(it-fr) Italia: Una lettera di Peppe dal carcere di Alessandria (08/02/2020)

Italia: Una lettera di Peppe dal carcere di Alessandria (08/02/2020)

Casa circondariale “San Michele” (Alessandria), 08/02/20

Un forte abbraccio a tutti i compagni che mi sono stati vicino e a quelli che fuori il C. C. d’Alessandria hanno espresso solidarietà rumorosa e in un orario inaspettato e a chi nonostante tutto pur essendo incarcerato ha quel cuore che batte per l’azione diretta contro Stato, chiesa e capitale e i suoi servi in divisa, riuscendo a liberarsi da quelle catene fisiche e mentali che p. m., la direzione del D.A.P e la procura di Torino vorrebbe stritolare intorno a noi.

Lor signori ci provano attimo per attimo ad annientarci, ma vi garantisco che non ci riusciranno mai, perché in quanto anarchici e vivendoci la nostra tensione ognuno a modo nostro distruggendo e sabotando con mezzi e tempi a nostra disposizione questa società opprimente già abbiamo vinto e siamo riusciti a scardinare quel catenaccio che chiude quella catena intorno a noi! Perché in confronto a tutti i compagni che sono fuori e possono esprimere la propria rabbia in mille modi e forme diverse sempre con la stessa finalità di distruggere questo status quo!

Infatti, visto che i tentacoli dello Stato repressivo, che sono putridi, velenosi e letali, che si allungano ogni giorno cercando di stritolarci e avvolgerci nella loro oscurità giù nelle loro profondità. Basta poco per fargli mollare la presa, una sforbiciata, qualche bruciacchiata o attaccare la piovra direttamente al cuore, dove si può fare più male e riuscire in qualche modo a sfuggire alla macchina infame e repressiva! Per noi prigionieri anarchici e rivoluzionari e diversi il tipo di confronto che si ha con le autorità è come vivere in trincea, siamo quotidianamente faccia a faccia col nemico, nonostante abbiamo poca agibilità, nel muoverci riusciamo a mantenere vivo quel pensiero nobile e vivace contro le carceri e la società che le mantiene vive, contro le sue celle, contro chi vorrebbe privarci anche delle nostre scelte. Infatti proprio di questo voglio parlare, di scelte prese da me e nel modo in cui un individuo può e vuole esprimersi.

Il 20/01/2020 quella gioia della p. m. Pedrotta mi avrebbe fatto notificare il foglio di fissazione dell’interrogatorio che si terrà dentro il C. C. d’Alessandria il 07/02/2020.

Io insieme al mio avvocato avevamo scelto di non presenziare e ci saremmo avvalsi della facoltà di non rispondere facendogli arrivare la comunicazione sia dall’esterno che dal carcere.

Sta gran gioia della p. m. ha rifiutato la nostra richiesta e caso mai non avessi presenziato mi sarebbero venuti a prendere coattivamente in cella per trasportarmi sempre dentro la struttura di Alessandria nella camera dei magistrati. Ma cari compagni, se quella grandissima «gioia» della p. m. gode di poca fantasia nel puntare l’interrogatorio alla ricorrenza di un anno fa, quando fece partire l’operazione “Scintilla” che ha colpito nell’ultimo anno i compagni di Torino, io residente nel Veneto ed è riuscita a bussare pure nel blindo di un altro individuo «già sotto inchiesta e in carcere per un’altra operazione»!.

Che cerca di far carriera sulla nostra pelle, la p. m., si è capito bene dalle seguenti motivazioni: 1). perché non ha nessuna intenzione di chiudere le indagini; 2) perché ostinatamente cerca di catturare qualche uccel di bosco oltre le Alpi, usando ogni perfido strumento, per chi è fuori «in libertà», con lo spiarci, denigrarci ed intimidendo cercando di fare terra bruciata attorno a noi e per affilare la sua meschinità, riesce a farci rinchiudere in una sezione in disuso. Senza niente.

Addirittura in qualche sezione protetta, indignato da tutto ciò mi esce un suono solo dalla mia bocca: «l’unica infame è lei, p. m. Pedrotta!» Infatti la riposta da parte mia ad un interrogatorio forzato non si è fatta attendere portando dentro di me lo sgombero di quel cuore di casa che batteva in «barriera di Milano». Le preparo tutta l’accoglienza degna già dal 06/02/2020, creando un giorno di disturbo dentro la struttura, cercando di causare più danni materiali possibili. Facendo lavorare gli zelanti secondini e riuscendo a fargli avere una bella relazione sul tavolo a quella stronza della pm.

Diciamo che una giornata intensa ci fu. Piena di gioia nel ribellarmi, di amore nel frantumare e di rabbia nell’imposizione che dovevo subire. Partendo già dal mattino del 06/02/2020, aspettando l’apertura alle 09:00, mi rifiuto di andare al campo e rimango da solo in sezione per non causare problemi ad altri compagni. Alle 09:10 entro in saletta e mando in frantumi tutte le gelosine. Avendo finito pochi minuti dopo passo a quelli nel corridoio e dopo essermi liberato una volta per tutti da quella tortura opacizzata che non riesci a vedere neanche il cielo a quadretti dietro fottutissime sbarre vengo tradotto in cella dove continuo la mia battitura innalzando slogan contro le carceri e i CPR. Alle 10:00 vengo chiamato dall’ispettore. Accerchiato da quattro secondini, mi chiedono gentilmente ed educatamente il perchè della protesta. Io dichiaro che «se quella stronza voleva farmi partecipare il 7 obbligandomi anche con l’uso della forza, la risposta sarà chiara e diretta». Convinti loro che già era finito tutto, rientro in sezione. Acceco le telecamere del corridoio tappandoli con colla e adesivi e provo a staccare i fili, ma si staccano solo dal muro. Vengo tradotto in cella e continuo rumorosamente fino alle 11:00. All’arrivo degli altri stacco la protesta. Si pranza alle 12:00. Mi preparo un caffè e da solo scendo all’aria alle 13:00 portando con me la caffettiera; scortato da tre guardie mi chiudono al passeggio e dopo poco incomincio con la mia moka a infierire sulle vetrate del passeggio e nelle finestre che costeggiano il muro; dopo urla e rumore dei vetri blindati entrano le tre guardie che sequestrano la caffettiera. Urlo un altro po’ e alle 15:00 risalgo. Da quel momento non ho più avuto la possibilità di continuare anche durante l’ora di socialità perchè ero guardato a vista; ma ingenti danni erano stati creati riuscendo a non arrivare allo scontro con le guardie.

L’indomani, il 7 febbraio, scendo al passeggio con gli altri e alle 10:00 vengo chiamato, provo a rifiutarmi verbalmente ma è inutile, l’ordine è di farmi scendere e quindi vedo prima l’avvocato. Alle 11:00 mi chiama la p. m. e davanti all’avvocato richiedo di non presenziare ancora una volta prima di entrare; una volta dentro esprimiamo il nostro dissenso ma davanti all’avvocato la p. m. insiste di rimanere presenti. Quindi con sei porci giunti dall’esterno e i secondini nell’altra stanza incomincia la sua teatrale parlata, toccando punti diversi e a ogni argomento si rimane in silenzio, ribadendo ogni volta «ha finito, posso risalire in cella». Una volta finita la pagliacciata, faccio uscire l’avvocato nel corridoio e mi soffermo nella stanza dell’ufficio per rompere quel silenzio che c’era stato intonando slogan e lanciando qualche foglio in aria e creare un po di frastuono; un minuto circa e vengo tradotto di corsa in sezione!

Aver stabilito ancora una volta che non ci sarà mai un saluto cordiale con chi indossa una divisa o una chiacchierata piacevole con un giudice, magistrato o p. m. che provano quotidianamente a seppellirci vivi. Ma impavidi continueremo contro la tortura carceraria e ogni azione che noi detenuti riusciamo a portare avanti possa in qualche modo portare uno spiraglio di luce e mandare quella «scintilla» che accenda i cuori dei pensatori libertari, e riuscire a trasmettere da dentro che non si ha nessuna intenzione di cambiare le scelte prese senza fare mai un passo indietro e che ogni gabbia si può frantumare!

Per l’azione diretta, per la libertà, espandiamo anarchia.

Giuseppe Sciacca

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Italie: Une lettre de Peppe (08/02/2020)

Centre de détention « San Michele » (Alessandria), 8 février 2020

Une forte accolade à tous les compagnons qui m’ont soutenu et à ceux qui, à une heure inattendue, ont exprimé leur bruyante solidarité devant la prison d’Alessandria, ainsi qu’a ceux qui, même si enfermés, ont le cœur qui bat pour l’action directe contre l’État, l’Église et le Capital et leurs serviteurs en uniforme, afin d’essayer de se libérer des chaînes physiques et mentales avec lesquelles les Procs’, l’AP et le parquet de Turin voudraient nous enserrer.

Ces messieurs essayent à tout moment de nous annihiler, mais je vous garantis qu’ils n’y arriveront jamais, parce qu’en tant qu’anarchistes, en vivant notre tension chacun à sa manière, en détruisant et en sabotant cette société oppressante avec les moyens à notre disposition et quand nous le voulons, on a déjà gagné et on a ressui a faire sauter le verrou qui ferme cette chaîne autour de nous !!! Parce que, comme tous les compagnons dehors, qui peuvent exprimer leur rage de milles façons différentes, nous luttons toujours dans le même but de détruire ce statu quo !!!
En effet, les tentacules pourris, empoisonnés et mortels de l’État répressif, qui s’allongent de jour en jour, essayent de nous briser et de nous envelopper dans leur obscurité. Il suffit de peu pour les obliger à lâcher prise : une coupure, quelques brûlures ou bien attaquer la pieuvre directement au cœur, là où on peut lui faire le plus de mal possible, en arrivant ainsi à échapper à la sale machine de la répression !!! Pour nous, prisonniers anarchistes et révolutionnaires, ou autres, la confrontation avec l’autorité est comme une guerre dans les tranchées : nous sommes tous les jours face à face avec l’ennemi et même si nous avons peu de possibilités de mouvement, on arrive à garder vivante cette noble idée d’opposition aux prisons et à la société qui les maintient, contre leurs cellules, contre ceux qui voudraient nous priver de nos choix.

C’est justement de cela que je voudrais parler, de mes choix et de la façon par laquelle un individu peut et veut s’exprimer. Le 20 janvier, cet amour de la Proc’ Pedrotta m’a fait notifier la date de l’interrogatoire, le 7 février, dans la prison d’Alessandria. Avec mon avocat, j’ai choisi de ne pas me présenter, car j’aurais utilisé mon droit de ne pas répondre, et on lui donc a communiqué ce choix et depuis l’intérieur et depuis l’extérieur de la prison [c.à.d. que le refus a été communiqué par Peppe et aussi par son avocat ; NdAtt.]. Cet amour de Proc a rejeté notre demande et a décidé que si je ne me présentais pas, les matons seraient venus me prendre par la force, dans ma cellule, pour m’amener dans la salle réservée aux juges, toujours à l’intérieur de la prison d’Alessandria. Mais, mes chers compagnons, cet « amour » de Proc n’a pas beaucoup de fantaisie, parce qu’elle a fixé l’interrogatoire à la date anniversaire de l’opération « Scintilla », qui, il y a un an, a frappé les compagnons de Turin, et moi aussi, qui habite en Veneto, et a même réussi à frapper à la porte blindée d’un autre compagnon, déjà incarcéré et sous enquête pour une autre affaire ! [Peppe parle probablement de Beppe, incarcéré suite à l’opération Prometeo et récemment accusé d’une attaque comprise dans l’affaire Scintilla ; NdAtt.]

Par ces éléments, on a bien compris que la Proc’ essaye de faire sa carrière sur notre peau :
1. elle n’a aucune intention de clôturer l’enquête
2. elle essaye obstinément de capturer, au delà des Alpes, quelqu’un qui s’est mis au vert, en utilisant tout instrument cruel, en espionnant, en dénigrant et intimidant ceux qui sont dehors « en liberté », de façon à faire la terre brûlée autour de nous, et, pour en rajouter à sa mesquinerie, elle nous fait enfermer dans une section de prison inhabitable. Ou même dans une sections pour prisonniers protégés [c’est à dire les balances et les prisonniers accusés de viols, qui ne peuvent pas rester dans les sections avec les autres prisonniers ; NdAtt.]. Mais elle n’obtient rien.

Indigné par tout cela, un seul son sort de ma bouche : « La seule ordure c’est vous, Procureur Pedrotta ! ». En effet, ma réponse à un interrogatoire forcé n’a pas tardé, ayant dans mon cœur le souvenir de l’expulsion de cette magnifique maison qui se trouvait en Barriera di Milano [l’Asilo occupato ; NdAtt.]. Depuis le 6 février, je lui prépare donc l’accueil qu’elle mérite, en créant une journée de désordre dans la prison, en essayant de provoquer le plus de dégâts matériels possible. En faisant travailler les matons zélés et en arrivant à lui faire parvenir une jolie relation, à cette merde de Proc’.

Disons que ça a été une journée intense. Pleine de la joie de me rebeller, de l’amour de casser et de la rage pour l’imposition que j’étais obligé de subir. Pour commencer, le matin du 6 février j’attends l’ouverture des cellules, puis à 9h je refuse de descendre à la promenade et je reste seul dans la section, afin d’éviter de causer des problèmes à d’autre prisonniers. A 9h10 je vais dans la salle de socialité et je casse tous les volets. Quand j’ai fini, je suis passé à ceux du couloir et, après m’être libéré de ces objets de torture opaques, qui t’empêchent de voir le ciel, même à carreaux car derrière ces foutus barreaux, on me déplace dans ma cellule, où je continue à taper sur les barreaux, en criant des slogans contre la prison et les CRA. A 10h, le gradué des matons me fait appeler. Pendant que je suis entouré par quatre matons, on me demande gentiment et poliment la raison de ma protestation. Je déclare que « si cette ordure veut me convoquer, le 7, même en me faisant amener de force, ma réponse sera claire et directe ». Lorsqu’il sont convaincus que tout est fini, je reviens à la section. J’aveugle les caméras du couloir, en leur bouchant les objectifs avec de la colle et des autocollants, et j’essaye de débrancher les fils, mais j’arrive à les détacher seulement du côté du mur. On m’amène dans ma cellule et je continue à faire du bruit jusqu’à 11h. Quand les autres reviennent aux cellules, je suspend ma protestation. On mange à 12h. A 13h, je me préparé un café et je descend tout seul dans la cour de promenade, en portant avec moi ma cafetière ; trois matons m’escortent et m’enferment dans la cour ; peu après je commence à taper à coups de moka [la cafetière italienne ; NdAtt.] sur les fenêtres de la cour de promenade et sur les fenêtres du côté du mur ; après quelques cris et le bruit des vitres blindés, arrivent trois matons qui me prennent la cafetière. Je crie encore un peu et à 15 heures je remonte en cellule. Depuis, je n’ai plus eu la possibilité de faire rien d’autre, parce qu’on me surveillait strictement, mais j’ai quand-même pu faire des gros dégâts, sans arriver à l’affrontement avec les matons.

Le lendemain, 7 février, je vais à la promenade avec les autres et à 10h on m’appelle ; j’essaye de dire que je refuse de me présenter, mais c’est inutile, ils ont l’ordre de m’amener, je vais donc voir d’abord l’avocat. A 11h, je suis convoqué devant la Proc’ et avant de rentrer dans la salle, en présence de mon avocat, je déclare encore une fois que je ne veux pas me présenter ; une fois à l’intérieur nous exprimons notre opposition, mais la Proc’ insiste avec l’avocat pour qu’on reste. Ensuite son discours théâtrale commence, avec comme assistance six porcs venu de l’extérieur, ainsi que des matons restés dans la pièce d’à côté ; elle touche à des arguments différents, mais nous on reste en silence, en répétant à chaque fois « avez-vous fini, puis-je retourner dans ma cellule ? ». Quand son spectacle finit, je laisse sortir l’avocat et je reste dans le bureau pour briser le silence avec des slogans, je fais voler quelque papiers et fais un peu de boucan, cela dure environs une minute, puis on m’amène rapidement à la section !!!

Avoir réaffirmé, encore une fois, qu’il n’y aura jamais un salut cordial à l’encontre de quelqu’un qui porte une uniforme ou une conversation agréable avec un juge, un magistrat ou un Procureur, qui chaque jour essayent de nous enterrer vivants. Au contraire on continuera fièrement, contre cette torture qui est la prison et que chaque action que nous, les détenus, arrivons à mener puisse porter un rayon de lumière et envoyer une « étincelle » [« scintilla », en italien ; NdAtt.] qui puisse allumer les cœurs des penseurs libertaires et faire passer l’idée qu’on a aucune intention de changer nos choix, sans aucun pas en arrière, et que toute cage peut être brisée !!!

Pour l’action directe, pour la liberté, diffusons l’anarchie !

Giuseppe Sciacca