a caso in risposta ad attacchi a strutture o uomini e donne del potere, cosa ne deduciamo? “Che il ‘potere’ prende a pretesto questi attacchi per colpire il loro reale obiettiv,o la lotta che facciamo ogni giorno (alla luce del sole) nel sociale, le occupazioni, la lotta per la casa etc…”. In questo modo violentiamo la realtà mettendo la testa sotto la sabbia per non guardarla in faccia. Possibile che non ci viene il dubbio (neanche per un secondo) che il “potere” vuole semplicemente colpire i responsabili di quelle azioni, magari colpendo nel mucchio per dare una risposta immediata. Non vi sembra più verosimile che se il “potere” colpisce in maniera più dura un tipo di azione è perché la “azione diretta distruttiva” colpisce maggiormente nel segno rispetto a presidi, occupazioni, manifestazioni… ma naturalmente ha l’inconveniente di scatenare maggiore repressione, spesso a pioggia, a caso. Tutto qui. Per favore non raccontiamoci favole immaginando complotti contro le nostre “lotte nel sociale”, la realtà è così evidente che bisognerebbe prenderne atto. Questo modo fuorviante di ragionare porta all’isolamento di certe pratiche o al loro annacquamento, la mia paura adesso è che la nostra dura condanna diventi uno spauracchio per tutti gli anarchici-e che in questo paese vogliono andare oltre. Per quanto mi riguarda non gliela darò vinta, non ragionerò in base alla convenienza spicciola. Il mio ottimismo rimane granitico perché vedo che in mezzo mondo l’evoluzione del movimento anarchico sta andando nella direzione giusta, nella direzione che insieme a tanti altri anarchici-e ci ha indicato con l’esempio Mikhail Zhlobitsky col suo gesto vendicatore. Non mi dilungherò oltre in queste mie “elucubrazioni” (che uomini e donne senza cuore e sangue nelle vene, non ho dubbi, definiranno retoriche e vuote) e se avrete ancora voglia di ascoltare affronterò ora temi più “concreti” nella maniera più concisa possibile sperando di risultare utile.

Sarò breve, sulla situazione alla AS2 di Ferrara ho poco da dire a furia di “scazzi” ci hanno dato quello che abbiamo richiesto. Agli inizi non avevamo niente, solo l’aria e la socialità per il pranzo, gli abbiamo fatto capire con determinazione che così non andava e nel giro di qualche mese la situazione è migliorata di molto. Sono sei anni e passa che sono qui. Di solito dopo 7-8 anni trasferiscono in blocco tutta la sezione. Il punto di “forza” delle AS2 è che se scoppiano casini ti possono isolare per 15 giorni, ma non sbatterti in un altro carcere, il direttore anni fa ha provato a chiedere il mio trasferimento, ma visto che dipendiamo dal ministero di Roma gli hanno risposto di no. Quindi l’arma della “dispersione” (trasferimento in un altro carcere per allontanarti dai tuoi compagni-e, amici-e) qui non fuziona. Siamo totalmente separati dagli altri detenuti che non vediamo mai, quando andiamo al colloquio, al nostro passaggio, li allontanano o chiudono. Di qui sono passati molti altri anarchici, chiedete loro, vi sapranno spiegare meglio. In questo momento per quanto riguarda le AS2 mi concentrerei unicamente sulla situazione dell’Aquila. Nelle altre AS2, Alessandria e Terni, sono prigionieri i compagni delle BR, compagni comunisti ed un nostro compagno Marco che si trova ad Alessandria. Credo che anche per loro non dovrebbero esserci problemi particolari. Per quanto riguarda le compagne comuniste credo siano state declassificate. Sull’idea di coordinarsi tra le varie casse di solidarietà non ho un’idea precisa, sarebbe sicuramente utile, le differenze di pensiero in questo frangente dovrebbero essere messe da parte. Riuscire a parlarci almeno per organizzare la solidarietà materiale sarebbe un piccolo passo ma importante. Ma è una questione che devono valutare i compagni fuori che si occupano di questo. L’importante è che nessuno compagno-a venga lasciato solo-a. La cassa di “Scripta Manent” dagli arresti non ci ha mai fatto mancare il sostegno. Credo siamo tutti-e d’accordo che non devono esistere compagni-e di serie A o serie B, siamo tutti uguali davanti alla repressione. E’ capitato che compani-e molto combattivi-e venissero trascurati perché poco conosciuti fuori. Secondo me alcune scelte radicali di resistenza non vengono sostenute nel modo “adeguato”. Il gesto più coerente per un prigioniero-a anarchico-a è l’evasione, noi abbiamo in questo momento un compagno sardo che sta subendo da anni la deportazione dal suo paese e la censura quasi ininterrotta per il suo tentativo di evasione, per la sua combattività e irriducibilità. La prima proposta che faccio è di concentrare i nostri sforzi solidali per Davide [Delogu], e per Silvia e Anna rinchiuse all’Aquila, questo naturalmente se tutti loro sono d’accordo. Credo inoltre che sia importante seguire le udienze del processo ai compagni arrestati per l’operazione “Panico”. La presenza combattiva in aula è importante, a volte potrebbe fare la “differenza” oltre a comunicare solidarietà e a chiarire le intenzioni future di sbirraglia varia a chi è fuori, così a non trovarci a cadere dal pero (sorpresi) quando ci sono “dure” condanne. Comunque sia, le aule vuote comunicano isolamento questo al di là della nostra accettazione o meno della videoconferenza. Detto ciò (non mi sono ancora rincoglionito), la lotta vera è fuori da quelle aule…

Arrivo adesso al mio solito tasto “dolente”, quello che ad un anarchico-a manca di più è il contatto con il “movimento” fuori, informazioni sui vari dibattiti (nel limite del possibile), informazioni sugli incontri, sulle iniziative (manifesti, volantini), la spedizione delle novità editoriali di “case editrici” di movimento, soprattutto notizie di azioni che capitano per il mondo. E’ l’unico modo che abbiamo di ricevere notizie fuori dai canali ufficiali. In tal senso la mia seconda proposta sarebbe che gli stessi compagni che gestiscono i siti: Round Robin, Act For Freedom Now, Attaque, Finimondo, Istinto Salvaje, Croce Nera, Insurrection News, Contrainfo, etc … Anarhija (lo fa già da quando è iniziata l’operazione) ci spedissero le loro “info” ognuno per conto suo, così avremmo risolto una buona volta questo problema, una sola spedizione per ogni AS2. Dopo il mio appello a ricevere info il flusso di notizie era aumentato ma tende inesorabilmente col tempo a ridursi, nel periodo in cui erano qui i compagni trentini e torinesi il flusso di notizie era aumentato, per poi tornare a diminuire una volta usciti. A proposito di notizie da una settimana a questa parte qui a Ferrara è impossibile acquistare quotidiani, non sappiamo se riguardi solo Ferrara. Adesso se vogliamo un quotidiano siamo costretti a chiedere che qualcuno dall’esterno ci faccia l’abbonamento. Non è una cosa vitale ma sono quelle piccole cose che migliorano la vivibilità. Vi auguro buon “lavoro”.

Sempre per l’anarchia.

Alfredo Cospito

[Tratto da anarhija.info].

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ITALIA: CONTRIBUCIÓN PARA LA ASAMBLEA DEL 9 DE JUNIO DE 2019 EN BOLONIA POR ALFREDO COSPITO

Creo que es importante que lxs compañerxs anarquistas con diferentes visiones y prácticas se reúnan sobre estos temas. Por muy limitada que sea mi contribución, son solo algunos puntos para la reflexión crítica.

Antes de abordar el tema desde el interior de la «bestia» para la cual se ha reunido y tener mi opinión sobre las cosas «positivas» y negativas de un AS2 y sobre cómo contrarrestar (en mi opinión) la represión que nos está golpeando, debemos aclarar algunas cuestiones, háganse al menos dos preguntas … ¿Está aumentando realmente la represión hacia lxs anarquistas? … ¿por qué? ¿Cuál es la práctica que ha obligado al «poder» a volverse más agresivo contra nosotrxs?

No hay duda de que la presión está aumentando en intensidad. Por el momento, dejemos a la administración judicial normal por acusaciones y condenas por hechos específicos, y detengámonos en anomalías que son (en mi opinión) significativas porque son indicativas de una tendencia. Los dos años y medio con terrorismo agravante para la prensa de un periódico «KNO3» en el que dos de los condenados fueron investigados por ataques dirigidos a personas. Los arrestos de Turín con el resumen inestable de los cargos de asociación por un panfleto relacionado de manera instrumental y absurda con paquetes de bombas para golpear directamente a las personas nos hacen pensar que alguien dentro de las instituciones está empezando a temer a lxs anarquistas. Las detenciones con cargos de terrorismo y asociación de periódicos y panfletos no son algo que se deba subestimar, son (en mi opinión) un síntoma de una preocupación real por parte del Estado. Son indicadores de que alguien teme la tendencia de lxs anarquistas de «saltar» de acciones «simbólicas» contra estructuras a acciones «menos simbólicas» contra hombres y mujeres al servicio del «poder». Temen tanto esta posible «deriva» de quedar ciego sin distinguir entre palabra escrita y acción. (En este punto no quiero discutir qué es «simbólico» o no, sería un discurso demasiado largo y nos haría salir «tema», y mucho menos podría detenerme en la eficacia de estos ataques contra «personas» y en las herramientas que tienen, solía golpear allí por lo cual habría mucho que decir …). Posteriormente, con las condenas y absoluciones de «Scripta Manent», la acción del Estado italiano ha dado un paso adelante, revelándose mejor… La estrategia que el Estado ha implementado a través de la corte de Turín es la clásica del «palo y la zanahoria». A través de la voz del juez, tronó: «Limítate a las amenazas y haremos que hagas algo de cárcel preventiva, simplemente destruye las cosas y seguiremos siendo “amables «, pero si vas más lejos, te enterraremos vivo». La «simplificación» no siempre es equivalente a la falsificación, a menudo la realidad es más lineal de lo que pensamos. Nosotrxs lxs anarquistas, siempre tendemos a complicar nuestras vidas, el Estado está formado por personas de carne y hueso, estas «personas», ¿a qué temen de lxs anarquistas? Temen que algunxs de ellxs los esperen debajo de la casa, temen que los años «oscuros» (para ellxs) regresen, que el miedo y el terror cambien de lado. Nos dicen esto de todas las maneras, al menos una vez que podamos darles crédito… Temen su peor pesadilla (increíblemente pesadilla incluso para algunxs anarquistas) el «terrorismo» tan demonizado.

Ahora (me imagino) se pregunta por qué este loco del fregadero de una cárcel continúa usando esta palabra de manera inapropiada. Él no entra en la cabeza zumbada de que el «terrorismo» es una prerrogativa exclusiva de los Estados y que «el terrorista es el Estado» (¡todo el mundo lo dice!). ¿Por qué sigue cayendo en la trampa habitual arrastrándose a sí mismo (y quizás incluso a una porción de movimiento) en un goteo represivo? Por una razón simple y banal, por mi firme convicción de que la «revolución» (palabra alta) solo puede ser realizada por aquellxs que tienen al «diablo en el cuerpo». Y quien tenga al «diablo en el cuerpo» no teme la palabra «terrorismo» porque desea con todas sus fuerzas que lxs poderosxs vivan en el terror, al menos tanto como sus víctimas que son lxs «condenadxs de la tierra». Es por eso que no quiero endulzar esta palabra de mi vocabulario, ciertamente no será el código penal con sus convicciones o la amenaza de la espada de Damocles de 41bis suspendida sobre mi cabeza, para hacerme cambiar de opinión y silenciarme. Les estoy diciendo esto porque del rechazo de una palabra, uno pasa rápidamente y sin siquiera darse cuenta a disminuir las acciones de las cuales lxs compañerxs son acusadxs. Y aquí volvemos a nuestro discurso, a la respuesta que debe darse a la represión y a mi punto de vista claramente divergente con respecto a algunas cosas que he leído en los últimos meses. No quiero ser ofensivo con nadie, sé bien que todo se hizo y se dijo de buena fe para ayudar a lxs compañerxs, pero cuando en una reunión se explica a la «gente» que no se trata de ataques reales sino de simples petardos … algo esta mal! Hay un cortocircuito que (en mi opinión) daña a todxs aquellxs que practican la «acción directa destructiva», incluso a aquellxs que, como yo, no están directamente cuestionadxs. ¿Pero realmente pensamos en acercarnos a lxs explotadxs de esta manera? Pero realmente creemos que aquellos que ya no tienen nada que perder (trabajo, hogar …) se asustan delante de la palabra «terrorismo», y luego se sienten más animados. Si decimos que básicamente solo se usaron petardos, quienes sean lxs bombarderxs, sólo bromeaban, jugaban a la revolución. Es inequívocamente el significado de este tipo de narración. Yo (contra la corriente) simplemente no puedo leer las acusaciones de «terrorismo» o «asociación subversiva» como «infames». Más y más a menudo en los escritos de solidaridad para nosotrxs lxs detenidxs bajo el lema «tranquilizador», «terrorista es el Estado» de una manera más o menos velada, aparece el desprecio por ciertas definiciones (que no son una invención del «poder»). Son parte de la historia de todos los movimientos «revolucionarios». A veces pienso que detrás de este desprecio hay más un tipo de pereza mental y una serie de «frases», que un análisis minucioso y reflexivo. Lxs prisionerxs a lxs que recurrimos a menudo no leen estas definiciones como «infames». Les doy un ejemplo, cada vez que entro en una sección «común» y me preguntan por qué estoy en ella y respondo con orgullo e ironía que soy un «terrorista» con todas las puertas abiertas, la solidaridad es máxima. . El «poder» lo sabe, por eso nos mantienen aisladxs en secciones especiales. Si lxs «condenadxs de la tierra» aceptan el «terrorismo» de la misma manera en que lo percibo, ¿fuera de lo que estamos explotando? … quienes temen una promesa de venganza, ¿con qué clase de pensamiento correcto pensamos que estamos haciendo esta bendita «revolución»? Quizás nos comunicamos con el «sujeto social» equivocado, o somos nosotrxs lxs que ya no podemos leer la realidad y los sentimientos, las pasiones de lxs oprimidxs que muchos de nosotrxs decimos querer encontrar. ¿Qué tipo de credibilidad podemos tener, qué tipo de fortaleza podemos aportar a la «lucha social» si lxs mismxs compañerxs, y lxs anarquistas, disminuyen las acciones de lxs anarquistas? Entiendo perfectamente que sirve para aligerar la situación represiva (aunque tengo mis dudas), pero de esa manera nadie hace un buen servicio a nadie, mucho menos a lxs compañerxs prisionerxs, y dejemos las defensas técnicas a los tribunales.

No me gustaría que me malinterpretaran de nuevo, debido a mi falta de diplomacia, incluso en esta ronda habré ofendido a lxs compañerxs, y ciertamente no se lo merecen. Para compensarme, déjenme decirles una cosa: lxs compañerxs que conocí en estos tres meses me han enriquecido (más de lo que piensan) y, a pesar de las diferencias, y precisamente por esa razón, me dieron nuevas ideas. Unx de ellxs también ha abierto mis ojos a cómo mis palabras se leen afuera como agresivas y ostentosas. El hecho es que «mi pensamiento» es tan marginal en nuestro país (en Italia) que probablemente se lea y entienda como «provocativo». Créanme detrás de mis «polémicas» (como las definen muchos) nunca hay odio personal, mis críticas nunca son para Tizio ni para Caio, sino para la forma (en mi opinión, errónea) de razonar. Permítanme darles un ejemplo típico de razonamiento engañoso: la represión afecta a arrestar a lxs compañerxs, y más o menos al azar en respuesta a ataques contra estructuras o hombres y mujeres de poder, ¿qué deducimos de ello? «Que el ‘poder’ use estos ataques como un pretexto para alcanzar su objetivo real, la lucha que hacemos todos los días (a la luz del día) en lo social, las ocupaciones, la lucha por el hogar, etc.». De esta manera, violamos la realidad al poner nuestra cabeza en la arena para evitar mirarla a la cara. Es posible que no haya duda (ni siquiera por un segundo) de que el «poder» simplemente quiere golpear a lxs responsables de esas acciones, tal vez golpear la estructura para dar una respuesta inmediata. No parece más probable que si el «poder» golpea con más fuerza un tipo de acción es porque la «acción directa destructiva» es la que más golpea en comparación a las ocupaciones, las manifestaciones… pero, por supuesto, tiene la desventaja de desencadenar una mayor represión, a menudo con lluvia, al azar. Todo aquí, por favor, no nos cuenten cuentos de hadas imaginando tramas en contra de nuestras «luchas en lo social», la realidad es tan obvia que debemos tomar nota de ellas. Esta forma engañosa de razonamiento lleva al aislamiento de ciertas prácticas o a su dilución. Ahora, mi temor es que nuestra dura condena se convierta en un obstáculo para todxs lxs anarquistas, y que en este país deseamos ir más lejos. En lo que a mí respecta, no se los daré, no razonaré sobre la base de la pequeña conveniencia. Mi optimismo sigue siendo granítico porque veo que en la mitad del mundo la evolución del movimiento anarquista va en la dirección correcta, en la dirección que, junto con muchxs otrxs anarquistas, y nos ha mostrado esto el ejemplo de Mikhail Zhlobitsky con su gesto vengativo. No me detendré en estas «reflexiones» (no tengo dudas de que hombres y mujeres sin corazón y sin sangre en sus venas lo definirán como retórico) y si aún quiere escuchar, ahora abordaré temas más «concretos» de la manera más concisa posible, con la esperanza de ser útil.

Seré breve, sobre la situación en AS2 en Ferrara. Tengo poco que decir, ya que «scazzi» nos dieron lo que pedimos. Al principio no teníamos nada, solo el aire y la socialización para el almuerzo, dejamos claro con determinación que este no era el caso y en pocos meses la situación mejoró mucho. He estado aquí por seis años. Por lo general, después de 7-8 años transfieren toda a la sección. El punto de «fortaleza» de AS2 es que si los casinos explotan pueden aislarte durante 15 días, para no molestar a otra prisión, el gerente hace años intentó solicitar mi transferencia, pero como dependemos del ministerio de Roma, recibió como respuesta un no. Así que el arma de «dispersión» (traslado a otra prisión para alejarte de tus compañerxs, amigxs) no funciona aquí. Estamos totalmente separadxs de lxs otrxs prisionerxs que nunca vemos, cuando vamos a la entrevista, al pasar, botar la basura o al encerrarnos. Muchos otrxs anarquistas han pasado por aquí, pregúntales, ellxs podrán explicarte mejor. En este momento, en lo que respecta a AS2, me concentraría únicamente en la situación en L’Aquila. En el otro AS2, Alessandria y Terni, lxs compañerxs de la BR, lxs compañerxs comunistas y uno de nuestros compañeros, Marco, que está en Alejandría. Creo que para ellxs tampoco debería haber problemas particulares. En cuanto a lxs compañerxs comunistas, creo que han sido desclasificados. Sobre la idea de coordinar entre los diversos fondos de solidaridad no tengo una idea precisa, sin duda sería útil, las diferencias de pensamiento en esta situación deben ser dejadas de lado. Poder hablar entre sí al menos para organizar la solidaridad material sería un paso pequeño pero importante. Pero es una pregunta que lxs compañerxs externxs que se ocupan de esta necesidad deben evaluar. Lo importante es que nadie se queda solx. El caso de los arrestos de «Scripta Manent» nunca nos ha fallado. Creo que todxs estamos de acuerdo en que no debe haber compañerxs de la serie A o serie B, todxs somos iguales antes de la represión. Sucedió que eran muy combativxs y descuidadxs porque eran poco conocidxs afuera. En mi opinión, algunas opciones radicales de resistencia no se apoyan de la manera «adecuada». El gesto más consistente para un anarquista: un prisionero es la evasión, tenemos en este momento un compañero sardo que ha estado deportado de su país durante años y la censura casi ininterrumpida por su intento de fuga, por su Combatividad y su actitud irreductible. La primera propuesta que hago es concentrar nuestros esfuerzos de solidaridad en Davide [Delogu], y en Silvia y Anna encerradas en l’Aquila, esto, por supuesto, si todxs están de acuerdo. También creo que es importante seguir las audiencias de juicio de los compañeros arrestados por la operación «Pánico». La presencia militante en el aula es importante, a veces puede hacer la «diferencia» además de comunicar solidaridad y aclarar las intenciones futuras de lxs policías que varían con lxs de afuera, para no encontrarnos (sorprendidxs) «personas con convicciones duras”. Sin embargo, las aulas vacías comunican este aislamiento más allá de nuestra aceptación o no de videoconferencia. Dicho esto (todavía no me he drogado), la verdadera pelea está fuera de esas aulas …

Ahora llego a mi habitual clave «dolorosa», lo que más falta un anarquista es el contacto con el «movimiento» externo, información sobre los diversos debates (en la medida de lo posible), información sobre las reuniones, sobre las iniciativas (manifiestos, volantes), el envío de las novedades editoriales, de movimiento, sobre todo noticias de acciones que suceden por el mundo. Es la única forma en que podemos obtener noticias de los canales oficiales. En este sentido, mi segunda propuesta sería que lxs mismxs compañerxs que manejan los sitios: Round Robin, Act For Freedom Now, Attaque, Finimondo, Instinto Salvaje, Black Cross, Insurrection News, Contrainfo, etc … Anarhija (lo ha estado haciendo desde que comenzó la operación) nos envíe su «información» a cada unx por su cuenta, por lo que habría resuelto este problema de una vez por todas, un envío para cada AS2. Después de mi llamamiento para recibir información, el flujo de noticias aumentó pero tendió a disminuir inexorablemente con el tiempo, en el período en que lxs compañerxs de Trentino y Turín estuvieron aquí, el flujo de noticias aumentó, solo para que bajara nuevamente una vez que fueron liberados. Hablando de noticias desde hace una semana en Ferrara, es imposible comprar periódicos, no sabemos si se trata solo de Ferrara. Ahora, si queremos un periódico, nos vemos obligadxs a pedirle a alguien de fuera que nos haga una suscripción. No es una cosa vital, pero son esas pequeñas cosas las que mejoran la habitabilidad. Te deseo un buen «trabajo».

Siempre por la anarquía.

Alfredo Cospito

[Tomado de anarquia.info].