Monthly Archives: May 2019

(it-fr) Parigi [Francia]: Portare la guerra a casa dei ricchi e dei potenti (06/05/2019)

Parigi, Francia: Portare la guerra a casa dei ricchi e dei potenti

Senza aspettare le masse, senza aspettare gli appuntamenti rituali, senza aspettare alcun movimento o lotta specifica. Quello che ci spinge è la nostra tensione asociale individuale.

Siamo consapevoli di essere solo delle piccole spine nel fianco del potere. Ma abbiamo dalla nostra parte la dignità di quelli/e che non si arrendono, malgrado tutto.

La notte del 6 maggio, una macchina diplomativa è bruciata, in rue du Bois de Boulogne, nel sedicesimo arrondissement [il quartiere dei ricchi per antonomasia; NdT] di Parigi.

In solidarietà con gli/le anarchici/e condannati/e in Italia per il processo Scripta Manent e tutti/e gli/le altri/e, ovunque nel mondo, dalla Russia all’America Latina.

Un occhiolino ai nottambuli con l’accendino.

Viva l’anarchia!

[Tratto da anarhija.info].

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Paris : Porter la guerre chez les riches et les puissants

Sans attendre les masses, sans attendre les rendez-vous rituels, sans attendre aucun mouvement ou lutte spécifique. Ce qui nous pousse est notre tension asociale individuelle.

Nous sommes conscient.e.s que nous sommes seulement des petites épines dans le pied du pouvoir. Mais nous avons de notre côté la dignité de celleux qui ne se rendent pas, malgré tout.

La nuit du 6 mai une voiture diplomatique a brûlé, rue du bois de Boulogne, dans le seizième arrondissement de Paname.

En solidarité avec les anarchistes condamné.e.s en Italie pour le procès Scripta Manent et tou.te.s les autres, partout dans le monde, de la Russie à l’Amérique Latine.
Un clin d’œil aux noctambules à briquet.

Vive l’anarchie !

[Depuis attaque.noblogs.org].

(it-en) Aggiornamenti riguardo l’operazione “Renata”

Aggiornamenti riguardo l’operazione “Renata”

Il 7 maggio, a Trento, si è svolta l’udienza di “appello cautelare” (una specie di appello del Riesame) per i compagni e le compagne arrestati il 19 febbraio [2019]. I compagni in carcere – a parte Stecco, che rimane detenuto per un altro definitivo di pena – sono ora ai domiciliari (con tutte le restrizioni). Sasha, che era già ai domiciliari, ha l’obbligo di dimora a Rovereto e il rientro a casa fra le 21 e le 7. Continua la mobilitazione in vista del processo. E la solidarietà per i compagni ancora in carcere, soprattutto per le compagne a L’Aquila, a cui deve andare tutto il nostro sostegno. Un pensiero particolare anche ai compagni dell’operazione “Scripta manent” colpiti da pesanti condanne, solidarietà e forza!

compagne e compagni del Trentino

[Tratto da romperelerighe.noblogs.org].

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Updates regarding the “Renata” operation

On 7 May, in Trento, a “precautionary appeal” hearing was held (a kind of appeal by the Review) for the comrades arrested on 19 February [2019]. Apart for Stecco, who remains detained for another definitive sentence, the comrades in prison are now under house arrest (with all the restrictions). Sasha, who was already under house arrest, has an obligation to stay in Rovereto and return home between 9.00 pm and 7.00 am. Mobilization in view of the trial continues. And the solidarity for the comrades still in prison, especially for the companions at L’Aquila, to whom all our support must go. A special thought also to the companions of the operation “Scripta manent” hit by heavy sentences, solidarity and strength!

comrades of Trentino

(it-en) Aggiornamento sull’operazione “Renata”: trasferiti/e agli arresti domiciliari cinque compagni/e

Aggiornamento sull’operazione “Renata”: trasferiti/e agli arresti domiciliari cinque compagni/e

Il 9 maggio sono stati trasferiti/e agli arresti domiciliari cinque compagni/e anarchici/e prigionieri/e dal 19 febbraio 2019 a seguito dell’operazione “Renata”. Sono Agnese Trentin (che da poco era stata trasferita nella sezione AS2 carcere de L’Aquila), Giulio Berdusco, Roberto Bottamedi (che erano detenuti a Tolmezzo), Andrea Parolari e Nicola Briganti (che erano detenuti a Ferrara). Resta in carcere, a causa di altre condanne definitive, il compagno Luca Dolce (detto “Stecco”). Mentre un’altra compagna, Sasha, anch’essa arrestata il 19 febbraio e posta fin da subito agli arresti domiciliari, ha avuto quest’ultima “misura cautelare” trasformata in obbligo di dimora e rientro a casa dalle ore 21.00 alle 7.00 del mattino. I/le compagni/e erano inizialmente accusati/e di “associazione sovversiva con la finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico” (art. 270bis c. p., in quattro persone) e di “attentato con finalità di terrorismo” (art. 280, tutti), più altri reati correlati (“interruzione di pubblico servizio”, “danneggiamento”, “sabotaggio di apparecchi telematici”, “incendio” e “trasporto di materiale esplodente”), perché ritenuti/e responsabili di alcune azioni dirette avvenute in Trentino negli ultimi due anni. Successivamente è caduta l’aggravante di terrorismo, quindi l’accusa principale è divenuta di “associazione sovversiva” (art. 270 c. p.).

Ecco l’indirizzo di Stecco:

Luca Dolce
Casa Circondariale di Tolmezzo
via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)

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Update about “Renata” operation: five comrades were transferred to house arrest

On May 9, five anarchist prisoners from February 19, 2019 following “Renata” repressive operation were transferred under house arrest. They are Agnese Trentin (who had recently been transferred to the AS2 prison section of L’Aquila), Giulio Berdusco, Roberto Bottamedi (who were detained in Tolmezzo), Andrea Parolari and Nicola Briganti (who were detained in Ferrara). Comrade Luca Dolce (known as “Stecco”) remains in prison because of other final sentences. While another comrade, Sasha, who was also arrested on 19 February and immediately placed under house arrest, had this last “precautionary measure” transformed into an obligation to stay and return home from 9.00 pm to 7.00 am, with the obligation to stay in the municipality of residence. The comrades were initially accused of “subversive association with the purpose of terrorism and subversion of the democratic order” (art. 270bis c. p., in four persons) and of “terrorist attack” (art. 280 c. p., all), plus other related crimes (“interruption of public service”, “damage”, “sabotage of telematic devices”, “fire” and “transport of explosive material”), because they are considered responsible for some direct actions taken in Trentino in the last two years. Subsequently the aggravating circumstance of terrorism fell, therefore the main accusation became of “subversive association” (art. 270 c. p.).

Here the address of Stecco:

Luca Dolce
Casa Circondariale di Tolmezzo
via Paluzza 77
33028 Tolmezzo (Ud)
Italia [Italy]

(it) Uno scritto di Stecco dal carcere di Tolmezzo

Nota: Il compagno anarchico Stecco è stato arrestato il 19 febbario 2019 nell’ambito dell’operazione repressiva “Renata”, in cui sono stati arrestati sette anarchici (una tra queste posta immediatamente agli arresti domiciliari) accusati degli articoli 270bis (in quattro) e 280 del codice penale (tutti), più altri reati correlati, in riferimento ad alcune azioni dirette avvenute negli ultimi due anni in Trentino. Nel mese di marzo i giudici del riesame hanno ritenuto insussistenti le accuse mosse inizialmente, rimuovendo l’aggravante di “terrorismo”. I compagni e la compagna in carcere sono detenuti in sezioni AS2 nelle carceri di Ferrara, Tolmezzo e L’Aquila.

Uno scritto di Stecco dal carcere di Tolmezzo

Cari compagni e compagne,
è giunta l’ora di dire qualcosa riguardo a quello che è successo in febbraio.
Sono passati poco più di due mesi dal nostro arresto con l’operazione “Renata”, e posso dire di essere sereno e forte, sicuro come non mai che la lotta prosegue nonostante i colpi inferti dallo Stato.

Il mio arresto a Torino, nelle vicinanze di corso Giulio, è avvenuto intorno alle 17,00 in modo tranquillo. Mentre stavo lasciando il compagno con cui mi trovavo, avevo notato il tipico poliziotto in borghese davanti a me alla fermata del tram, pochi secondi dopo mi sono trovato circondato. Posso dire che tutto si è svolto con molta tranquillità, e mi vien da dire con una fastidiosa “gentilezza”, al contrario di come sono stati trattati i miei compagni e compagne in Trentino.
Prima di partire per Trento pensavo ancora che il mio fermo fosse legato a dei definitivi che aspettavo da tempo. Qualcosa di strano lo percepivo: troppa gente con stellette in quei corridoi della caserma di Torino. Solo alla prima visita dell’avvocato ho scoperto che il giorno stesso dell’arresto mi sono state confermate le misure alternative al carcere. Una casualità? Sta di fatto che attorno alle 20,00 mi consegnano alcune carte riguardo ad una perquisizione nei miei confronti e nella casa in cui vivo. Ovviamente ho notato i “nostri” fatidici 270 bis, 280 bis ed una sfilza di altri reati. Sul momento, date e luoghi elencati non erano comprensibili, ma comprensibile era la mia reazione. Mentre leggevo, non mi sono sorpreso di quello che stava accadendo; niente agitazione né batticuore, ma la semplice certezza delle mie idee e convinzioni, certezza di aver sempre lottato per degli ideali di giustizia, di libertà, di uguaglianza tra tutti gli uomini e le donne.
Così, con questa strana tranquillità, ho affrontato il viaggio ai 70 km all’ora fino a Trento con quattro Ros. Arrivati alla caserma di Trento intorno alle 2,00 di notte, ho capito subito la vastità dell’operazione. La caserma era un formicaio di uomini e donne in divisa e non, valigioni, carte e cartacce.
È la terza volta in 8 anni che lo Stato mi accusa di “terrorismo” assieme a tanti miei compagni e compagne, ed un po’ la trafila la conosco, anche se ’sta volta sono anch’io uno di quelli a finire in gattabuia. Quando ci hanno fatto uscire dalla caserma, tutto era preparato per bene: sirene e lampeggianti spiegati per le foto dei miseri giornalisti appostati lungo la strada. Ho capito che la caccia agli anarchici era studiata nei particolari più infami, in modo da far da grancassa a chi sta in alto, i cui discorsi contro la libertà – oggi tristemente appoggiati da gran parte degli sfruttati – vengono rafforzati e propagandati sotto la luce dei riflettori.
Un’altra convinzione che mi ha tenuto, e mi tiene, tranquillo, è che qualsiasi cosa mi fosse successo o mi succeda i miei compagni non solo ci sono, ma hanno la forza di reagire a questo nuovo attacco. Respirare, anche se per poco, l’aria di Torino mi ha dato forza. Quella forza che dai compagni e solidali di quella città si è trasmessa in tanti luoghi. Sentire un clima coeso, determinato, non può che far bene a tutti e tutte, nonostante le difficoltà degli ultimi tempi. La cascata di telegrammi e lettere arrivataci ha confermato quelle mie sensazioni.
Da tanti anni pensavo quello che ha scritto il mio compagno Roberto: “L’ho sempre saputo, lottare per la libertà significa anche poterla perdere”. Parole semplici, chiare e soprattutto veritiere. Ora che in carcere ci sono, vedo e sento cose che a volte mi sono sfuggite (le due mie prime e brevi esperienze di carcere erano un assaggio di quello che vivo ora). Ora tocco con mano tanti miei ragionamenti fatti in questi anni di lotta. Stare qui a Tolmezzo vuol dire percepire come lo Stato e il suo apparato repressivo siano in costante lavoro e aggiornamento sui modi di isolare chi si ostina a lottargli contro. E ancor più dure sono le condizioni in cui si trovano le nostre compagne a L’Aquila, in quell’ibrido fra AS2 e 41 bis.
Vogliono togliere a questo carcere la fama di posto di aguzzini e picchiatori meritata all’epoca dell’ex direttrice Silvia Dalla Barca, anche se quelle mani pesanti sono ancora qui. Solo che ora i detenuti sono per la maggior parte in AS e provenienti dal sud Italia, non stranieri isolati a cui si può fare tutto quello che si vuole senza che nessuno lo sappia. La tattica ora è diversa. Il carcere è tutto spezzettato nelle varie categorie: mafia qui, mafia là, 41 bis, comuni, islamici, anarchici ecc. Tattica che sembra funzionare, se si pensa che tra i pochi “comuni” che ci sono alcuni si sono menati per insulti razzisti e pregiudizi vari, con gran favore per la Direzione. Penso che comprendere l’evoluzione delle carceri, la loro storia, i cambiamenti nel codice penale, il modo in cui vengono condotte le inchieste, non solo contro noi anarchici, sia molto utile per capire cosa dire e fare oggi sia fuori che dentro.

Oggi è il 25 aprile. Alcuni detenuti mi hanno chiesto se festeggiavo ed è stato interessante come in pochi minuti si convenisse che non c’è stata alcuna liberazione. La storia del movimento partigiano è molto complessa. Posso portare rispetto per quella lotta, ma anch’io parteggio. Se penso a quella lotta, penso a compagni come Pedrini, Tommasini, Mariga, Mariani e tanti altri, che il fascismo e lo Stato li hanno combattuti ben prima dell’8 settembre e ben dopo il 25 aprile. Soprattutto non hanno combattuto per fini politici e di potere, non hanno tradito gli scopi che tanti giovani, uomini e donne, si prospettavano con i loro sacrifici. È anche grazie a quei compagni, alle loro esperienze, ai loro racconti che io ora ho le conoscenze per affrontare il carcere con forza e dignità. Per me esiste un filo sotterraneo che mi unisce a quei compagni, non perché io abbia lo stesso coraggio – tante cose che loro hanno vissuto io non le ho provate sulla mia pelle –, ma perché cerco umilmente di portare avanti le stesse lotte e idee. Trovo ipocrita che, come ogni anno, su giornali quali il “Corriere della Sera” venga ricordato un grande fotografo come Robert Doisneau, il quale durante la guerra falsificò documento per il movimento francese della Resistenza, e allo stesso tempo si condanni e criminalizzi chi oggi scappa dai lager finanziati dall’Occidente dove è rinchiuso perché senza documenti e che solo tramite la fuga e la falsificazione dei documenti può cercare di sottrarsi alle autorità e rimanere libero. Questa giornata rispecchia l’ipocrisia della società in cui viviamo, in cui tutto può essere il contrario di tutto.
Questi sono tempi tristi. Le notizie di massacri indiscriminati si susseguono in modo angosciante. I fatti in Libia, Sri Lanka, Nuova Zelanda, Venezuela e tutti quelli tenuti nascosti fanno parte dello stesso lato della medaglia di altri massacri compiuti dai vari eserciti in giro per il mondo.
Tutti questi avvenimenti parlano di morti indiscriminate, sommarie, barbare, compiute non per scopi di emancipazione, ma che mirano a brutalizzare la vita per la sopraffazione e il potere.
In questo contesto di guerre e cambiamenti sociali di varia natura per l’ennesima volta il movimento anarchico nella sua storia viene accusato di “terrorismo”. Questa accusa è una grave offesa, la quale ha come scopo di denigrare le nostre idee e i nostri metodi. Lo Stato, che usa i metodi più sporchi e infami, quando ha paura o necessità va a colpire gli sfruttati più coscienti che lottano. In tanti modi gli anarchici si sono difesi da questi attacchi ribadendo la giustezza delle loro idee e pratiche nel tempo.
Anch’io ora voglio dire la mia. L’isolamento e questa cella non possono riuscire a tenermi zitto. Non mi passerà mai la voglia di portare chiarezza dove c’è la peggior confusione. Per farlo citerò dei fatti e delle parole di alcuni anarchici.
Da tanti anni in Russia, gli anarchici e non solo vengono uccisi, torturati, la propaganda imbavagliata, i familiari arrestati. Nel 2001 il giovane anarco-sindacalista Nikita Kalin viene ucciso con un colpo di pistola alla testa per via della sua attività nella fabbrica dove lavorava. Tanti altri sono stati colpiti da una feroce repressione dello Stato e dei suoi servi fascisti che negli ultimi anni non ha fatto che aumentare. Il 31 ottobre 2018, alle ore 8,52, ad Arkhangelsk, un giovane anarchico, Mikhail Zhlobitsky, muore dilaniato dalla sua bomba all’interno della Direzione regionale del FSB (il servizio segreto russo). Tre agenti vengono feriti e l’edificio viene danneggiato. Questo fatto drammatico ci fa capire che da una parte abbiamo perso un coraggioso compagno e che dall’altra la colpa di quanto successo è dello Stato. Se si mettono all’angolo le idee e la libertà, esse reagiranno con gli uomini e le donne più coraggiosi e determinati. Sono le condizioni sociali che fanno sì che simili episodi avvengano. E questo fatto non è “terrorismo”. Noi ora possiamo piangere il compagno scomparso, ma ancor più capire che la lotta debba andare avanti finché fatti come questi non siano più necessari.

Il 20 settembre 1953 uscì un articolo di Mario Barbari sul giornale anarchico “Umanità nova”, in cui quel compagno così commentava il libro di Giuseppe Mariani a proposito dei fatti del Diana del 1921:
E il tiranno non è forse un leone famelico – sempre in cerca di brame conquistatrici – quando nella sua dispotica brutalità non esclude nessun mezzo ai danni di chi tenta di liberarsi dalla tirannia stessa nel timore che altri siano resi edotti della realtà che li schiaccia? Il tiranno è dunque l’espressione genuina della violenza e chi lo combatte, combatte la violenza”.

Noi anarchici dobbiamo tenere una bussola che ci distingua sempre da chi usa la violenza per i suoi scopi cattivi. Malatesta la chiamava “ginnastica morale”, grazie alla quale il senso della violenza rivoluzionaria sia diverso da quello della violenza utilizzato dallo Stato tramite i suoi mezzi e servi. Uno dei nostri compiti è portare chiarezza in questa società basata sulla violenza, lottare perché finalmente la brutalità venga sostituita con la fratellanza e la solidarietà per tutto il genere umano. Forse oggi quella per rimanere umani è la battaglia più difficile, sottrarsi all’odio che ci circonda lo è ancora di più. Se ci riusciamo i nostri scopi potranno emergere con forza e lucidità.
Con le loro accuse ci vogliono buttare in un paniere il cui contenuto è più che marcio; noi invece dobbiamo rimanere incorrotti davanti alla barbarie.

Continuava Barbani:
Non si tratta quindi più di violenza o non-violenza; di amare od odiare; di comprendere o compatire; ma di lottare strenuamente con tutte le nostre energie di uomini coscienti per estirpare la tirannia ed eliminare il giogo della schiavitù materiale e spirituale; e per questo, incitiamo ciascuno a comprendere se stesso per comprendere nel pari tempo gli altri. Se domani una nuova aurora ci trovasse presenti alla realtà d’una rivolta di oppressi e di relitti umani, non disdegneremo di essere presenti nel fragore delle barricate ed anche allora saremo certi di non commettere alcuna violenza, ma di combattere la violenza!”.

Il libro “Memorie di un anarchico” di Giuseppe Mariani mi ha fatto più volte fare profonde riflessioni che mi hanno aiutato ad avere chiarezza su pratiche e metodi. Finisco questo discorso con le parole di Gigi Damiani presenti nell’introduzione al libro di Mariani:
“… Ma la storia ci insegna che vi sono momenti in cui la violenza diventa una necessità sociale. Solo è necessario, per quanto possibile, che essa non colpisca alla cieca e che non faccia pagare agli umili le colpe dei grandi”.

Penso che in questo momento, grazie purtroppo anche agli attacchi dello Stato contro il nostro movimento, abbiamo l’occasione di tornare con ancora più forza a parlare delle nostre idee, pratiche e sogni. Degli spazi, se pur piccoli, si stanno aprendo e noi dobbiamo criticare i movimenti riformisti e in malafede. Negli ultimi mesi tante persone si pongono diversi quesiti rispetto alla direzione che sta prendendo questa società, soprattutto con cortei di opinione che purtroppo hanno un carattere difensivo, riformista e non condivisibile. Tocca a noi, con chi ci sta, creare rotture e stimolare la realtà in modo tale che questa tenue ripresa di coscienza vada alla radice dei problemi sociali e non si faccia incantare da parole come democrazia-diritti-progresso-civiltà. La chiarezza e le nostre pratiche siano ora fondamentali per riuscire a creare un rapporto di forza necessario a far arretrare lo Stato e i padroni dai loro intenti. Anche qui ci vuole una sana ginnastica.
E se procuratori al di sotto di ogni sospetto come Raimondi e i questori di Torino e di Trento si sorprendono della solidarietà espressa a noi anarchici invitando la cosiddetta società civile a starci lontano, vuol dire che la strada è giusta, e non possono che farmi felice. Le nostre lotte, la nostra propaganda, le nostre pratiche, anche se in piccolo, spaventano in qualche modo chi di dovere.

Ringrazio di tutto cuore tutti i compagni e compagne che in questi mesi si stanno caricando di tante fatiche per portare avanti le lotte e la solidarietà a tutti noi in galera. Ringrazio tutti quelli che tramite assemblee, riviste, approfondimenti portano avanti il dibattito e la crescita delle nostre idee.
La mia sincera vicinanza va ai compagni e compagne indagati e rinchiusi in prigione per i processi “Scripta Manent”, “Panico”, “Scintilla” e tutti i compagni e compagne detenuti nelle galere di ogni dove.
La mia più viva preoccupazione va alla compagna anarchica Anahi Salcedo rinchiusa in Argentina in condizioni fisiche precarie e con mancanza di cure appropriate.
Un saluto fraterno vada a tutti i compagni latitanti che camminano sulle strade del mondo.
Ancora una volta:
Per la Rivoluzione sociale, per l’Anarchia

carcere di Tolmezzo, 25 aprile 2019
Luca Dolce detto Stecco

[Tratto da anarhija.info].

(it-fr) Saluti ardenti da qualche parte

Saluti ardenti da qualche parte

Pubblichiamo una lettera del compagno latitante accusato dell’incendio dell’antenna-radio della polizia a Zurigo, avvenuto l’11 luglio 2016. La lettera è apparsa sul giornale anarchico Feuer der Knästen (Fuoco alle carceri). Il compagno era entrato in clandestinità qualche ora dopo quel sabotaggio incendiario, mentre gli sbirri bussavano già alle porte dei compagni in Svizzera. Al riguardo è stata realizzata una «raccolta di testi a proposito di sabotaggio, repressione e segnali di fumo dalla clandestinità» — Silenzio radio. Attualmente un altro compagno, anch’egli accusato di quell’attacco, si trova in carcere in detenzione preventiva dalla fine di gennaio 2019.

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Maggio 2019

A voi che siete fuori, a te che sei dentro,

La lingua è sempre poco chiara e, in questo caso, non esiste un vocabolario adatto per riuscire ad esprimere quanto mi mancate tutti. Voi che siete fuori, e tu che sei dentro. Quanto le vostre parole di solidarietà e le vostre azioni determinate mi danno coraggio. Fuori come dentro. Quanto il mio acceso odio contro gli schifosi guardiani della legge in uniforme, in borghese o in divisa, sia simile al vostro. Ancora una volta, hanno sequestrato un compagno vicino, questa volta da Zurigo, con la faccia tosta e la protervia di sottrargli la libertà grazie ai loro freddi articoli del codice penale che proteggono il loro potere. Ma tu non sei solo, proprio come me che sono sulla strada poco praticabile della clandestinità. Perché siamo legati dalla forza delle nostre idee e dei nostri desideri.

«Compagni per il suo viaggio cerca il creatore e non cadaveri, e neppure greggi e fedeli. Compagni nella creazione cerca il creatore, che scrivano nuovi valori su tavole nuove»
Così parlò Zarathustra, F. Nietzsche

Voi che siete fuori, tu che sei dentro ed io che sono in mezzo a nessun luogo. Ciascuno di noi è esposto a condizioni diverse, ma la volontà di preservare la nostra dignità ci lega insieme e, a dispetto di tutte le privazioni, continuiamo a tenere gli occhi fissi sull’orizzonte. Non per piombare in una veglia trasognata, né per guardare con aria malinconica attraverso la finestra come autentici «eroi» di un film kitsch di gangster, ma per affinare concretamente le nostre prospettive antiautoritarie e sovversive. Affinché, attraverso il nostro reciproco operare, possiamo avvicinarci al giorno in cui tutti potremo essere liberi, su una terra e sotto un cielo liberi.

In solidarietà per sempre.

Il vostro compagno e co-creatore da qualche parte

[Tratto da finimondo.org].

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Lettre du compagnon en cavale depuis juillet 2016 [affaire de l’incendie d’antenne de police à Zurich]

Ci-dessous une lettre du compagnon depuis la clandestinité qui vient de paraître dans le journal anarchiste « Feuer der Knästen ». Il est inculpé de l’incendie de l’antenne de police municipale à Zurich le 11 juillet 2016. Il a rejoint la clandestinité quelques heures après ce sabotage incendiaire, alors que les flics frappaient déjà aux portes des compagnons en Suisse. On pourra relire la brochure « Silence radio – Recueil de textes à propos de sabotage, de répression et de signaux de fumée depuis la clandestinité, Zurich, 2016 ». Un autre compagnon, inculpé en partie pour cette même attaque, est incarcéré en détention préventive depuis fin janvier 2019.

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Salutations ardentes de quelque part

Mai 2019

A vous qui êtes dehors, à toi qui es à l’intérieur,

La langue est toujours floue et dans ce cas, il n’existe aucun vocabulaire adapté pour parvenir à exprimer à quel point vous me manquer tous. A vous qui êtes dehors, à toi qui es à l’intérieur. A quel point vos mots de solidarité et vos actes déterminés me donnent des ailes. Dehors comme dedans. A quel point ma haine enflammée à l’encontre des sales gardiens de la loi en uniforme, en robe ou en costume, est semblable à la vôtre. Une fois de plus, ils ont kidnappé un compagnon proche, qui cette fois-ci vient de Zurich, en ayant le culot et l’audace de lui retirer sa liberté grâce à leurs articles froids du code pénal qui maintiennent leur pouvoir. Mais tu n’es pas seul, tout comme moi qui suis sur le chemin peu praticable de la clandestinité. Car nous sommes reliés par la force de nos idées et de nos désirs.

« Des compagnons, voilà ce que cherche le créateur et non des cadavres, des troupeaux ou des croyants. Des créateurs comme lui, voilà ce que cherche le créateur, de ceux qui inscrivent des valeurs nouvelles sur des tables nouvelles ».
Ainsi parlait Zarathoustra, F. Nietzsche

A vous qui êtes dehors, à toi qui es dedans et moi qui suis au milieu de nulle part. En effet, nous sommes tous exposés à des conditions différentes mais la volonté de préserver notre dignité nous relie et en dépit de toutes les privations, nous continuons à garder nos yeux rivés sur l’horizon. Non pas pour sombrer dans une rêverie éveillée, ni pour regarder d’un air mélancolique par la fenêtre comme le véritable « héros » d’un film kitsch de gangster, mais pour peaufiner concrètement nos perspectives anti-autoritaires et subversives. Pour que, grâce à notre coopération, nous puissions nous rapprocher du jour où nous pourrons tous nous retrouver en liberté, sur une terre et sous un ciel libres.

En solidarité pour toujours.

Votre compagnon et co-créateur de quelque part.

[Depuis sansattendre.noblogs.org].

(it-es) Cile: “Meravigliosamente violento. Conversazioni, memoria e tensioni. A dieci anni dalla morte di Mauricio Morales”

21 maggio. Meravigliosamente violento.
Conversazioni, memoria e tensioni.
A dieci anni dalla morte di Mauricio Morales.

Martedì 21 maggio 2019, ore 16:00, av. Brasil #658, Santiago Centro [Cile].

Questa iniziativa è gestita con l’intenzione di valutare e sottolineare ciò che sono stati questi 10 anni di memoria e conflitto, vedendo nell’ampiezza della lotta di diverse generazioni di compagni i modi di ricordare i/le nostri/e morti, le esperienze individuali e collettive, le critiche e l’equilibrio nella memoria che stiamo generando tra tutti/e noi, così come i differenti modi di vedere e/o formare una “comunità in lotta” e le sue prospettive.

Durante la giornata ci sarà cibo solidale con i/le compagni/e in prigione e musica per ravvivare, oltre al lancio della rivista “Hermosamente Violento”, ma soprattutto vogliamo che questa giornata sia uno spazio per parlare, valutare e progettare tra tutti/e.

Per un maggio nero!
La nostra memoria è nera, il nostro cuore anche!

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CONVERSA MAURI21 de mayo. Hermosamente Violento.
Conversaciones, memoria y tensiones.
A 10 años de la muerte de Mauricio Morales.

21 de Mayo/16:00hrs. Av. Brasil #658. Santiago Centro.

Esta actividad se gesta con la intención de evaluar y tensionar lo que han sido estos 10 años de memoria y combate, ver en la amplitud de la lucha de varias generaciones de compañerxs las formas de recuerdo a
nuestrxs muertxs, las experiencias individuales y colectivas, las críticas y el balance en la memoria que hemos ido generando entre todxs, como también las distintas formas del como ver y/o formar una “comunidad de lucha” y sus proyecciones.

Durante la jornada habrá comida en solidaridad con lxs compañerxs en prisión, música para amenizar, además del lanzamiento de la revista “Hermosamente Violento”, pero sobre todo buscamos que sea un espacio para conversar, evaluar y proyectar entre todxs.

¡Por un Mayo negro!
¡Nuestra memoria es negra, nuestro corazón también!

[Tomado de 325.nostate.net].

(es) Italia: Condenas contra compañerxs anarquistas por la operación “Scripta Manent”

https://anarhija.info/library/i-u-italija-uvijek-visoko-uzdignute-glave-poziv-na-1.jpgItalia: Condenas contra compañerxs anarquistas por la operación “Scripta Manent”

Tras largos meses de proceso judicial, finalmente el tribunal italiano dicto condena contra distintos compañerxs anarquicxs acusados de pertenencia a la FAI-FRI y por distintos ataques explosivos contra el dominio.

Las sentencias repartidas por los inquisidores de turno fue la siguiente:
Alfredo Cospito: 20 años de prisión;
Anna Beniamino: 17 años de prisión;
Nicola Gai: 9 años de prisión;
Alessandro Mercogliano: 5 años de prisión;
Marco Biseti: 5 años de prisión. Continue reading

(it-en) Iran: L’anarchico Soheil Arabi gravemente picchiato dalle guardie del carcere

Iran: L’anarchico Soheil Arabi gravemente picchiato dalle guardie del carcere

Lunedì 29 maggio 2019: il prigioniero politico anarchico Soheil Arabi, detenuto a Fashafoyeh (il carcere di Teheran), è stato inviato all’ospedale di Firoozabadi dopo essere stato ferito fisicamente da delle percosse ma è stato poi riportato al carcere senza cure mediche.

La ragione per cui l’anarchico prigioniero fu mandato all’ospedale era una ferita nella sua area testicolare, causata dalle guardie di sicurezza che lo picchiavano.

Alla fine del mese di Farvardin (12 marzo – 20 aprile), il compagno Sohail Arabi è stato convocato, interrogato e picchiato duramente per il suo legame con la lettera che scrisse dal carcere di Teheran riguardo le condizioni dei prigionieri nel carcere della “Grande Teheran” Fashafoyeh.

Ieri, malgrado l’invio di Soheil Arabi all’ospedale, e a causa di una mancanza di coordinamento tra il carcere e l’ospedale di Firoozabadi, ha atteso a lungo senza essere curato perché all’ospedale mancava un letto vuoto per sua ammissione. Alla fine è tornato in prigione senza alcun trattamento medico.

Soheil Arabi fu trasferito al capo della sicurezza del carcere a causa del suo legame con una lettera di protesta scritta sulle condizioni dei prigionieri nel carcere di Teheran e fu interrogato con delle percosse. Per aver attirato l’attenzione sui casi di violazioni dei diritti umani e sulla diffusa privazione e tortura dei detenuti nel carcere di Teheran è stato picchiato e gli è stato negato l’accesso al telefono e alle riunioni.

Soheil è stato arrestato a Teheran il 4 novembre 2013 dagli agenti della Guardia Rivoluzionaria Islamica e non è ancora stato rilasciato.

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Iran: Anarchist Prisoner Soheil Arabi Severely Beaten by Prison Guards

Monday, May 29 2019: Anarchist political prisoner Soheil Arabi, detained in Fashafoyeh (the Greater Tehran Prison), was sent to Firoozabadi Hospital after being physically injured from beatings but was returned to the prison without treatment.

The reason for sending this anarchist prisoner to the hospital was because of an injury to his testicular area, which was caused by security guards beating him.

At the end of the month of Farvardin (March 12 – April 20), comrade Sohail Arabi was summoned, interrogated and severely beaten for his connection with the letter he wrote from the Greater Tehran Prison about the condition of the prisoners in Fashafoyeh “Greater Tehran” Prison.

Yesterday, despite Soheil Arabi being sent to the hospital, and due to a lack of coordination between the prison and Firoozabadi Hospital, he waited for a long time without being treated because the hospital lacked a vacant bed for his admission. He eventually returned to the prison without any medical treatment.

Soheil Arabi was transferred to the head of security of the prison due to his connection with a protest letter written about the conditions of prisoners in the Greater Tehran Prison and he was interrogated with beatings. For bringing attention to cases of human rights abuses and the widespread deprivation and torture of prisoners held in Greater Tehran Prison, he was beaten and it was ordered that he was denied access to the telephone and to meetings.

Soheil was arrested in Tehran on November 4, 2013 by Islamic Revolutionary Guard Corps agents and has yet to be released.

[From mpalothia.net].

(it) Fissate le luci, miei cari!

https://roundrobin.info/wp-content/uploads/2019/04/FissateLuciMi-1-362x1024.jpgViviamo in un mondo di schermi. L’adulto medio trascorre la maggior parte delle sue ore di veglia davanti allo schermo di un dispositivo. Siamo abbacinati, siamo letteralmente dipendenti da Facebook, Google, Instagram, Twitter…
Come siamo arrivati a questo punto?
Chi ne trae beneficio? Qual è il loro impatto sugli esseri umani e sulla società nel suo insieme? Cosa succederebbe se l’intera esistenza umana venisse ridotta alla portata di un clic? Ed è davvero questo che vogliamo?
Fissate le luci, miei cari! — documentario indipendente realizzato senza fini di lucro — solleva tali interrogativi nel tentativo di tornare al mondo fisico reale, di formare una visione critica dell’odierna pervasività tecnologica guidata dall’interesse economico di poche compagnie e dalla ragione di ogni Stato. Affrontando temi come la dipendenza, la «privacy», la sorveglianza, la manipolazione delle informazioni, la modificazione del comportamento ed il controllo sociale, ci pone tutti davanti ad una domanda semplice quanto immediata: mentre il mondo è in fiamme, mentre ciò che resta dell’universo sensibile sta scomparendo, distrutto da un algoritmo, noi dove siamo?

***

Sabato 11 maggio dalle 17:00 in poi, ospitato da l’Accerchiata di Milano in piazza Emilio Alfieri, il Cigno Nero organizza la proiezione del documentario, cui seguirà una discussione sull’argomento.

(it) Roma: 6+6+6 anni di occupazione

https://roundrobin.info/wp-content/uploads/2019/05/comple-benci.jpgRoma, 24-25-26 maggio 2019, 18 anni di occupazione del Bencivenga Occupato.

6+6+6 anni di occupazione

Venerdì 24/5/2019
Ore 18:00 – Discussione su dinamiche e conseguenze della violenza di genere dentro e fuori gli spazi occupati.
Ore 21:00 – Cenna abbuffé vegan.
Ore 22:00 – Concerto punk hc con: Dromspell, Neri per il kaos, Bionde elettromagnetiche, Plutonium baby, Urto nudo, Fuoco. A seguire: dj Fantasma.

Sabato 25/5/2019
Ore 19:00 – Asta delle fantasmagoriche tavole di Simone Lucciola.
Ore 20:00 – Pizzata.
Ore 22:00 – Concerto punk hc con: Rake off, Hyle, Nofu, Lou quinse, Burst, Greve, Lvtn, Afasia, Rauchers. A seguire: dj set industrial/tekno.

Domenica 26/5/2019
Ore 18:00 – Gran risacca in giardino, aperitivo musicale presso il bar-atro con: Anonima ciociara – Rocker insane. Presentazione: Raccolta anarcoscettica. Performance: Il giardino violetto musica un film. A seguire: dj set Risva nisko.

No fasci, no sbirri, no sessisti.
Tutto il ricavato delle serate sarà benefit per anarchicx detenutx e indagatx colpitx dalla repressione in Italia e nel mondo. 

Bencivenga Occupato, via Bencivenga 15, Roma. Bus: 90, 60, 211, 84, N4.
https://bencivenga15occupato.noblogs.org

(it-es) Cile: Manifesto in memoria del compagno Mauricio Morales, a dieci anni dalla sua morte in azione

Manifesto in memoria del compagno Mauricio Morales, a dieci anni dalla sua morte in azione:

Mauricio Morales presente

La mattina del 22 maggio 2009 moriva in azione il compagno Mauricio Morales, in seguito alla detonazione anticipata del congegno esplosivo con il quale intendeva attaccare la Scuola della Gendarmeria, una fabbrica di miserabili carcerieri.

Ricordiamo la vita del Punki Mauri, la vita che ha scelto di vivere, le sue idee ed azioni, le decisioni che lo hanno portato a percorrere il sentiero anarchico, con cuore e convinzione. Dalla strada cerchiamo di mantenere viva l’anarchia, in ogni gesto di memoria attiva e conflittuale, senza vittimismo o docilità, rendendo l’atto e la parola un elemento pericoloso per l’ordine sociale dei potenti.

Niente è finito
Tutto continua

Por la expansion del caos…
Prokura ke viva la anarkía

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Propaganda en memoria del compañero Mauricio Morales, a 10 años de su muerte en acción (Chile):

Mauricio Morales presente

La madrugada del 22 de mayo de 2009 muere en axión el compañero Mauricio Morales, tras la detonación anticipada del artefacto explosivo con el que pretendía atacar la Escuela de Gendarmería, fábrica de miserables carceleros.

Recordamos la vida del Punki Mauri, la vida que eligió vivir, sus ideas y acciones, las decisiones que lo llevaron a transitar el camino anárquico, con corazón y convicción. Desde la kalle procuramos que siga viva la anarquía, en cada gesto de memoria activa y confrontacional, sin victimismo ni docilidad, haciendo en el acto y la palabra un elemento peligroso para el orden social de los poderosos.

NADA HA ACABADO
TODO CONTINÚA

Por la expansión del caos…
Prokura ke viva la anarkía

[Tomado de 325.nostate.net].

(it) Cronache di viaggio e atterraggio nel regno dell’Aquila

Cronache di viaggio e atterraggio nel regno dell’Aquila

Sveglia anticipata sabato 6 aprile: trasferimento in 3 dall’AS2 di Roma Rebibbia con destinazione L’Aquila. In pratica la sezione AS2 a Rebibbia è stata chiusa nei giorni successivi al nostro trasferimento, e si può ipotizzare un suo cambio d’uso in AS3, visto il sopraffollamento in cui vivevano le detenute accusate e/o condannate per 416 c.p. (una cosa analoga era avvenuta nel marzo 2017 quando l’intera AS2 femminile – comuniste e anarchiche – di Latina era stata spostata a Rebibbia, convertendola poi in AS3). Quella in cui ci troviamo ora l’AS2 abruzzese, che ha il triste primato di essere ormai l’unica sezione di Alta Sicurezza femminile, classificata AS2, sull’italico suolo. Si tratta di una microsezione di 4 celle singole, chiamata “sezione gialla”, uno spazio configurato e utilizzato in passato come 41bis femminile, e che ora ospita oltre a noi “nuove giunte” (mi si perdonino gli eccessi di terminologia galeotta, ma questo è), anche una prigioniera di religione musulmana classificata AS2: quest’ultima, dopo la liberazione a febbraio delle altre 2 recluse nella sezione, è stata più di 20 giorni in isolamento, per cui si può presumere che il nostro arrivo sia servito a togliere dall’imbarazzo il DAP per questa sua condizione. Sin dall’inizio è risultata evidente una gestione militaresca e demenziale da parte dei GOM (è loro, qui a L’Aquila, la gestione della sezione), che vorrebbero applicare il rigore e il controllo propri del 41bis. D’altra parte la galera aquilana ospita 41bis maschile e femminile (dove è murata viva da anni l’unica prigioniera comunista classificata in questo regime), una REMS, sezioni di AS3, la nostra di AS2 e una sezione di “comuni”, una ventina, che fungono da lavoranti visto che il resto del carcere è blindato. La prima mossa della direzione è stata il tentativo di una barocca applicazione dell’articolo 18 o.p. sulla censura della corrispondenza e della stampa, spiegata da un’ispirata ispettrice GOM e giustificata dal fatto che l’AS2 preveda in automatico la censura (questione che spetta invece non al carcere, ma all’autorità giudiziaria di competenza di ognuna di noi), arrivando anche all’assurdo di un’eventuale valutazione di applicazione di 41bis per qualcuna di noi. Le motivazioni che ci sono state fornite sono sintomo di una (patologica) mania di onnipotenza, di potere, che coinvolge tutta la scala gerarchica, dalla direttrice all’ultima agente.

Dopo una settimana di blocco effettivo della corrispondenza in entrata e uscita, contornato da discussioni con divise di ogni ordine e grado, è emerso che la c.c. de L’Aquila, più realista del re, aveva chiesto ai vari tribunali di competenza suddetta censura di quotidiani “per evitare contatti con la zona di provenienza criminale”, e della corrispondenza vista l’allerta dei “superiori uffici del DAP ad estendere un maggior controllo e monitoraggio sulla corrispondenza della detenuta in oggetto, soprattutto in questo momento storico che vede coinvolta l’Europa tutta in una serie di attentati terroristici”: è insomma censurabile sia la stampa della zona di provenienza (sic) che qualsiasi scritto dell’universo mondo. Dopo richieste di delucidazioni, il capolavoro della logica è stato svelato: era una semplice richiesta prestampata. Peccato che appunto i criteri valutativi della censura siano quelli del 41bis, secondo i quali fra l’altro, è previsto il concreto ritaglio degli articoli del quotidiano, che viene mondato dalle notizie pericolose.

Sono continuate nei giorni successivi a emergere altre usanze tipiche del 41bis, la cui continua contestazione provoca una manciata di rapporti disciplinari, pratica locale molto in voga: ne abbiamo totalizzati 9 nella prima settimana, 6 nella seconda, per futili motivazioni e arbitrarie, se non inventate, interpretazioni. Tali usanze riguardano l’uso maniacale del metal-detector ad ogni ingresso e uscita dalla cella, dal passeggio, dalla socialità, senza dimenticare quelli della doccia – se ne contano dalle 12 alle 16 volte; l’impossibilità di avere CD e lettore e di ascoltare musica (sono utilizzabili solo per misteriosi e non meglio specificati “motivi di studio”); il numero di libri permessi in cella, solo 4, con l’aggiunta del Corano o altro testo religioso e Codice Penale (alla richiesta di sostituire breviari religiosi o penali con qualcosa di più consono… i GOM dimostrano scarso senso dell’umorismo); il numero contingentato di vestiario in cella, oltre che di generi di uso e consumo, quel poco d’altro che si può avere, viene tenuto in un armadietto esterno a cui si accede sotto controllo visivo e conteggio da parte delle guardie tramite apposita tabella; l’impossibilità di portare all’aria carta e penna; l’ordine, il controllo, la conta da parte delle GOM, che contano minuziosamente ogni cosa e aggiornano le loro debite liste di tutti gli oggetti tenuti in cella e nel magazzino, e verificati nelle due perquisizioni settimanali. Il passeggio dell’aria è di pochi metri (8×10), e la cosiddetta “socialità” è una barzelletta di cattivo gusto che dovrebbe assolvere negli stessi orari e nella stessa stanzetta spoglia (una ex sala colloqui) le funzioni di socialità (c’è solo un tavolino con 4 sedie), palestra (c’è solo una cyclette), e luogo di preghiera. Lo spezzettamento della giornata imposto (ore 7 apertura blindo, 7:15 ritiro posta, 7:30 carrello colazione, 8 battitura, 9/11 aria, 11:30 vitto, 12/13 condivisione pranzo, 13/15 socialità, 15 battitura, 15:30/17:30 aria, 17:30 vitto) assieme al controllo visivo pressoché continuo, dato l’obbligo del blindato aperto fino alla chiusura alle 20, tranne un’ora e mezza un cui è consentito accostarlo dopo pranzo, sono tipici di un carcere caserma. Insomma, se la sezione AS2 risulta non avere un regolamento vero e proprio, ha di fatto adottato norme da 41bis con le relative pressioni, ovviamente senza chiamarlo come tale (l’unico regolamento interno della gabbia aquilana risale al 2002, periodo fra l’altro in cui i circuiti di AS non erano ancora stati istituiti), ma modificandone solo alcuni aspetti, come ad esempio poter tenere in cella il fornelletto anche dopo le 20, o poter condividere il pranzo.

Per quel che riguarda la convivenza, dopo qualche giorno “blasfemia”, o meglio ateismo anarchico e religione sono parsi ben poco compatibili per la detenuta musulmana, che ha chiesto il trasferimento per “incompatibilità”, per cui la direzione se la risolve per ora con un divieto d’incontro particolarmente odioso e ridicolo viste le ridotte dimensioni della sezione, che cerchiamo di contrastare vista la condizione di isolamento di fatto. Il tentativo di sperimentazione carceraria applicato dal DAP pare traballare, vista l’ingestibilità ammessa dalle stesse guardie locali.

Ultima nota di colore: non riuscendo ad applicare la censura, almeno a chi non l’aveva già, la direzione ha comunque disposto il trattenimento del temutissimo, a quanto pare, libro “Cucinare in Massima Sicurezza”. Viene da chiedersi cosa mai disporrà la “competente” Autorità Giudiziaria.

Non c’è comunque da stupirsi della brutale stupidità dell’istituzione totale, soprattutto quando questa si manifesta chiara, palese nella sua ottusità.

Quello che però abbiamo avuto modo di tastare con mano è quanto sia sempre utile gridarglielo in faccia.

Dalla sezione AS2 aquilana.

Testo datato 26 aprile 2019 (n. d. r.).

[Tratto da roundrobin.info].

(it) Continuare su altri frangenti

[Riceviamo e diffondiamo questo testo riguardo l’esperienza del foglio anarchico periodico “Frangenti”].

Il passo tra l’agire ed il fare, coatta ripetizione stantìa, può essere quanto mai breve. “Frangenti” è nato da un’ipotesi, una scommessa: trovare un modo di comunicare il pensiero e l’azione che fosse differente, che riuscisse a dilagare oltre al milieu di Movimento ed i suoi siti. Per dare corpo a questa riflessione persone diverse si sono incontrate, confrontate, scoperte per trovare un modo di organizzarsi all’interno di questo ambizioso progetto. A volte ci sono riuscite, a volte meno. Nel corso di questi due anni più volte si è sentita l’esigenza di cambiare, di trasformarsi, scontrandosi però con diversi limiti, di volta in volta: dalla distanza geografica agli impegni personali di ognuno, dal carattere individuale di chi vi partecipava al problema della virtualità, dalla repressione poliziesca alle miserie o le bellezze dell’anarchismo di oggi.
Trovandoci di fronte ad un bivio, è preferibile sospendere i contributi: in seguito alle nuove riflessioni e necessità, si è insinuato tra chi scrive un senso di inadeguatezza nel guardare e proseguire le pubblicazioni all’interno della forma editoriale che ci siamo fin qui dati. Tuttavia, poiché non possiamo né rifiutare l’affinamento e la crescita della riflessione, sull’altare di un progetto originario, cercando di trovare stimolo nell’identica riproposizione di una forma che rischia di diventare automatismo sterile, né possiamo affermare a cuor leggero che l’ipotesi che diede vita a “Frangenti” non sussista più e che questo periodico si sia rivelato qualcosa di superfluo nella nostra azione quotidiana, pensiamo occorra fermarsi e sostare al bivio. E riflettere.
L’avventura che ci ha condotte a questo punto è, come scrissero molti anni fa, un’avventura senza rimpianti. La strada che ci si spalanca davanti, in una società che ha distrutto l’avventura, è nonostante ciò la certezza che l’avventura della distruzione della società può proseguire su altri e diversi percorsi, resi possibili anche dal tragitto fatto insieme.
Che ne sarà di queste relazioni, di questi progetti, di questo giornale nessuno lo può sapere. Come nessuna può sapere il momento in cui le scintille dell’attacco, invece di affievolirsi nel vento della memoria, continueranno a volteggiare incendiando la rabbia della sterpaglia sociale. L’importante è continuare a pensare e discutere, senza arrendersi al dolce suono affabulatorio delle sirene del fare.

(it) Riflessioni sul processo contro alcuni anarchici in Belgio

Insieme ad altri anarchici, sono stato chiamato a comparire davanti ad un tribunale dello Stato belga, accusato principalmente di far parte di quella che, all’inizio della lunga indagine, veniva definita «organizzazione terroristica», ma che alla fine è stata riclassificata come «associazione di malfattori». Non scrivo queste righe per avviare un qualsiasi dialogo indiretto con le istituzioni statali, né per raccontare la mia vita, ma semplicemente per strappare il velo di silenzio che lo Stato potrebbe essere intenzionato a stendere sulle eventuali condanne.

La rivolta contro il potere, la lotta per la libertà, ha sempre accompagnato la storia umana. Per meglio dire, a mio parere sfidare il potere costituito è cruciale per la storia umana sulla terra — e, alla luce dell’attuale società titanica che sprofonda in oceani di sangue, sofferenza, disperazione e tragedie indicibili, alquanto paradossale. C’è una bella tragedia greca che solleva il problema della rivolta, dell’incompatibilità tra Stato e coscienza, tra coercizione e libertà, tra legge ed etica. E’ la storia di Antigone, la figlia di un re, che ha rifiutato di obbedire. Che non accettava di inchinarsi davanti alle leggi di questo mondo, alle leggi fatte dagli uomini, volendo seguire solo le «prescrizioni divine». È ovvio che gli dèi esistono soltanto nella mente umana, così come le leggi divine; la vera essenza di questa tragedia è la rivolta contro il potere costituito. In definitiva, le «prescrizioni divine» in base a cui Antigone intendeva condurre la propria vita sono semplicemente gli echi della sua coscienza e le conseguenze etiche che ne derivano. Rinunciare alla propria coscienza per obbedire al potere equivale a cessare di esistere come individualità. E come potrebbe la coscienza non entrare immediatamente in conflitto con le leggi umane? Tali leggi vengono imposte per mantenere il potere in carica, l’ordine delle cose. I potenti, i giudici, i ricchi (ma anche, purtroppo, un buon numero dei loro sudditi) diranno che le leggi esistono per il benessere di tutti, che sono un’espressione — magari incompleta — della giustizia sociale e che, pur con tutta la loro imperfezione, rimangono necessarie per prevenire la «guerra di tutti contro tutti». Antigone sapeva che tutto ciò era solo una chiacchiera per addormentare gli increduli e legittimare il principio del potere, dell’autorità. Queste leggi, queste espressioni — nel «migliore» dei casi — dei rapporti sociali esistenti, sono costruzioni erette sull’immenso lago di sangue che si riempie giorno dopo giorno. Milioni di vite sono state spente in nome della legge. Milioni di altre sono condannate a un’esistenza di schiavitù in nome della legge. Si è ucciso, massacrato, mutilato, incarcerato, bruciato, bombardato in nome della legge; si uccide, si massacra, si incarcera, si brucia, si bombarda in nome della legge. Se la coscienza individuale non si solleva contro le leggi degli uomini, se la voce della coscienza viene ridotta al silenzio e le braccia e le menti si rassegnano all’obbedienza, se l’etica individuale non si fa roccia nel diluvio umano, non ci resta che rinunciare, guardare sfilare sotto i nostri occhi gli orrori prodotti dal mondo della Legge, dai campi di concentramento ai moduli di isolamento, dalle guerre sporche alle guerre umanitarie, dallo sfruttamento perfido all’abbrutimento abietto dell’essere umano attraverso le protesi tecnologiche, dai campi di deportazione ai massicci annegamenti nel Mediterraneo. Il mito di Antigone è una tragedia, perché la rivolta della sua coscienza contro le leggi promulgate dal re suo padre non si basa sulla coercizione, sull’imposizione di un altro modello, sulla sete di potere: si basa solo sulla sua convinzione individuale, sulla propria etica che è costitutiva del suo essere.

Oggi, alcuni anarchici vengono trascinati davanti al tribunale dello Stato belga perché, in sostanza — sfondiamo subito questa porta aperta — non hanno ovviamente rispettato la Legge. L’anarchico è contro la legge, questo è evidente. Non contro questa o quella legge più o meno ingiusta, ma contro il principio stesso di legge. Egli concepisce di vivere insieme solo partendo dalla coscienza individuale di ciascuno, e non dalla coercizione, dall’imposizione, dall’autorità che lo Stato e il capitalismo incarnano oggi. Ma c’è qualcosa di ancora peggiore negli anarchici. Non solo infrangono le leggi, guidati solo dalle proprie convinzioni e dalla propria etica piuttosto che dal codice penale, no. Si spingono oltre: non violano le leggi perché vorrebbero vivere come i ricchi, per acquisire potere sugli altri, per impadronirsi del potere statale, no, le trasgrediscono perché sono contro ogni legge, ogni imposizione, ogni Stato, sia esso democratico, religioso, socialista, fascista, dittatoriale o repubblicano — e per di più, hanno l’arroganza di pensare di aver ragione a farlo. Questo è il loro crimine, quello che nessuno Stato potrà mai perdonare loro: gli anarchici vogliono la distruzione dello Stato, di qualsiasi Stato e la fine dello sfruttamento. Che importa allora, al di fuori dei labirinti delle procedure giudiziarie, se tali anarchici hanno detto questo o attaccato quello: sono in ogni caso colpevoli. Colpevoli di seguire la voce della propria coscienza piuttosto che della legge, colpevoli di rivoltarsi contro lo Stato e lo stato delle cose; colpevoli di dare suggerimenti agli sfruttati e agli oppressi e di seguire essi stessi la strada della rivoluzione sociale per trasformare radicalmente i rapporti sociali esistenti; colpevoli, se ne hanno l’ardire, il coraggio e l’intelligenza, di cercare di minare il dominio, di attaccare con i mezzi che ritengono adatti ai loro fini, anche da soli o in pochi e quando tutto e tutti vorrebbero scoraggiarli. L’anarchismo, è il pensiero e l’azione che spingono verso la distruzione dello Stato, la distruzione di tutte le istituzioni, la distruzione del capitalismo, delle merci e del lavoro salariato, la distruzione di tutto ciò che permette ad alcuni di sfruttare tutti gli altri.

Nella storia delle ostilità tra anarchici e Stato, non c’è niente di più classico dell’accusa di «associazione di malfattori». È un’espressione giuridica molto malleabile, adatta a tutti i contesti, e il corollario repressivo del principio stesso dello Stato, così ben sintetizzato dai fascisti italiani: «Tutto nello Stato, niente fuori dallo Stato, niente contro lo Stato». Poiché l’unica organizzazione consentita dallo Stato è la sua, è l’organizzazione del suo potere con la sua amministrazione, le sue caserme, i suoi agenti di polizia, i suoi guardiani, i suoi controllori, i suoi dirigenti. Tutto il resto, tutto ciò che è situato potenzialmente al di fuori dello Stato viene o tollerato, in quanto non dannoso (come nel caso di molte associazioni sociali o culturali), o incoraggiato perché integrabile (come nel caso di comitati cittadini, partiti o sindacati), oppure classificato, prima o poi, come «criminale». Migliaia di anarchici sono stati accusati e condannati come «malfattori» negli ultimi 150 anni. In funzione delle esigenze repressive del momento, questa accusa può essere facilmente estesa per includere più persone. Dopo le festicciole che hanno scosso la borghesia parigina alla fine del XIX secolo, bastava essere in possesso di un volantino anarchico per essere condannati come membri di una «associazione di malfattori» e rischiare così di venire imprigionati nel bagno della Guyana. In sostanza, oggi non è cambiato nulla: gli anarchici disturbano, per quanto pochi siano, e vengono quindi trascinati davanti ad un tribunale, in quanto malfattori. Inoltre, non è un segreto: l’anarchico si dedica, in un modo o nell’altro, alla distruzione di questo mondo di oppressione e sfruttamento. Distruggendo i luoghi comuni e i pregiudizi, distruggendo la fede nell’autorità, distruggendo le strutture in cui si materializza il potere, criticando perfino gli uomini, sì, che sono responsabili delle atrocità che stanno alla radice di questo mondo. Ogni anarchico, secondo le sue capacità, le sue attitudini, le sue possibilità. Ma sì, in fondo sono tutti colpevoli di voler distruggere l’autorità. A questo proposito, come qualcuno ha detto alla vigilia della promulgazione in Francia delle leggi scellerate, concepite per frenare la propagazione delle idee anarchiche in un momento in cui la polvere nera della vendetta e della giustizia sociale era percepita ovunque: «Ciononostante l’altra mattina i bottegai di Parigi, nel sistemare le vetrine, con il loro robusto buon senso si son detti: — Non c’è il minimo errore, vogliono scalzare le basi dei nostri monumenti secolari, siamo di fronte a un nuovo complotto. — Suvvia, suvvia, prodi bottegai! vagate nei territori dell’assurdo. Pensate un attimo che la cospirazione di cui parlate non è nuova; se si tratta di radere al suolo gli edifici tarlati della società che odiamo, è da tanto che se ne parla. È il nostro complotto di sempre!». Implorare la clemenza o la pietà dei tribunali sarebbe allora rinnegare il crimine per il quale sono stato chiamato a comparire: il fatto, indiscutibile e debitamente provato dai segugi della polizia e dei servizi segreti, che io sono effettivamente ciò che volevano dimostrare che fossi, un anarchico, un nemico dichiarato dello Stato, un amante della libertà. Per il resto, che volete che dica degli anni di lotta che ho potuto condividere con altri ribelli e anarchici? Dei notevoli mezzi di sorveglianza che sono stati utilizzati per identificare, schedare, braccare e — eventualmente — catturare quegli anarchici che hanno sfidato il potere diffondendo le loro critiche, partecipando a lotte e conflitti sociali, difendendo la necessità della rivolta e dell’azione diretta per opporsi all’ingiustizia, allo sfruttamento, alla reclusione, alla servitù. La polizia si è intrufolata nelle case dei compagni, li ha seguiti nei loro viavai, ha nascosto telecamere e microfoni nelle loro case, ha inviato infiltrati alle loro iniziative, ha analizzato le parole scritte nei loro fogli di agitazione, ha intercettato la loro posta e ascoltato le loro conversazioni telefoniche, si è coordinata coi suoi colleghi al di là delle frontiere, ha lavorato con la Sicurezza di Stato e l’intelligence militare, ma soprattutto, soprattutto, ha assistito, alquanto impotente, immagino, alla continuazione degli sforzi di ribelli anonimi, a una lunga serie di sabotaggi e di attacchi multiformi perpetrati da mani rimaste sconosciute. Azioni dirette che hanno colpito obiettivi che anch’io ritengo nocivi per la libertà, in quanto responsabili dello sfruttamento e dell’oppressione. Forse a un certo punto ne hanno avuto abbastanza e, invece di continuare la caccia degli imprendibili autori dei sabotaggi e degli attacchi che hanno continuato a moltiplicarsi in tutte le direzioni, hanno guardato le montagne di carte, di rapporti, di intercettazioni accumulate… non sapendo cosa trarne in linguaggio giudiziario. Così, la buona vecchia ricetta è arrivata in soccorso dei poliziotti della cellula antianarchica e dei magistrati della Procura federale: anziché cercare di raccogliere prove del loro possibile coinvolgimento in quegli attacchi, limitiamoci ad accusarli di appartenere ad una «organizzazione». Terrorista in un primo momento, per far montare la questione; di malfattori oggi, forse per assicurarsi una condanna più facile. Un’organizzazione senza nome, senza strutture, senza tessere di appartenenza. Ma comunque un’organizzazione, dato che, dicono, esiste una biblioteca anarchica nel centro cittadino di Bruxelles, ci sono pubblicazioni anarchiche, con distribuzione di migliaia di copie nelle strade, ci sono contatti tra anarchici ed altri refrattari, sia fuori che dietro le sbarre, ci sono iniziative, dibattiti, raduni, piccole manifestazioni, che hanno innegabilmente conosciuto la partecipazione degli anarchici. Questo caso, frutto di sei anni di indagini, è talmente debole sul piano giudiziario che può essere considerato solo come un patetico tentativo di attaccare un pugno di anarchici (perseguendoli, al di là dell’appartenenza ad un’associazione criminale e dell’assurda accusa, per un anarchico, nemico dell’autorità, d’essere un capo, detentore di autorità, per reati minori che non richiedono un’argomentazione giuridica troppo solida, come una rissa in strada, un corteo selvaggio, delle scritte) per spaventare gli altri, regolare alcuni conti aperti e fornire un facile strumento giuridico (associazione criminale) allo scopo di reprimere ogni velleità sovversiva. È anche per questo motivo che respingo tutte le accuse nei miei confronti, che rifiuto di dichiararmi innocente o colpevole, e che ho deciso di non partecipare nemmeno a questo processo. Se vogliono condannare un anarchico, poiché, in fin dei conti, tale è il loro mestiere che esercitano con maggiore o minore successo, ma sempre obbedendo ai loro superiori e alla ragione di Stato che è la loro religione, si accomodino: hanno il mio nome scritto migliaia di volte sulle montagne di carte di questo fascicolo.

Ma, a differenza della tragedia di Antigone che, gettata in prigione dal suo stesso padre e re, si suicida piuttosto che inchinarsi e rinunciare, io non posso che rispondere alla mia potenziale condanna con una promessa piena di vita: non mi inchinerò, né oggi né domani, davanti alle leggi degli uomini, e continuerò, in coerenza con la mia coscienza e la mia sensibilità, a percorrere il mio cammino di lotta per l’anarchia.

Laurent

[1/05/2019]

Nota
Ricordiamo che il processo contro gli anarchici si è tenuto a Bruxelles il 29 e il 30 aprile.
Dopo la sua requisitoria, il pubblico ministero Malignini ha fatto le sue richieste:
300 ore di lavoro o una pena sussidiaria di 4 anni (1 persona)
250 ore di lavoro o una pena sussidiaria di 3 anni (2 persone)
200 ore di lavoro o una pena sussidiaria di 30 mesi (4 persone)
150 ore di lavoro o una pena sussidiaria di 18 mesi (1 persona)
100 ore di lavoro o una pena sussidiaria di 12 mesi (1 persona)
12 mesi con la condizionale e una multa di 50 euro (1 persona)
Proscioglimento (2 persone)
Gli accusati hanno rifiutato di accettare una pena di lavoro, quindi il tribunale potrà eventualmente condannare gli imputati solo ad una pena detentiva.
La sentenza è prevista per il 28 maggio 2019
Per maggiori informazioni: lalime.noblogs.org

[Tratto da finimondo.org].

(it-en) Italia: Aggiornamenti dal Veneto

Italia: Aggiornamenti dal Veneto

Resoconto e aggiornamenti sulla compagna e i compagni che lo scorso 29 marzo [2019] sono stati fermati a Rondissone, nei pressi di Torino, e quindi arrestati per “porto di materiale esplodente in luogo pubblico”.

Al momento sono tutti e 4 agli arresti domiciliari con le massime restrizioni, cioè non possono né vedere né parlare con persone esterne ai propri familiari/conviventi.
In totale, si sono fatti 5 notti in carcere (alle Vallette) perché all’interno della macchina su cui viaggiavano sono stati rinvenuti 7 petardi, che nelle carte vengono definiti di “potenza micidiale” e via  dicendo. In sostanza, i compagn* sono ritenuti socialmente pericolosi per questo motivo e ciò giustifica la misura dei domiciliari.
Giovedì 11 aprile c’è stata una perizia balistica sul contenuto dei petardi volta a dimostrare che sono oggetti “illegali”, di categoria f4 e quindi vietati a chi non ha il permesso. Al momento non ci sono notizie sull’esito della perizia.
In questa storia, ci sono state numerose irregolarità dal punto di vista giuridico che l’avvocato ha denunciato. Infatti, sono stati tratti in arresto venerdì notte, lunedì mattina hanno avuto l’udienza di convalida degli arresti nella quale il pm ha chiesto la detenzione in carcere, mentre il gip non ha convalidato l’arresto, ma ha comunque risposto alla richiesta del P. M. con gli arresti domiciliari.
I ragazzi avrebbero dovuto uscire dal carcere lunedì in giornata, invece sono stati trattenuti fino a mercoledì e scarcerati dopo l’interrogatorio di garanzia che si è svolto fuori tempo massimo, ovvero oltre i limiti consentiti dalla stessa legge. Inoltre, l’avvocato per ben due volte non è riuscito ad accedere agli atti e non ha potuto visionare il procedimento fino a mercoledì mattina.
In seguito, son stati scortati tutti e 4 a bordo di un blindato della penitenziaria, che li ha accompagnati uno ad uno nelle loro abitazioni tra Padova e Vicenza.
Un paio di considerazioni a mente fredda.
Questa vicenda ha degli aspetti assurdi e non è stato facile comprendere ciò che stava succedendo, nemmeno i compagn* ne erano consapevoli. In un altro periodo, probabilmente sarebbero stati fermati e poi rilasciati al termine del corteo, oppure arrestati e liberati lunedì con processo per direttissima, come spesso accade in queste situazioni.
L’aria che tira è sicuramente molto pesante e la repressione è la quotidianità per chi lotta, il corteo del 30 a Torino e gli arresti più altri fermi preventivi che ci sono stati ne sono l’esempio.
Mantenere questo clima di tensione è funzionale a spezzare la grandissima solidarietà che si è creata attorno all’Asilo Occupato e ai compagni arrestati in questi ultimi mesi. Non c’è quindi da stupirsi se, in questo contesto, 4 ragazz* presi il giorno prima del corteo, prima ancora di arrivare in città, siano stati arrestati e tutto ciò che comporta.
Al momento è stato presentato ricorso al tribunale del riesame che entro 20 giorni è chiamato ad esprimersi in merito alle misure cautelari.
Per il resto, i compagn* stanno bene e l’esperienza in carcere ha permesso loro di ricevere supporto dalle persone che hanno conosciuto.
Seguiranno altri aggiornamenti e contributi.

Chi lotta non è mai solo!

[Tratto da roundrobin.info].

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Italy: Updates from Veneto

Report and updates on the comrades who were stopped on 29th March in Rondissone, near Turin, and arrested for ‘transport of explosive material in a public place’.

At the moment all four arrested are under house arrest with maximum restrictions, that is to say they can’t see or talk to anyone other than their family or partners.

They spent 5 nights in prison (Le Vallette) because in the car they were in 7 firecrackers were found, which the court papers describe as being of ‘lethal force’ and so on. Basically, the comrades are considered socially dangerous for this reason, hence the measure of house arrest.

On Thursday 11th April there was a ballistic examination of the content of the firecrackers aimed at demonstrating that the latter are ‘illegal’ objects, f4 category, so forbidden to anyone without permission. At the moment there’s no news of the result of the examination.

There are numerous irregularities in this story from a judicial point of view, which the defence lawyer has denounced. In fact, the comrades were arrested on Friday night and on Monday morning at the hearing to validate the arrests the prosecutor asked for their remand in custody whereas the investigating judge didn’t validate the arrests and responded to the prosecutor’s request with house arrest.

The comrades should have got out of jail on Monday, but  were kept inside until Wednesday and only released after the guarantee questioning, which took place after the time limit had expired, that is to say beyond the limit allowed by the law itself. Moreover, on two occasions the defence lawyer had no access to the papers and couldn’t examine the proceedings until Wednesday morning.

Then the 4 comrades were escorted in a prison armoured vehicle, which took them to one of their homes between Padua and Vicenza.

A couple of considerations with a cold mind.

This affair has absurd aspects and it wasn’t easy to understand what was going on, even the comrades didn’t know. In the past they would have been stopped and then released at the end of the demonstration, or they would have been arrested and released on the Monday morning with a summary trial, as often happens in this kind of situation.

The current atmosphere is certainly very heavy and repression is a daily occurrence for those who struggle, as shown by the demonstration on the 30th in Turin and other arrests and preventive arrests.

To keep up this atmosphere of tension it is functional to break down the massive solidarity that formed around Asilo and the comrades recently arrested. So it’s not surprising that in this context 4 comrades stopped the day before the demo, even before they reached the city, were arrested with all the consequences.

An appeal was submitted to the court of review, which is to decide about house arrest in 20 days.

For the rest, the comrades are doing well and the experience in prison allowed them to have the support of people they met there.

More updates and contributions to follow.

Those who struggle are never alone!

[From actforfree.nostate.net].

(it-fr-de) E’ stato pubblicato “Rompere le righe. Contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione sociale” – Quinta pubblicazione degli opuscoli anarchici internazionalisti Hourriya

Rompere le righe. Contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione sociale

«Forse oggi più che mai il mondo ha bisogno del soffio vivificante dell’anarchismo; oggi più che mai appare la necessità di infrangere la regola, la disciplina, la legge», scriveva un compagno alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Oggi, le guerre, l’altra faccia della pace sporca di sangue dei mercati, del progresso e della produzione, continuano a devastare il mondo, e forse ancora oggi c’è bisogno del grido stridente dell’anarchia che si oppone ad ogni potere, che rompe le righe degli Stati totalitari e democratici, che scruta gli orizzonti per fermare il massacro laddove esso si produce.
La guerra, il controllo, la repressione, lo sfruttamento, la militarizzazione degli spiriti, l’odio settario, il maelstrom tecnologico sono tutti aspetti di questo dominio in continua ristrutturazione che quest’opuscolo intende analizzare, avventurandosi allo stesso tempo sui sentieri dell’azione di ieri e di oggi contro la loro guerra… e contro la loro pace.

166 p. – gennaio 2019 – 2 euro

Informazioni e richieste: hourriya_it at riseup.net

Indice:

Da una guerra all’altra
Contro la guerra, contro la pace. Elementi di lotta insurrezionale contro
il militarismo e la repressione
La guerra moderna e i suoi contorni
La militarizzazione nel Cono Sud dal 2003
Diario di bordo. Una progettualità per far fronte
alla guerra (e alla pace)
Rubicone
Senza giri di parole. L’opposizione degli anarchici italiani
alla guerra negli Stati Uniti attraverso
la Cronaca Sovversiva

[Tratto da hourriya.noblogs.org].

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Rompre les rangs. Contre la guerre, contre la paix, pour la révolution sociale

«Jamais peut-être le monde n’a eu plus besoin du souffle vivifiant de l’anarchisme; jamais la nécessité de briser la règle, la discipline, la loi, n’est apparue plus grande qu’aujourd’hui», écrivait un compagnon à la veille de la Deuxième Guerre Mondiale. Aujourd’hui, les guerres, l’autre face de la paix ensanglantée des marchés, du progrès et de la production, continuent à ravager le monde, et peut-être aujourd’hui aussi, ce dont il y a besoin, c’est le cri strident de l’anarchie qui s’oppose à tout pouvoir, qui rompt les rangs des États totalitaires et démocratiques, qui scrute l’horizon pour arrêter le massacre là où il est produit.
La guerre, le contrôle, la répression, l’exploitation, la militarisation des esprits, la haine sectaire, le maelström technologique sont tous des aspects de cette domination en incessante restructuration, que ce cahier se propose d’analyser, en s’aventurant en même temps sur les chemins de l’action d’hier et d’aujourd’hui contre leur guerre… et contre leur paix.

168 pages – octobre 2018 – 2 euros

Sommaire:

D’une guerre à l’autre
Contre la guerre, contre la paix. Éléments de lutte insurrectionnelle contre le militarisme et la répression
La guerre moderne et ses contours
La militarisation dans le Cône Sud
Carnet de route. Une projectualité face à la guerre (et face à la paix)
Rubicon
Sans détours. L’opposition des anarchistes italiens  à la guerre aux États-Unis à travers  la Cronaca Sovversiva

[Depuis hourriya.noblogs.org].

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Die Reihen durchbrechen. Gegen den Krieg, gegen den Frieden, für die soziale Revolution

«Vielleicht hatte die Welt einen lebensspendenden Hauch des Anarchismus niemals nötiger; schien die Notwendigkeit, die Regeln, die Disziplin, das Gesetz zu brechen niemals größer als heute», schrieb ein Gefährte am Vortag des Zweiten Weltkriegs. Heute verwüstet der Krieg, jenes andere Gesicht des vom Blut der Märkte, des Fortschritts und der Produktion triefenden Friedens, weiterhin die Welt. Doch vielleicht gibt es auch heute das Bedürfnis nach einem gellenden Schrei der Anarchie, welche sich jeder Macht entgegenstellt, die Reihen der totalitären und demokratischen Staaten durchbricht und den Horizont erkundet, um das Massaker dort zu stoppen, wo es produziert wird.
Der Krieg, die Kontrolle, die Repression, die Ausbeutung, die Militarisierung des Geistes, der sektiererische Hass, der technologische Mahlstrom. Sie alle sind Aspekte der Herrschaft, die sich ständig restrukturiert und welche in diesem Buch analysiert werden sollen. Dabei wagen wir uns vor auf den Weg der Aktion, von gestern und heute: Gegen ihren Krieg… und gegen ihren Frieden.

Februar 2019, 168 Seiten

Inhalt:

Vom einen Krieg zum anderen
Gegen den Krieg, gegen den Frieden. Elemente für einen aufständischen Kampf gegen den Militarismus und die Repression
Der moderne Krieg und seine Konturen
Die Militarisierung der Südspitze
Fahrtenbuch. Eine Projektualität angesichts des Krieges (und des Friedens)
Rubikon
Ohne Umschweife. Der Widerstand der italienischen
Anarchisten in den Vereinigten Staaten gegen den Krieg mittels der Cronaca Sovversiva

[Genommen von hourriya.noblogs.org].