Sulla sorveglianza speciale, repressione e proposte di collaborazione
Nel gennaio dello scorso anno mi è stata notificata la misura preventiva della sorveglianza speciale con obbligo di dimora della durata di un anno. Da qualche mese avevo spostato la mia residenza da Verona a un piccolo paese della provincia, dove probabilmente degli anarchici ne avevano solo sentito parlare in tivvù. Sarà per questo che i birri incaricati di controllarmi si sono fin da subito dedicati a questo compito con particolare costanza e impegno. Scampanellando nel cuore della notte 4, 5 volte a settimana, anche più volte nella stessa notte, ben sapendo di buttare giù dal letto chi all’alba si svegliava per andare a scuola o al lavoro. Spesso presentandosi alla porta con atteggiamento arrogante e provocatorio, a volte pure cercando di entrare di forza. Irrompendo nel bel mezzo di un pranzo o una cena tra amici chiedendo i documenti a tutti i presenti e, di fronte al loro diniego, identificandoli tramite le targhe delle macchine e facendoli convocare dalle questure delle loro città. Inviando segnalazioni al tribunale sull’atteggiamento aggressivo nei loro riguardi e dichiarando di non avermi trovato a casa in un paio di occasioni in cui ero polleggiato sul divano davanti a un film. Fermandomi a 500 metri da casa per chiedermi i documenti…
Tutte queste cosucce che elenco rientrano più o meno nelle loro prerogative, poi si sa, a loro un po’ di elasticità è sempre concessa. Poco prima che mi affibbiassero la sorveglianza avevo iniziato un corso della regione per operatore socio-sanitario (a pagamento) organizzato da una cooperativa a Verona. Avendo l’obbligo di dimora al paesello, per poter continuare a frequentare ho dovuto attendere un’autorizzazione del giudice di Catania (città da cui è partita la richiesta di sorveglianza speciale). Così anche per ogni tirocinio, spostamento di orario o sede. Tempo medio di risposta 20 giorni, più i giorni di permanenza sulla scrivania dei carabinieri di paese. Con disagi immaginabili. I miei instancabili controllori si presentavano in classe in divisa, interrompendo le lezioni per chiedere il registro presenze, facendo pressioni sugli organizzatori del corso perché fossi espulso informando loro e gli insegnanti dei miei precedenti penali e della mia pericolosità sociale. A questo in realtà aveva già provveduto una corsista che (per inclinazione personale alla sbirritudine o per incarico ricevuto in virtù di questa) tra l’altro mi ha procurato delle denunce apponendo sua manu delle correzioni ai miei orari sul registro ufficiale. Per farla breve: per poter continuare a seguire questo corso senza essere discriminato, ostacolato o addirittura espulso con pretesti assurdi, ho dovuto ricorrere all’intervento di un avvocato.
Ci sarebbero tante altre storielle da raccontare… mi sto dilungando sui particolari per far capire come la sorveglianza speciale sia un’ottima occasione per i nostri nemici per sabotare da dietro le quinte la vita di una persona in ogni suo aspetto e portare all’esaurimento chi non è fortemente determinato e preparato a tutto questo o chi non ha una solida rete di supporto. Ora, come ben sappiamo, i tutori dell’ordine agiscono sempre su diversi piani: quello “pubblico” con fermi, denunce, provvedimenti, arresti e quello “occulto” con pedinamenti, intercettazioni, infiltrazioni, ricatti e/o richieste particolari alla persona direttamente interessata o ai suoi conoscenti. E questo è proprio ciò che è successo nel mio caso. Sul finire della sorveglianza speciale, un’operatrice della struttura dove stavo svolgendo tirocinio (con cui avevo stretto un buon rapporto di amicizia) viene in un primo momento fermata per strada dalla digos e interrogata informalmente sulla sua conoscenza con me. Successivamente viene avvicinata da un’altra digossina che le menziona amicizie in comune e, con fare amichevole e sinceramente preoccupata, la mette in guardia dal sottoscritto: terrorista, bombarolo, criminale, pazzo a tal punto da rappresentare un serio pericolo non solo per lei ma anche per i suoi figli e sua madre. A suo dire sarei capace di metterle microspie in casa (!!!) piazzare bombe nella sua macchina o nella sua abitazione. Ma subito dopo la rassicura (ci siamo noi a proteggerti!) e le offre un lauto compenso in denaro per starmi appresso, farmi parlare ed estrapolarmi tutte le informazioni possibili. La mia collega fortunatamente rifiuta la proposta e qualche giorno dopo mi informa dell’accaduto. Tuttora viene avvicinata per strada e al lavoro da strani personaggi con telefono in mano e domande improbabili e, pur non essendo anarchica, sta subendo conseguenze per non essersi prestata ad uno sporco gioco e per aver mantenuto i rapporti con me. Per pura casualità scopro nome cognome e che faccia ha quella serpe digossina.
Ma non finisce qui… Una settimana dopo, finito il turno in struttura, chiedo ai colleghi se qualcuno può darmi un passaggio verso casa e una di loro, che si faceva chiamare Franca, mi dice “non c’è problema Peppe, ti accompagno io!”. Avevo conosciuto Franca qualche mese prima, era una “jolly” quindi lavorava un po’ in tutti i reparti, e durante i tirocini mi aveva affiancato parecchie volte. Una tipa amichevole e simpatica. Insosopettabile. Una volta partiti in macchina, dal modo confidenziale di un attimo prima passa ad un freddo e impersonale “lei”, chiamandomi per cognome mi indica una donna ferma fuori da un bar poco distante da noi. Chi sarà mai? La guardo bene ed è proprio lei, la serpe digossina! (la stessa persona che ha cercato di spaventare e trasformare in una spia prezzolata la mia collega ha un ruolo anche qui). Poi mi informa di non appartenere alla digos ma a qualcosa più in alto, mi dice di calmarmi, visto che ovviamente mi stavo innervosendo parecchio… Le dico di farmi scendere immediatamente dalla macchina, che con gente come lei non ho nulla di cui parlare. Mi dice che non vogliono niente da me, che hanno già tutto scritto… (cosa? e da chi?) al che le urlo sul muso che sarà una delle loro infami montature, che facciano il loro lavoro di merda ma che non provino mai più ad avvicinarsi né a me né alle persone a me più care… Visto che dal mio atteggiamento non si intravvedeva nessuna possibilità di dialogo, anzi un’aperta ostilità, accosta e mi fa scendere. Nei minuti e nelle ore successive mille emozioni e pensieri dentro di me, uno su tutti… ma perché proprio io? Posso aver commesso molti errori nella mia vita ma non credo di aver mai dato modo di pensare di poter collaborare con chi da sempre è mio nemico… Speriamo che in eventuali casi futuri questi esseri viscidi e striscianti possano ricevere sempre la stessa risposta, un invito più o meno cortese a dirigersi verso la tazza del cesso.
A fine dicembre mi viene revocata la sorveglianza: dopo 10 mesi si sono accorti che per la sua applicazione mancava il presupposto dell’attualità… Ma nonostante ciò i fermi per strada e le provocazioni sbirresche sono all’ordine del giorno. Dimenticavo di dire che qualche mese prima dell’inizio della sorveglianza abbiamo trovato la porta del garage forzata dall’esterno e richiusa male e in un’altra occasione, tornando a casa ad un orario insolito, la macchina aperta con i fari accesi e dei fili penzolanti sotto il volante… Forse lorsignori pensano che controllo, sorveglianza e repressione bastino per farmi paura, per farmi abbassare la testa, per farmi cambiare direzione… ma si sbagliano di grosso!!! Più mi stanno appresso e più mi sale l’odio verso di loro: cani ammaestrati, servi in divisa, in borghese, in toga o in doppiopetto… non mi avrete mai docile e sottomesso!
Niente potrà mai farmi dimenticare chi è il mio nemico: lo Stato-capitale, qualunque esso sia, criminale e terrorista, diretto responsabile della miseria, dell’oppressione e dello sfruttamento, della privazione della libertà di molti, moltissimi, delle missioni di pace a suon di bombe, dei migranti affondati in mare, della devastazione dei territori, della guerra ai poveri in ogni angolo del mondo.
E per questo cercherò sempre, con ogni mezzo possibile, di mettere bastoni tra le tante ruote degli infiniti ingranaggi di questa macchina nefanda. Se questo fa di me un individuo socialmente pericoloso, un sovversivo, ebbene sì, lo sono!E se alcuni dei suoi rappresentanti o servitori si sono occupati di me… significa che negli anni gli ho portato davvero fastidio e di questo non posso che rallegrarmi. Recentemente io e la mia compagna abbiamo fatto visita ai compagni in varie città per raccontare queste storie e per organizzare un’iniziativa qui a Verona per la fine di marzo, contro la sorveglianza speciale e l’accanimento dei servi dello stato e per rendere pubbliche le loro sporche manovre. Ma tante cose sono successe nel frattempo e, anche se la sorveglianza resta purtroppo un problema più che mai attuale, in questo momento la testa e il cuore, le energie nostre e di tutti sono altrove, vicino ai compagni arrestati nelle ultime operazioni repressive… Per questo abbiamo deciso di rimandare l’iniziativa a data da destinarsi.
Sempre per la libertà, per l’anarchia!
Peppe
[Tratto da roundrobin.info].