Cile: Evadere e lottare. Un racconto dalle strade di Santiago (19/10/2019) + Cile: Resistere alla legge marziale. Un racconto e un’intervista (21/10/2019)
Cile: Evadere e lottare. Un racconto dalle strade di Santiago (19/10/2019)
In Cile, in risposta alle proteste studentesche contro un aumento del costo dei trasporti pubblici, il presidente ha riportato il paese alla legge marziale dell’epoca della dittatura, mettendo i soldati in strada e minacciando i manifestanti con decenni di prigione. Il seguente resoconto proviene direttamente dalle strade di Santiago, all’epicentro degli scontri.
La conflagrazione di venerdì 18 ottobre 2019 è avvenuta dopo una settimana di azioni contro l’aumento delle tariffe, con lo slogan “evade” o “evade y lucha” (“eludere le tariffe e lottare“), che ora appare su quasi ogni muro del centro della città dipinto con vernice spray. Tutto è iniziato come una giocosa risposta al governo che ha aumentato il costo della vita intervenendo sui costi dei mezzi di trasporto. Quasi interamente condotta dagli studenti, la mobilitazione ha incluso evasioni di massa nelle stazioni della metropolitana, in cui gli studenti correvano insieme attraverso i tornelli e tenevano aperte le porte per incoraggiare tutti gli altri a unirsi a loro nella gratuità. La polizia ha reagito con gas lacrimogeni e manganelli.
Il giorno seguente, venerdì, i manifestanti hanno risposto prendendo di mira le stazioni stesse, rompendo i cancelli e i tornelli e persino usando questi ultimi come armi per difendersi dagli attacchi della polizia. Molte linee della metropolitana sono state chiuse; a metà pomeriggio, abbiamo ricevuto la notizia che la metropolitana sarà chiusa per tutto il fine settimana [l’articolo è stato pubblicato il 19/10/2019].
Con alcuni autobus ancora in funzione, le linee alle fermate degli autobus sono diventate straripanti, con lunghi tempi di attesa. Le marce di protesta hanno iniziato a scendere per strada mentre le metropolitane venivano chiuse, causando ulteriori ritardi per gli autobus che ancora trasportavano persone. Molte persone invece hanno iniziato a camminare per le strade; ha iniziato a sembrare una giornata sulla neve, quando tutti sono appena usciti e nelle strade, un’energia strana ed estatica.
Nel fratempo circolavano filmati strazianti che mostravano una studentessa cui la polizia ha sparato con colpi di pistola durante una protesta tariffaria. Le sue condizioni rimangono sconosciute. È stato riferito che la protesta è stata particolarmente intenso nel suo quartiere, Las Parcelas. Al momento della stesura di questo testo, ci sono state diverse segnalazioni di persone sparate dalla polizia.
Mentre il sole tramontava, la città ha preso fuoco. Autobus bruciati. Blocchi stradali sono comparsi in molti quartieri, in cui gli abitanti uscivano per sbattere pentole e padelle (si tratta di una tradizionale forma di protesta nota come “cacerolazo”), bruciando divani, pneumatici e qualsiasi altra cosa trovassero nella zona. La ribellione si è diffusa in tutta la città, molto più lontano delle iniziali fermate della metropolitana. Scontri con la polizia si sono intensificati per tutta la notte fino a quando il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza, richiamando così alla dittatura militare del 1973-1990 durante la quale migliaia di persone furono fatte “scomparire” e uccise.
Il palazzo sede della compagnia energetica italiana Enel, alto più di una dozzina di piani, ha preso fuoco, anche se la causa non è ancora stata confermata. Mentre alcuni ipotizzano che sia stato bruciato da degli incendiari, altri ipotizzano che la fiamma possa essere scoccata da contenitori dei gas lacrimogeni [a differenza delle varie possibilità che questo testo lascia intendere, è presumibile che l’edificio sia stato attaccato dagli insorti].
L’ente che controlla la rete della metropolitana di Santiago ha già confermato che non ci sarà servizio durante il fine settimana e la federazione studentesca cilena ha indetto uno sciopero nazionale previsto per lunedì 21 ottobre. A partire da ora, resta da vedere se i disordini si diffonderanno ed approfondiranno, ma se i militari uccidono qualcuno, il paese è destinato ad esplodere. I ricordi della dittatura sono troppo freschi, troppo vividi, perché le persone possano restare passive davanti a ciò.
I cileni ricordano troppo bene i tradimenti della democrazia per poter essere placati da una semplice riforma come una riduzione della tariffa del trasporto pubblico. Dopo i massicci scontri in Ecuador, sembra che le cose stiano tornando alla normalità ora che il presidente ecuadoriano ha rinunciato alle misure di austerità nella sua proposta di bilancio; ma questo scoppio di sfida mostra che la rabbia è stata a lungo in ebollizione in Cile, e non sarà facile metterla a tacere.
Il Cile ha una lunga storia di lotte sociali che risale alle sue origini coloniali. I combattivi movimenti sociali odierni discendono dalla resistenza alla dittatura militare massacratrice di Augusto Pinochet; sono proseguiti ininterrottamente perché la transizione alla democrazia, avvenuta nel 1990, non è stata accompagnata da alcun cambiamento significativo nelle politiche economiche e nelle violente attività della polizia che impongono estreme disparità di ricchezza e di potere. Questa particolare insorgenza ricorda la rivolta del Brasile nel 2013, quando circa un milione di persone scesero in piazza per protestare contro un aumento del costo dei trasporti pubblici.
Vedremo cosa accadrà.
[Tradotto a partire dall’articolo pubblicato in crimethinc.com e tradotto anche in attaque.noblogs.org].
Cile: Resistere alla legge marziale. Un racconto e un’intervista (21/10/2019)
Da quando, a seguto dell’Ecuador, la rivolta si è diffusa in Cile, il conflitto si è intensificato rapidamente. Il governo ha fatto radunare l’esercito e ha dichiarato la legge marziale, ma la gente rifiuta di lasciare le strade, continuando a creare una situazione ingovernabile. Nonostante la rapida cancellazione dell’aumento dei costi del trasporto nella metropolitana, ovvero del fatto che ha innescato le proteste, la loro rabbia è molto più profonda. Molte persone, in tutto il paese, sono infuriate dalle drammatiche disparità di ricchezza e potere che il capitalismo ha creato, oltre che infuriate dalla decisione del presidente di tentare di reprimere le proteste per mezzo dei militari, una strategia che ricorda la dittatura militare cilena del 1973-1990. Oggi scioperi e proteste si svolgono in tutto il paese, a Punta Arenas, Concepción, Valparaíso, Valdivia e Temuco, oltre che a Santiago.
Il governo cileno ammette otto morti nel corso dei disordini, sette in incendi e uno ucciso da spari dei militari durante le manifestazioni. Tuttavia, circolano notizie che riferiscono di 11 morti e di molte persone colpite da polizia, soldati e vigilantes di destra. […].
Nel seguente testo, offriamo il nostro breve racconto dalle strade del Cile, un’intervista con un anarchico cileno dall’interno del movimento e un invito all’azione da parte di altri partecipanti al movimento.
Sabato 19 ottobre
Sabato le proteste sono iniziate prima di mezzogiorno. In tutta la città e i quartieri si sentiva una costante percussione di pentole e padelle, macchine che suonavano il clacson, tutto al ritmo di canti popolari: “Evadir, no pagar, otra forma de luchar” (“Evadere la tariffa, non pagare, un’altra forma di lotta“) e “El pueblo unido jamás será vencido” (“Il popolo, unito, non sarà mai sconfitto“).
Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza avvenuta venerdì sera, era certo che sabato avrebbe visto più proteste. Durante tutto il giorno, varie forme di ribellione sono scoppiate in tutta la città. Ampi gruppi di persone suonavano musica di protesta e cantavano canti, molte persone costruivano barricate e le incendiavano. La gente ha sfondato le finestre di parecchi importanti edifici governativi e di banche, quindi ha rimosso i mobili per costruire barricate e distrutto i registri bancari. Sia per allegria che per necessità, molti negozi sono stati saccheggiati di articoli e beni. Altri autobus sono stati incendiati quando le persone si sono scontrate con la polizia. L’esercito era disposto con lunghe armi, accrescendo l’atmosfera di ansia e di rivolta.
Il coprifuoco è stato dichiarato sabato sera alle 22.00, a Santiago e in altre città che hanno partecipato alla protesta: Concepción e Valparaíso. Mentre il sole tramontava, alcune persone hanno iniziato a tornare a casa per paura che i militari avrebbero cominciato ad impiegare le loro armi con una forza mortale. Molte altre persone hanno scelto di stare fuori durante la notte, non rispettando il coprifuoco imposto. Gli scontri sono continuati decentralizzandosi, diffondendosi ulteriormente nelle periferie di Santiago, riempiendo l’intera città. Mentre alcune delle violenze di polizia e militari più gravi si sono verificate nelle periferie: Maipú, Pudahuel Sur e San Bernardo, un sobborgo semi-rurale alla periferia della metropoli.
I manifestanti hanno dato fuoco ai caselli posti nella superstrada posta a nord di Santiago.
A Valparaíso, i manifestanti hanno incendiato un edificio dove ha sede un giornale chiamato “Mercurio”, una publicazione di destra. Valparaíso ha subito una pesante repressione militare, con i soldati che correvano per le strade e attaccavano i manifestanti. Alcune ore dopo il coprifuoco, è stato annunciato alla radio che, a Santiago, la presenza militare sarebbe raddoppiata a partire da domenica. In internet un nuovo hashtag ha iniziato a circolare: #chiledespierto (“Cile risvegliato“).
Domenica 20 ottobre
Domenica i notiziari hanno annunciato che 240 persone erano state arrestate sabato sera per la violazione del coprifuoco, più di 600 erano state arrestate in tutto il paese e 62 poliziotti erano stati feriti. Ma il numero totale di arresti e di feriti durante la settimana è molto più elevato. Walmart Chile ha annunciato che “a causa di atti di vandalismo, ha subito saccheggi in più di 60 località nella regione metropolitana e nelle regioni di Valparaíso, Antofagasta, Calama, Concepción, San Antonio e Temuco”. Nel web, sono state anche divulgate riprese di poliziotti intenti ad assumere cocaina prima di attaccare i rivoltosi. […].
Secondo quanto riferito, sei treni sono stati danneggiati, tre dei quali completamente distrutti. Ci vorranno mesi per riportare in servizio la linea più recente della metropolitana (a Santiago). […].
Domenica sera, il presidente cileno Sebastián Piñera ha fatto un discorso televisivo al paese, dal quartier generale dell’esercito a Santiago: “La democrazia non ha solo il diritto, ha l’obbligo di difendersi usando tutti gli strumenti che la democrazia stessa e il principio della legalità forniscono, per combattere coloro che vogliono distruggerla [la democrazia]… Siamo in guerra contro un nemico potente, implacabile, che non rispetta nulla o nessuno e che è disposto a usare la violenza e il crimine senza alcun limite”.
Non solo questa affermazione, ma il contesto dal quale è stata presentata, mostra chiaramente quanto la democrazia cilena sia intrecciata con le forze militare che si trovavano al governo durante la dittatura. Chiunque abbia esperienza della violenza dello Stato sa che le autorità ci accusano sempre di qualunque cosa abbiano intenzione di farci, al fine di legittimare la loro aggressione in anticipo. Da queste affermazioni, è abbastanza chiaro che il presidente Piñera e i mercenari che lo servono stanno tentando di creare un discorso tramite cui possano legittimare l’uccisione di un gran numero di persone per riportare il Cile al loro controllo.
Le persone in tutto il mondo dovrebbero essere ispirate dal coraggio dimostrato dalle persone comuni in Cile e fare del nostro meglio per rendere impossibile ai militari di massacrare le persone nelle strade. Di seguito segue un’intervista con un anarchico partecipante alla rivolta e un invito all’azione da parte di altri. […].
Intervista
Con quale frequenza la legge che prevede lo stato di emergenza o il coprifuoco in Cile viene impiegata? Quando è stata l’ultima volta che lo Stato l’ha utilizzata?
I poteri relativi alle condizioni di emergenza [per lo Stato] che lo Stato cileno [stesso] ha implementato sono stati tramandati dalla dittatura di Pinochet (o Pinoshit, come ci piace chiamarlo qui). La legge sulla sicurezza interna (Ley de Seguridad Interior del Estado, o LSE) esiste dal 1958, prima del colpo di stato militare del 1973, ma nel 1975 la dittatura espanse notevolmente le possibilità da essa previste, soprattutto per quanto riguarda i crimini legati al “disordine pubblico”. con sanzioni e condanne per una varietà di violazioni e crimini durante i periodi in cui il “funzionamento del paese” è alterato. Ad esempio, nel 2002, il governo (guidato dai socialisti!) ha usato l’LSE contro uno sciopero di autisti degli autobus. In generale, [la legge] serve più come deterrente e come minaccia che come uno strumento effettivo per portare a processo qualcuno in particolare.
Poi esiste la legge sullo stato di emergenza attualmente in vigore, che è stata scritto nella costituzione redatta nel 1980, durante la dittatura; si tratta della stessa costituzione che esiste oggi.
In precedenza lo stato di emergenza è stato utilizzato solo durante disastri naturali (come il terremoto del 2010 a Concepción, e durante altri terremoti e inondazioni). Durante quei disastri, abbiamo visto l’esercito per le strade, presumibilmente per “aiutare” le persone ed eliminare le macerie, ma in realtà le forze armate usano queste situazioni come esercitazioni militari, esercitandosi su come conquistare città e difendere la proprietà privata delle compagnie multinazionali. Mentre, come detto, lo stato di emergenza è stato dichiarato anche di recente, questa è la prima volta dalla dittatura (in particolare dal 1987) che è stato impiegato un coprifuoco (toque de queda). È anche la prima volta che lo Stato ha schierato le forze armate appositamente per compiti repressivi. Per le persone in Cile, è scioccante vedere le strade piene di veicoli militari, carri armati e jeep piene di truppe armate. Tuttavia, le generazioni più giovani sembrano averne meno paura di quelle che ricordano la dittatura.
Come si inserisce tutto ciò negli ultimi anni di movimenti sociali e scontri contro l’autorità in Cile? Qualcuno si è accorto che [l’attuale situazione] stesse per arrivare?
Nessuno ha previsto questa situazione, né sapeva che si sarebbe diffusa così lontano. La gente a Santiago percepiva che la tensione stava crescendo, ma non nel senso di una rivolta sociale. Piuttosto, ciò lo si è visto maggiormente nelle aggressioni tra le persone – chi deve fare il pendolare per ore dopo il proprio lavoro o la proprio giornata scolastica, stufo di dover restare schiacciato strettamente in un treno o in un autobus pieni, sopraffatto dall’esaurimento. Quindi questa rabbia e stanchezza si sono manifestate nei conflitti tra gli sfruttati. Ad esempio, incolpando e colpendo altre persone in viaggio su treno o autobus, o con il capro espiatorio degli immigrati e cose simili, creando una quotidiana esperienza di ostilità; ma nessun gruppo politico o organizzazione era preparato per questo tipo di rivolta diffusa.
Dalla scorsa settimana, sono avvenute chiamate all’evasione tariffaria dei mezzi di trasporto pubblici (evasión) e al sabotaggio dei trasporti stessi in risposta all’aumento della tariffa di ulteriori 30 pesos. Non si trattava di niente di nuovo. Ogni volta che si verificano aumenti nelle tariffe, osserviamo questo tipo di inviti all’azione. Ciò che quest volta è differente è che siamo in primavera, mentre gli aumenti tariffari del passato sono stati implementati nel bel mezzo dell’estate, senza ricevere molta risposta.
A partire da lunedì 14 ottobre, gli studenti delle scuole superiori, organizzati e combattivi, hanno iniziato le azioni collettive volte a poter evitare le tariffe dopo aver lasciato la scuola. Queste erano massicce e molto efficaci. Le guardie di sicurezza della metropolitana non erano pronte a questa situazione, quindi i ragazzi sono stati in grado di saltare liberamente i tornelli e anche di tenere le porte aperte per gli altri pendolari. Martedì 15 ottobre, le evasioni collettive sono diventate ancora più grandi e hanno compreso più scuole superiori. Mercoledì 16 ottobre non erano coinvolte solo le scuole con una reputazione militante. Molte scuole nei quartieri più poveri, fuori dal centro città, hanno preso parte, ed è qui che le guardie della sicurezza della metropolitana hanno iniziato a bastonare gli studenti. Questa è stata davvero la scintilla e ha reso i liceali ancora più risoluti nella loro lotta. Hanno organizzato evasioni di massa per evitare le tariffe quel pomeriggio (a Santiago, gli studenti escono da scuola un paio d’ore prima della fine della giornata lavorativa) e sempre più persone si sono unite, anche solo perché la maggior parte delle persone aveva bisogno di tornare a casa e non dispiace a nessuno risparmiare un po’ di soldi per i loro spostamenti. Giovedì 17 ottobre, la risposta delle autorità e dei gestori della metropolitana è stata quella di chiudere alcune stazioni, impedendo alle persone di tornare a casa. Squadroni di polizia hanno anche iniziato ad occupare le stazioni, contribuendo a un conflitto ancora maggiore e, attraverso esso, alla distruzione delle infrastrutture della metropolitana stessa. In alcuni casi, solo grazie alla loro quantità, i rivoltosi sono stati in grado di espellere la polizia dalle stazioni della metropolitana.
Venerdì 18 ottobre sono avvenuti scontri fin dall’inizio della giornata lavorativa. Le stazioni della metropolitana vennero aperte con più guardie di sicurezza e più polizia del solito, ma la gente continuava ad organizzare evasioni di massa e in molti casi sono riuscite ad accedere ai binari. La giornata è andata “come al solito” fino alla fine della giornata scolastica. Una volta chiuse le scuole, l’intera situazione sfugge al controllo di chiunque. Sono accaduti scontri e combattimenti in tutta la città. Le stazioni della metropolitana sono rimaste chiuse. Gli studenti hanno occupato i binari e distrutto le infrastrutture della metropolitana e degli autobus, come i tornelli. Tre intere linee della metropolitana sono state chiuse. La gente ha iniziato a combattere con la polizia e una varietà di zone di conflitto tra persone e polizia sono spuntate in giro per la metropoli.
Lungo le principali arterie stradali gli autobus sono stati incendiati e usati come barricate. Le fermate degli autobus sono state anch’esse bruciate. Ancora più combustibile (metaforicamente e letteralmente) si è infiammato quando le persone hanno iniziato a uscire dal lavoro per il fine settimana. Grazie all’arresto quasi completo della metropolitana e dei viaggi in autobus all’interno della città, le masse di persone si sono trovate fuori a piedi, accrescendo volontariamente e involontariamente i numeri degli scontri in strada. La polizia così ha perso terreno e, al calar della notte, ha iniziato ad attaccare con gas lacrimogeni e cannoni che spruzzano forti getti di acqua. In ritirata, la polizia è tornata nei quartieri delle classi agiate per assicurarsi che la rivolta non minacciass i centri della ricchezza. La gente, tuttavia, non si è ritirata ed andata ancora oltre: saccheggiando e bruciando banche, supermercati, catene di negozi aziendali, farmacie, stazioni della metropolitana, uffici sanitari privatizzati e luoghi governativi.
Da quando sono iniziate le evasiones, tutti sono stati entusiasti di supportarle, dal momento che è una tattica che chiunque può usare. E’ ancora presente, tra la gente, la percezione che questo è stato un momento storico, almeno nella coscienza sociale, e per la maggior parte delle persone la rivolta ha posto il sorriso sul volto (e si tratta di qualcosa che non si vede spesso a Santiago). Sebbene molti non siano d’accordo con alcune delle forme di lotta, il suono dei cacerolazos [l’atto di battere fortemente pentole e padelle] è risuonato in tutta la città fino a notte fonda.
Tutto ciò ha portato il governo cileno a dichiarare, alle 2.00 di sabato mattina, lo stato di eccezione nella provincia di Santiago, una dichiarazione che includeva la mobilitazione delle forze armate e la preparazione in vista del loro spiegamento nelle strade. La notte è proseguita con altri incendi e saccheggi. Il governo ha commesso un errore pensando che l’annuncio delle truppe militari per le strade avrebbe calmato il contesto.
A mezzogiorno di sabato 19 ottobre, sono stati chiamati ancor più cacerolazos, nonché manifestazioni nelle piazze principali di vari quartieri, in segno di protesta per la presenza militare e la repressione che ha portato con sé (piuttosto che solo per l’aumento delle tariffe). I soldati hanno intensificato il loro operato puntando le pistole, cariche di munizioni vere, contro le persone, portando a ulteriori rivolte. Masse di persone sono scese in piazza nelle città in cui non era stato chiamato lo stato di eccezione, ad esempio Valparaíso, Concepción, Coquimbo e Puerto Montt. Ciò ha portato a ulteriori saccheggi e, in risposta, sono stati annunciati più stati di emergenza e coprifuochi, per sarebbero dovuti iniziare alle 22.00 di sabato sera. In gran parte il coprifuoco è stato ignorato e la gente è rimasta nelle strade a tarda notte. Il saccheggio e l’incendio sono continuati.
Almeno tre persone sono state trovate morte tra le ceneri di un supermercato saccheggiato, e ci sono notizie di molti manifestanti feriti dalla polizia. Sono in circolazione tanti filmati sulle violenze della polizia e dei militari. È difficile dire con certezza quanti manifestanti sono stati feriti perché l’informazione è sommersa da comunicati stampa della polizia su quanti poliziotti sono stati feriti, senza nemmeno menzionare i manifestanti che hanno ferito, nascondendo il concreto livello della loro repressione. Tuttavia, il numero di manifestanti feriti è sicuramente tra le centinaia, tra cui persone colpite da mazze, contenitori di gas lacrimogeni sparati contro corpi e teste, persone colpite a distanza ravvicinata da proiettili di gomma, persone investite da veicoli della polizia, e così via.
Tutto ciò accade ancora mentre scrivo e né la polizia né le forze armate sembrano aver ripreso il controllo. Stasera [domenica 20 ottobre] hanno spostato il coprifuoco, facendolo iniziare alle 19.00, e nel frattempo per spaventare la popolazione circolano notizie false sulla carenza di cibo e beni di base.
Credo che dall’inizio di questa rivolta, gli studenti si siano riempiti di uno spirito di liberazione e confronto che, grazie a compagni [anarchici] che in passato hanno combattuto la polizia e distrutto i simboli del capitale, ha generato una non-consapevolezza collettiva per cui, in momenti come questo, le persone sanno come attaccare l’autorità. Ciò è stato dimostrato dal fatto che la maggior parte delle aziende interessate sono state grandi catene multinazionali come Walmart, che ha visto circa 80 negozi saccheggiati e 10 bruciati in tutto il Cile. Lo si vede anche nel diffuso utilizzo del simbolo anarchico sui muri [l'”A” cerchiata], specialmente tra i giovani combattivi.
[Tradotto e partire dall’articolo pubblicato in crimethinc.com e tradotto anche in attaque.noblogs.org].